La difesa legittima è, di gran lunga, la più importante tra le reazioni penalmente giustificate in quanto attuate in situazione di necessità.

Il suo rilievo nell'ordinamento penale è certo legato al suo frequente richiamo nelle aule di giustizia soprattutto in alcuni drammatici processi di sangue.

Contribuisce alla sua "fortuna" mediatica il dibattito che si accende intorno a questa causa di giustificazione tutte le volte in cui è incerta l'esistenza dei presupposti che la legittimano.

Da qui, negli ultimi venti anni, la serie di progetti di modifica di varia provenienza politica, tutti orientati verso l'estensione del suo campo di applicazione. Il fatto è che la discussione sul nuovo progetto di legge nasce e si sviluppa all'interno del recinto della sicurezza, caratterizzato, secondo alcuni sondaggi, da un crescente diffuso timore della criminalità, alimentato dalle politiche delle forze di destra, ma contraddetto dai dati annuali del Censis.

È bene ricordare che anche nel 2017 l'insieme dei reati è diminuito rispetto al 2016 del 10%, le rapine sono calate rispetto al 2008 del 37,6%, gli omicidi in dieci anni sono quasi dimezzati, da 611 sono scesi a 343.

Dovrebbe comunque essere chiaro che cambiare radicalmente le regole della legittima difesa non significa soltanto ampliare l'area della non punibilità con la rinuncia al criterio della proporzionalità. Significa aprire il fronte della autotutela privata che mette in crisi la stessa funzione dello Stato al quale storicamente spetta il monopolio nel campo della giustizia.

Sono di fatto messi in discussione valori fondamentali: la sottrazione dell'uso della forza nei rapporti tra cittadini, il principio che ogni fatto reato deve essere accertato in un giudizio condotto secondo le regole del contraddittorio, il diritto alla vita di ogni persona, anche di chi commette reato.

Diritto alla vita protetto dalla nostra Carta Costituzionale e dalla Convenzione dei diritti dell'uomo, secondo cui - art. 2 - il sacrificio della persona è scriminato solo quando derivi dal ricorso alla forza reso assolutamente necessario per assicurare la difesa dalla violenza illegale. Nessun sistema giuridico può pretendere il martirio della vittima davanti al pericolo per la vita o per l'incolumità personale. La legittima difesa è appunto l'istituto chiamato a risolvere le situazioni di contrasto tra i valori negati dall'azione dell'aggressore e quelli legati alla reazione della vittima. Ed è il criterio della proporzionalità quello che ha sempre permesso di distinguere una difesa davvero legittima dalla vendetta o dalla punizione. È l'indicatore della legalità della reazione, ciò che la giustifica.

Il criterio della proporzionalità deve ritenersi irrinunciabile, anche se è accaduto e accade che sia variamente declinato dalla legge. Il Codice Zanardelli (1889), di impronta liberale, garantiva, alla stregua di un diritto naturale, la libertà dell'individuo di difendersi anche in assenza della forza pubblica e riconosceva le differenze qualitative tra le difese attivate per proteggere beni personali fondamentali e quelle azionate per proteggere beni di minore qualità.

Il Codice Rocco (1930), di impronta fascista, ha esteso la difesa legittima fino a ricomprendere la tutela di ogni diritto, anche di quelli patrimoniali.

Ha però esplicitato il requisito del bilanciamento dei valori in conflitto con l'espressione "sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa".

Nel 2006 si è innestata un'area di non punibilità assoggettata ad una disciplina, voluta da Lega Nord e Forza Italia, che si muove in direzione contraria al bilanciamento dei valori in conflitto. Dall'istituto delle difesa legittima è stata estratta una categoria ritenuta meritevole di un'autotutela rinforzata, la legittima difesa "domiciliare".

È il luogo che ha fatto la differenza quanto alla proporzione tra offesa e difesa nel senso che la proporzione sussiste per definizione, anche quando con l'arma si uccide chi attenta ai beni propri o altrui. Alle sole condizioni che l'offensore non desista e vi sia pericolo d'aggressione.

E il luogo - si badi bene - non è solo l'abitazione, ma anche tutti gli spazi in cui si esercita l'attività commerciale, professionale e imprenditoriale. Il principio è che se tu entri nella mia casa io prima ti sparo e poi controllo se ho fatto bene a farlo.

Nell'ottobre 2018 il Senato ha approvato un'ulteriore modifica della legittima difesa salutata dai rappresentanti della Lega con lo slogan "la difesa è sempre legittima".

Si arricchisce la tipologia delle ipotesi normative. Si enuclea un'ulteriore situazione, peraltro a largo spettro, quella di chi compie l'atto di difesa per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di armi o di altri mezzi di coazione fisica.

Ebbene, mentre nella "generica" difesa domiciliare il rapporto di proporzione è sempre presunto ma in caso di aggressione ai beni soggiace alla presenza delle condizioni di cui sopra, in quella "specifica", oggetto della proposta di modifica, si può a buon diritto parlare di licenza di uccidere perché "la legittima difesa sussiste sempre", senza limiti.

Mauro Mura

(Magistrato)
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