Alta tensione tra i pescatori sardi dello strascico. Fermi in porto dallo scorso 15 settembre (e così resteranno fino a metà ottobre) per lo stop temporaneo imposto dal fermo biologico regionale, protestano contro le disposizioni ministeriali sulla pesca del gambero rosso.

Dopo i limiti alla raccolta di questa pregiata specie di crostacei stabiliti dall’Unione europea, il ministero dell’Agricoltura aveva elaborato una specifica strategia nazionale stabilendo la quota-gambero rosso per ogni imbarcazione. Quota raggiunta dalle strascicanti siciliane, non da quelle sarde, oggi costretta a subire lo stop alla pesca imposto da Roma.

“A me – spiega Marco Giordano, armatore cagliaritano e storico pescatore dello strascico – era stata concessa una quota di 13 tonnellate, me ne mancavamo ancora sette a cui devo inspiegabilmente rinunciare”.

L’aver centellinato le cale per coprire l’intero anno di pesca non ha favorito Giordano e molte delle oltre cento imbarcazioni del grande strascico sardo. Tutto questo mentre imbarcazioni siciliane sono state viste operare oltre le dodici miglia dalle coste sarde e nei banchi profondi tradizionalmente occupati dal gambero rosso.

“Così alla fine del fermo biologico, studiato anni fa per tutelare la risorsa, noi sardi ci troveremo i fondali già abbondantemente sfruttati”, avverte Renato Murgia, direttore dell’associazione armatori motopescherecci sardi e dirigente del settore pesca della Confcooperative.

"Il fermo biologico è di fatto una misura inutile”, sbotta Giordano, che mette l’accento anche su un altro grave problema: il caro gasolio.

“Molti Paesi hanno contenuto i rincari, l’Italia no. E noi subiamo costi impossibili, tra l’altro obbligati per il monopolio che vige in Sardegna per la vendita del carburante”.

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