«Non esiste un caso Sardegna. L'Isola è un luogo sicuro o pericoloso esattamente come qualsiasi altro luogo. Tutto dipende dai comportamenti e dal rispetto delle regole», dice Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute.

Siamo nei giorni dei rientri dalle vacanze: come si stanno affrontando i rischi?

«Con i test e i controlli. Ovviamente più se ne fanno e meno è probabile che il virus si diffonda. L'unico modo di arginarlo è fare un uso spregiudicato di tamponi. Oggi non mancano i reagenti e i macchinari che processano i campioni, le Regioni si devono organizzare. Certo, ci sono anche gli incoscienti che sfuggono ai controlli, e questo mi fa paura».

Parla di quelli che danno generalità e numeri di telefono falsi nei locali?

«Sì, ho detto che dovrebbe intervenire la Procura, ma più che con un intento punitivo a scopo sanitario. Bisogna rintracciare queste persone tramite le carte di credito e i bancomat, e questo non lo possono fare le Asl».

Focolai nei locali notturni: quali errori sono stati commessi?

«I locali potevano stare aperti con una serie di condizioni, come gli ingressi contingentati, la registrazione delle identità dei clienti, il distanziamento, l'uso delle mascherine. Ma evidentemente qualcuno ha pensato che il virus a lui non gli attaccasse, così non ha seguito le norme. Li definirei sbagli occasionali».

Forse le discoteche non avrebbero dovuto riaprire.

«La riapertura infatti non era nei nostri piani. Le Regioni si sono mosse in maniera diversa e alcune hanno deciso di riaprire, ovviamente con protocolli rigidi. E purtroppo questi, come abbiamo visto tutti nei video e nelle immagini, non sono stati rispettati».

La Sardegna è stata bollata come una terra di contagio.

«Molto ingiusto. La Sardegna è sicura o pericolosa come qualunque altra zona d'Italia. Non c'è assolutamente un problema Sardegna. Il virus può essere ovunque, è logico che dove ci sono grandi flussi e assembramenti i rischi crescono».

C'è stato un clamore mediatico negativo esagerato.

«Se n'è parlato troppo, è vero. E spesso pure male. Ma è così dall'inizio dell'emergenza. Io sono contrario anche a dare ogni giorno il numero dei nuovi casi, dei morti, dei ricoveri. Andrebbe diffuso un bollettino settimanale, con il trend. Servirebbe più rispetto per le vittime, silenzio, e maggiore attenzione per ciò che dicono gli scienziati. Ripeto: nessun caso Sardegna, e pensiamo sempre che dobbiamo tutelare i sardi e le attività economiche dell'Isola».

Il Governo disse no a maggio al presidente Solinas che ipotizzava test per i turisti.

«Quella proposta non fu accolta dal comitato tecnico-scientifico. Adesso comunque si stanno facendo i tamponi, su base volontaria, in partenza e in arrivo dal porto di Civitavecchia. Mi pare un risultato importante».

Ci sono tensioni tra Lazio e Sardegna, e l'assessore D'Amato ha accusato l'Isola di diverse mancanze in fatto di prevenzione e tracciamento.

«Credo che le polemiche non siano utili a nessuno. Lazio e Sardegna facciano la pace, serve dialogo e massima collaborazione».

Pensa che le autorità sanitarie sarde abbiano gestito bene la situazione?

«Penso di sì. Quello che è successo in alcune aree della Sardegna a mio avviso poteva essere previsto ed evitato, ma nel momento in cui ci sono stati i focolai sono stati gestiti adeguatamente, c'è stato un buon contenimento. Alcune cose potevano essere fatte meglio, ma è facile parlare col senno di poi».

Per l'autunno vuole puntare sulla strategia del doppio tampone?

«Sì, al di là degli interventi ad hoc quando ci sono i focolai, può essere utilissima per tutti coloro che si spostano per lavoro, per i ricongiungimenti dei familiari dall'estero, per chi vuole rientrare in Italia per pochi giorni e non può a causa della quarantena obbligatoria. Si può fare un tampone al momento dell'arrivo e un altro dopo cinque giorni (il periodo di incubazione del Covid). Due tamponi negativi liberano dall'isolamento».

Siete preoccupati per l'escalation di nuovi casi di positività?

«Ci sono campanelli d'allarme, ma non siamo preoccupati. Il numero dei contati è relativamente basso, vengono colpiti i giovani, gli anziani sono rimasti protetti. La preoccupazione ci sarà se i casi aumenteranno, se il virus attaccherà le persone più fragili, se ci sarà un afflusso significativo negli ospedali e nelle terapie intensive. Al momento è tutto sotto controllo, dunque, non mi stanco di ripeterlo, rispettiamo le regole».

A Sassari il personale sanitario è stato richiamato dalle ferie.

«Ho sentito. Il numero delle infezioni è cresciuto ed è corretto prendere precauzioni, prepararsi a difendersi da un'eventuale mareggiata, non la chiamo ondata, di nuovi casi».

Impugnerete l'ordinanza di Sgarbi che vieta l'uso delle mascherine a Sutri?

«Vedremo. Io penso che per le mascherine ci voglia buonsenso. Bisogna portarle sempre con sé, quando ci si avvicina alle altre persone bisogna indossarle, se si cammina da soli per strada non è necessario. Sono esterrefatto di fronte a chi prende decisioni che cozzano con l'evidenza».

Sembra che il negazionismo stia prendendo piede.

«Vedo persone che confondono il fatto che il virus stia circolando di meno e non ci siano molti ricoverati con la non esistenza del virus. Oggi abbiamo circa mille infezioni al giorno, ma se questi numeri salgono, tra i nuovi casi ci saranno anche le persone fragili e con altre patologie. È l'ospite che fa la differenza: se lo prendo io, che ho 48 anni e sono sano, lo supero. Come è effettivamente successo. Se becca mia zia, che ha 90 anni, lei rischia di morire».

A che punto siamo con il vaccino?

«C'è una corsa sfrenata, ma è importante non chi arriva prima ma chi arriva meglio. Il vaccino dev'essere efficace, sicuro, e dev'essere prodotto in quantità adeguate, perché è l'intera popolazione mondiale che ne ha bisogno. Realisticamente non lo avremo prima del 2021 inoltrato. Ma nel frattempo stiamo investendo parecchio anche sulle terapie, ad esempio quella degli anticorpi monoclonali, molto promettenti».

Cristina Cossu

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