Degli attuali 945 parlamentari, 345 tremano all'idea che la riforma costituzionale invocata con tanta enfasi dal Movimento 5 Stelle possa realizzarsi. Il principale obiettivo di una formazione ispirata al rinnovamento della classe politica sembra prossimo a realizzarsi, ma ci sono concreti elementi che potrebbero sabotare un provvedimento che in teoria tutti i leader di partito sembrano condividere, ma segretamente nessuno vuole, inclusa la stessa rappresentanza grillina.

Innanzitutto, perché bisogna ridurre il numero dei parlamentari? L'Italia è il paese con il più alto numero di eletti alle Camere in rapporto alla popolazione. La riforma ridimensionerebbe visibilmente questo valore, rendendolo più congruo rispetto agli standard europei. Vi è però un problema: nella storia italiana il tentativo di tagliare la rappresentanza si è sempre risolto in un immancabile fallimento. D'altronde, gli unici a essere certi di ritornare in una delle due Camere sono proprio gli esponenti dei partiti, mentre peones, backbenchers e seconde linee oltre alle spese della campagna elettorale vedrebbero aumentare esponenzialmente il rischio di non essere rieletti.

Dunque, perché approvare una riforma che li condannerebbe all'estinzione? Quali le irrinunciabili ragioni motiverebbero un così eroico sacrificio? In realtà, di ragioni razionali ve ne sono ben poche. Di certo, la principale, nobile motivazione risiede nel risparmio, sebbene non se ne chiariscano i termini.

L'Italia ha infatti un altro record ben più evidente che non il numero dei deputati e senatori: la diaria dei singoli parlamentari e dei rappresentanti a livello locale. Sui benefit dei singoli eletti più che sul numero potrebbero essere fatte le vere indiscutibili economie, perché il taglio dei rappresentanti potrebbe essere compensato surrettiziamente dall'ingrossamento delle fila dei collaboratori, che diverrebbero necessari per integrare il lavoro di preparazione e redazione dei testi legislativi.

Le assemblee elettive con pochi rappresentanti, come il Senato americano, composto da appena cento membri, registrano infatti la presenza di uno sterminato numero di assistenti che, siamo certi, verrebbero immediatamente introdotti anche in Italia. Motivo per cui, quando si ricorre in maniera così veemente a questa proposta, sorge il sospetto che si voglia sviare l'attenzione della politica da problemi più urgenti e complessi, alla luce di un risparmio più teorico che reale. Tanto più che dal dopoguerra a oggi un così consistente taglio della rappresentanza parlamentare non è stato operato in alcun paese al mondo, alla luce della scarsa utilità dell'operazione e della elevata difficoltà nel realizzarla. Inoltre, siamo certi che, di fronte ai gravi problemi di natura economica e finanziaria che l'Italia e l'Europa dovranno affrontare a breve, questa riforma non avrebbe effetti così miracolistici rispetto ad altre misure di carattere strutturale che potrebbero concretamente ridurre la spesa pubblica.

Dunque, in questo delicato frangente della lotta politica italiana, il taglio dei parlamentari appare più uno stratagemma dilatorio che un'irrinunciabile riforma, fra l'altro qualora fosse mai approvata comporterebbe la necessità di modificare integralmente anche la legge elettorale (auspicabilmente proporzionale pura con soglia di sbarramento), altro immancabile provvedimento che viene invocato con la scusa di conferire una maggiore fedeltà alla volontà popolare, quando in realtà il vero obiettivo è lucrare qualche piccolo vantaggio rispetto all'opposizione. Pertanto, in un momento in cui le uniche certezze sono una profonda crisi di governabilità e un'elevata inaffidabilità di tutti i contendenti, le uniche riforme che di certo non si realizzeranno sono quelle che comportano una riduzione del numero dei rappresentanti, in quanto nessuno affiderà il proprio destino ad altri partiti, né tanto meno agli esponenti del proprio schieramento, secondo il vecchio ma collaudato adagio: «Dai nemici mi guardi Dio, che dagli amici mi guardo io».

Marco Pignotti

(Docente di Storia Politica, Università di Cagliari)
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