D'estate arrivano anche mille chiamate al giorno, da tutta l'Isola. E il 118 deve correre: in spiaggia, in città, in campagna. Nella gola di Gorroppu o sulle dune di Chia, per un tamponamento sulla Carlo Felice o un incidente sul lavoro nei cantieri. Ma spesso i soccorsi sono rallentati dagli ospedali, dove le ambulanze sono costrette a fermarsi più di un'ora prima di potersi dedicare a un nuovo intervento. Anzi: a Cagliari i tempi si dilatano ancora di più, quasi fino a un'ora e mezza. Un tappo che a volte frena la macchina salvavita, con conseguenze drammatiche.

IL SISTEMA - Questo perché quando le ambulanze arrivano nei Pronto soccorso devono seguire più o meno la stessa trafila conosciuta da tutti i pazienti: l'accoglienza, il triage, l'assegnazione di un codice. Prima che medici e volontari possano dedicarsi a un nuovo intervento però passa molto tempo. Per una semplice questione organizzativa: i pazienti arrivano in ospedale sulle barelle in dotazione alle ambulanze. Oppure indossano i collari delle associazioni di volontariato. Quelli che in gergo si chiamano "presìdi sanitari" e che non possono essere abbandonati nelle strutture. Dunque le ambulanze non possono allontanarsi prima della restituzione, che in tanti casi avviene solo dopo le visite.

L'INTERROGAZIONE - Un corto circuito che le cooperative e le altre associazioni di primo soccorso hanno segnalato alla politica da tempo. Del caso si occuperà il consiglio regionale: "Arrivano segnalazioni di ambulanze bloccate anche per cinque ore e oltre nei Pronto soccorso di Cagliari, dopo aver effettuato il triage, in attesa della restituzione dei presìdi e quindi in assistenza al paziente, nonostante questo si trovi già in ambito ospedaliero", viene spiegato in un'interrogazione del consigliere del Pd Roberto Deriu, firmata anche da Lorenzo Cozzolino, Piero Comandini, Valter Piscedda, Antonio Solinas, Gianmario Tendas e Anna Maria Busia.

"Una volta che il paziente effettua il triage si trova in ambito ospedaliero, e deve quindi essere preso immediatamente in carico dal personale del presidio che dovrebbe assisterlo, se necessario, in attesa della visita medica, comprese le operazioni di radiografia". Invece questo non succede, contribuendo a dilatare i tempi d'intervento. Eppure, "per legge una richiesta dovrebbe ricevere gli adeguati soccorsi entro 8 minuti in ambito urbano, entro 20 minuti in ambito extraurbano", ricordano i firmatari dell'interrogazione.

AREUS IN RITARDO - Del problema si occuperà l'Areus, la nuova azienda regionale per le emergenze - urgenze creata all'inizio del 2017 e ancora senza una guida. Pochi giorni fa proprio Roberto Deriu ha affidato a Facebook un messaggio destinato all'assessore alla Sanità Luigi Arru, in cui sollecitava la nomina del direttore generale: "Attendo che l'assessore e la Giunta regionale risolvano la questione e spero di non dover più tornare sul problema, perché sarò costretto a farlo con atti formali, non necessariamente piacevoli".

Insomma: lo scontro è in corso. Soprattutto all'interno del Pd. I nomi che circolano, per il momento, sono due: quello di Piero Delogu, attuale coordinatore delle due sedi del 118 della Sardegna; poi Giorgio Lenzotti, di cui si è parlato in passato per la guida del Brotzu.

L'OPPOSIZIONE - Anche dall'opposizione arrivano richiami: "È un ritardo inammissibile per la sanità sarda. L'Areus continua ad essere un ectoplasma amministrativo", dice il consigliere regionale di Forza Italia Marco Tedde. La legge che ha riformato la sanità sarda (varata il 26 luglio dell'anno scorso), istituendo la Asl unica e stabilendo un nuovo assetto per l'organizzazione del servizio regionale, obbligava la Giunta regionale a nominare il direttore generale dell'azienda entro il 31 dicembre del 2016. Il provvedimento non è mai arrivato. "Occorre fare chiarezza sui motivi di questo inadempimento della Giunta, che annichilisce il sistema di emergenza urgenza sanitaria che dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale per il sistema sanitario regionale. I misteri che la ostacolano non sono così oscuri. Sono le risse del centrosinistra sulla scelta di chi dovrà ricoprire l'ambita poltrona che impediscono all'unica azienda sanitaria con sede a Nuoro di avere il direttore generale", attacca Tedde.

Michele Ruffi

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