La Sardegna ha l'indice di trasmissione del contagio più basso d'Italia - 0,61 - resta in zona gialla, ma allo stesso tempo è classificata tra le regioni "a rischio più alto", insieme a Calabria e Puglia: l'invito è quello di adottare ulteriori misure restrittive.

Il monitoraggio settimanale dell'Istituto superiore di sanità (periodo 11-24 novembre), l'Isola registra focolai in aumento; allerte sui servizi sanitari territoriali; tasso di occupazione delle terapie intensive al 38%; sei giorni (troppi) di tempo medio tra la data di inizio dei sintomi e quella di diagnosi; una percentuale troppo bassa - il 67,6% sul totale di nuovi casi - di infezioni per cui è stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca di contatti stretti.

"Il rischio alto è a titolo cautelativo", fa sapere l'assessore regionale della Sanità Mario Nieddu, "perché la trasmissione dei dati è leggermente ritardata".

"Abbiamo l'Rt contenuto, ma questo non significa che possiamo abbassare la guardia", sottolinea Luchino Chessa, infettivologo e docente di Medicina interna all'Università di Cagliari. "La nostra è una terra di anziani, significa che c'è un grande numero di persone che si possono ammalare. È fondamentale che tutti rispettino le regole, trovo inconcepibile vedere tanta gente in giro senza mascherina. Bisogna rafforzare i controlli, spiegare ai giovani (e non solo) che devono essere più responsabili. La pressione sugli ospedali è molto elevata, i ricoveri in terapia intensiva e nei reparti di degenza ordinaria continuano a crescere. È vero che la Regione sta lavorando bene sul fronte dell'apertura dei nuovi posti letto, ma dobbiamo sempre fare i conti con una burocrazia che rallenta tutto e un virus che circola molto rapidamente".

In generale in Italia la situazione continua lentamente a migliorare, con l'indice Rt che è sceso a 0.91, anche se in 5 regioni si mantiene sopra 1.

Si confermano segnali positivi ma anche la necessità di "assoluta attenzione", poiché "l'incidenza rimane ancora troppo elevata per permettere una gestione sostenibile, ed è necessario raggiungere livelli di trasmissibilità significativamente inferiori a 1 su tutto il territorio nazionale, consentendo una ulteriore significativa diminuzione nel numero di nuovi casi e, conseguentemente, una riduzione della pressione sui servizi sanitari territoriali e ospedalieri".

(Unioneonline)

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