Urla, tensione, operatori del 118 ammassati all’interno. Fuori, nove ambulanze posteggiate nel piazzale. Una lì dalle 9. All’interno, in tutte, i pazienti in attesa di essere presi in carico: inutile farli scendere, resterebbero in sala d’attesa o parcheggiati nei corridoi. Vige il divieto di “sbarellare”. 

Tutto questo alle 16 all’ospedale Santissima Trinità di Cagliari. Dove le situazioni di emergenza, che dovrebbero essere straordinarie, sono ormai diventate quotidiane. E gli animi sono esasperati. Quelli di tutti: di chi sta all’interno del pronto soccorso, di chi porta i pazienti. E, ovvio, di chi ci finisce perché sta male.  

Elide Loddo è in attesa da questa mattina alle 9: «Sono al pronto soccorso con mia figlia Giulia che ha avuto un incidente in auto», spiega, «siamo in attesa che la chiamino da sei lunghe ore: lei si lamenta per i dolori alla testa e alla schiena», denuncia la donna, che si chiede: «Ma è mai possibile questa lunga attesa? Son schifata da questa sanità». 

Per la figlia, come per tanti altri, in ospedale non c’è posto. I vertici delle parti in causa (centrale operativa dell’Areus e primari) ormai si scontrano un giorno sì e l’altro pure. 

Tutti insieme, alle 17,30, nei pronto soccorso degli ospedali di Cagliari c’erano 125 pazienti in attesa. Più quelli che stazionano nei corridoi, al di fuori delle statistiche. Tra tutti, solo 8 sono pazienti in codice bianco. Che in pronto soccorso non dovrebbero nemmeno starci. Ma le alternative sul territorio non ci sono. 

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