Winston Churchill, uno che di politica se ne intendeva, soleva dire che per fare un buon governo occorre mettere insieme almeno un terzo di competenza ed altri due divisi tra esperienza e creatività. Condendo poi il tutto con un pizzico di "carelessness", una sorta di leggerezza. La ricetta, a dare retta alla storia, avrebbe avuto un buon successo, vista la durata e l'autorevolezza dei suoi ministeri.

Qui da noi sembrerebbe che quella ricetta vada rivoltata al contrario, visto che gli esecutivi per come sono composti, a Roma come a Cagliari, parrebbero fare il pieno di inesperienza, immaturità e opacità. Si tratterebbe, come molti sostengono, di un'evidente mancanza di cultura politica, cioè di quell'attitudine a saper ben gestire le mutazioni sociali e le esigenze economiche presenti nel Paese e nella Regione. Mancherebbero infatti all'appello di questi nuovi governanti i principali capisaldi necessari a sostenere quest'attitudine: la capacità di riuscire ad assicurare fiducia e credibilità all'intervento pubblico e, soprattutto, la credibilità necessaria come esecutori capaci di assicurare l'uscita da quella lunga fase di decrescita che va affievolendo ogni attività utile per il risveglio dell'intero Paese.

I segnali di quest'involuzione sono assai avvertibili nelle vicende più recenti. Ed è per questo che desta preoccupazione - per rimanere fra di noi sardi - quel che mostrano le evidenti difficoltà incontrate nel trovare la quadra per completare l'esecutivo, nonostante sia poi nato con troppe evidenti rappezzature.

Una Giunta guidata, parrebbe, da quella stella cometa che è stata identificata, quasi in esclusiva, nella sua sardità, intesa come identità patria, cioè un valore forte da declinare dinamicamente in ogni progetto, da quello istituzional-statutario a quello territorial-ambientale. Tutti all'insegna di quello slogan di chiara ispirazione salviniana, "in primu sos sardos". In questa visione, non è stato facile individuare come l'azione dell'attuale Giunta intenda curare quell'anemia da reddito che affligge da troppo tempo la nostra gente (il reddito pro capite d'un sardo è oggi pari al solo 58-54 per cento di quello d'un lombardo, d'un veneto e di un emiliano).

C'è quindi bisogno, prima d'ogni altra cosa, di un'efficace trasfusione di quel sangue dell'economia che si chiama reddito da lavoro. Utilizzando le opportunità rese disponibili attraverso la mobilitazione e l'avviamento di quelle attività capaci di creare ricchezza, oltre che occupazione.

Ora, se è di certo importante riformare la sanità regionale e ridare efficacia alla continuità aerea, ancor più necessaria ed urgente appare l'esigenza di risvegliare decisamente il mondo della produzione, in arretramento ormai da troppi decenni. I numeri al riguardo sono impietosi, quasi da non crederci. Riguardano tutte le attività della produzione, dall'agricoltura all'industria ed all'artigianato, e soprattutto attengono alla miniaturizzazione dimensionale delle imprese, come esecutrici e produttrici di lavoro e di reddito. Negli ultimi vent'anni anche per questo si sarebbe perso, a valori costanti, un buon 15 per cento del Pil regionale. Una perdita che ha aggravato ancor più lo stato di dipendenza dell'economia isolana, ormai su percentuali sempre più preoccupanti.

Una situazione - occorre esserne convinti - che abbisogna urgentemente di correttivi, da predisporre con decisione e rapidità, per non andare ancor più verso il fondo. Lo si sta segnalando da tempo, e su queste stesse colonne ne hanno scritto, con forte icasticità, anche Mario Sechi e Ciriaco Offeddu. Certo, la classe politica regionale soffre sempre di un forte deficit di cultura e di consenso, mentre impreparazione ed opacità sopravanzano competenze e creatività. Ma occorre fare di necessità virtù, iniziando ad impegnarsi tutti insieme, con determinazione e volontà, perché, secondo l'auspicio di Sebastiano Satta, le luci di una nuova aurora tornino ad illuminare la nostra madre terra. Questo non è solo un augurio poetico: vuol essere innanzitutto un impegno per tutti i sardi di buona volontà.

Paolo Fadda

(Storico e scrittore)
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