Immaginare il futuro del lavoro e quindi delle nostre società, in un mondo che cambia così rapidamente, non è mai stato facile, soprattutto ora.

Il "World Economic Forum" è una organizzazione internazionale, non-profit, che si occupa della cooperazione fra pubblico e privato. L'ultimo report del 2018, "The future of Jobs", si occupa di capire e quindi rendere pubblici, i dati raccolti in tutto il mondo da ricercatori che hanno coinvolto i top manager e gli specialisti delle risorse umane di 300 aziende globali attive in 12 settori industriali, su come sarà il lavoro nel prossimo futuro e che ruolo avrà la robotica che dopo aver preso piede nell'ambito scientifico entrerà nella vita di tutti i giorni.

Tanto per capirci su quanto tutto ciò sia difficile, basti pensare che secondo questo rapporto il 65% dei bambini che in questo momento frequentano la scuola avrà un lavoro, una professione che ancora non esiste. Il report ha uno sguardo a breve termine, gli anni 2025-30. Nel rapporto si ipotizza che entro il 2025 le macchine effettueranno più della metà delle attuali mansioni eseguite dall'uomo. Si pensa però che a fronte dei 7 milioni di lavori persi nei settori amministrativi si avranno solo 2 milioni di nuova occupazione (tecnologia, matematica e ingegneria). In linea generale le macchine entreranno di prepotenza soprattutto nei settori dell'agricoltura, della pesca, della manifattura e del commercio.

Istruzione e salute, seppur sempre più automatizzate, avranno bisogno della presenza umana.

Insomma in questo report prevale la fiducia che i posti di lavoro creati dalla Robotica e dalla Intelligenza Artificiale saranno ben maggiori di quelli distrutti. Anche se sui numeri le previsioni sono teoriche il rapporto stima che 130 milioni di ruoli di lavoro saranno legati all'information technology entro il 2025.

Attualmente il 29 percento del lavoro complessivo nell'industria è svolto dai robot mentre questo rapporto, sempre in questa previsione, salirà al 51 percento nel prossimo decennio.

In Germania un terzo delle aziende, partendo dall'Internet delle cose (IoT) per continuare con i robot, ha già completato la transizione all'industria 4.0 in molti settori industriali. Infatti già in questi anni nonostante il progressivo aumento del numero dei robot la disoccupazione globale non è aumentata, anzi si è ridota a dimostrazione che high-tech e lavori ad alta specializzazione non si eludono a vicenda.

Penso però che la riflessione maggiore debba essere fatta non solo su quali saranno i lavori del futuro quanto sull'aggiornamento delle competenze. Perché il problema che avremo da risolvere non sarà la carenza di posti di lavoro, ma la carenza di persone qualificate per quei posti di lavoro.

Attualmente le discipline Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) dominano il campo delle conoscenze della industria 4.0, ma è sempre più evidente la necessità che ad esse si associ la conoscenza e la pratica delle scienze sociali.

Il percorso educativo e di crescita della conoscenza dovrà seguire l'evoluzione tecnologica e durerà per tutta la vita lavorativa. Le competenze saranno il valore più importante. La rivoluzione digitale sta cambiando profondamente sia l'organizzazione sanitaria che la cultura medica.

Il "Future Council del World Economic Forum" ne definisce i nuovi confini. Il contesto delle patologie da qui al 2030 vedrà la crescita dei tumori, in particolare di quello della prostata, mentre la coronaropatia sarà le malattia più diffusa nel 2030 in Europa, Medio Oriente, Nord e Sud America e Sud Est Asiatico, l'infarto miocardico nell'area Pacifica. Il diabete aumenterà nel Nord e Sud America.

Con i sensori indossabili sarà possibile fare un autodiagnosi a casa e la robotica, compresa quella endovascolare, cambierà la storia delle malattie. Tutti i parametri misurati confluiranno nella nostra cartella elettronica in automatico. Avremo nuovi mestieri come il chirurgo robotico che opera da remoto o nuovi strumenti come i visori per la realtà aumentata.

Gli ospedali diventeranno centri in cui il momento della diagnosi e della cura coincideranno, merito di scansioni corporee complete, mentre una goccia del nostro sangue basterà per avere una diagnosi quasi automatica.

Nella nostra Sardegna, ahimè, siamo fermi ancora al numero delle ASL. Possiamo ancora agganciare il cambiamento. Abbiamo una scuola di chirurgia robotica. Serve dar forza alla Direzione perché attorno alla scuola si aggreghino competenze che portino la nostra sanità dentro la rivoluzione digitale, con i medici protagonisti.

Antonio Barracca

(Medico e dirigente)
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