Per quattro anni e mezzo ha combattuto con tutte le sue forze contro un male terribile, che alla fine l'ha portata via.

La piccola Giulia, dieci anni, poco prima di morire ha lasciato alla mamma, Eleonora Galia, il suo "testamento": "Mamma, vorrei che prendessi tutti i miei giocattoli e li regalassi ai bambini bisognosi. Io voglio fare del bene al prossimo".

La straziante storia della bambina cagliaritana ha commosso migliaia di persone che adesso partecipano a una raccolta di beni da distribuire ai bambini bisognosi. Col corpicino martoriato da aghi e tubi e devastato dalla chemio, Giulia ha continuato senza sosta a pregare e lo ha fatto per quattro anni e tre mesi, invocando quella Madonnina che teneva sempre vicino a lei.

Chiedeva di guarire, di scacciare quel nemico contro cui non aveva armi.

E oggi le ultime volontà di questa bimba di soli dieci anni e dal cuore immenso hanno dato vita a qualcosa di meraviglioso, perché mamma Eleonora Galia ha deciso di creare - insieme ad alcune amiche - un gruppo reale e virtuale chiamato "Il sogno di Giulia".

Si ritrovano il mercoledì e il venerdì in via Giardini 159 a Cagliari, in uno stanzino messo a disposizione dalla comunità Papa Giovanni XXIII, e distribuiscono a chiunque ne abbia bisogno giocattoli, abbigliamento, seggiolini, passeggini, corredi e tanto altro: frutto della generosità di tutta la Sardegna.

Le donazioni sono incessanti e alimentano questa macchina della beneficenza che in poco più di due mesi è cresciuta a dismisura, al punto che quel locale di dieci metri quadri circa non basta più. Gli scaffali sono strapieni, e pure l'andito, dove fanno bella mostra le ultime cose arrivate: una bicicletta rosa e una busta di pupazzi. Il telefono di Eleonora squilla di continuo, ha chiamato anche un avvocato.

Fare del bene allontana la sofferenza?

"Giulia aveva due sogni: diventare veterinaria e aiutare le persone bisognose. Il primo non lo ha potuto realizzare perché la malattia se l'è portata via prima. Il secondo lo sta realizzarlo attraverso me, grazie alle volontarie che mi aiutano e alla generosità dei benefattori che ci fanno offerte da tutta l'Isola".

Come si affronta la perdita di un figlio?

"Esistono tanti modi per superare il dolore, ma per quello di una madre che perde un figlio purtroppo non ci sono cure né antidoti. Si cerca di farsi forza e andare avanti, soprattutto quando hai un altro figlio che ha già subìto la perdita della sorellina. E poi si prega. Si prega tanto".

Serve?

"La fede aiuta, è indispensabile. È l'unica strada a disposizione per riuscire ad accettare qualcosa di così innaturale. Perché un figlio che perde un genitore diventa orfano, una moglie lasciata sola dal marito diventa vedova, ma non esiste un termine per descrivere il lutto di una madre a cui muore un figlio".

Non è arrabbiata con Dio?

"No, tutt'altro. Lo ringrazio ogni giorno per averla fatta nascere e per avermela lasciata in prestito per dieci anni".

Nessun colpevole?

"Cercare un capro espiatorio non credo abbia senso, perché Giulia nessuno me la ridarà nessuno. L'unico rammarico è che forse alcuni medici non l'hanno seguita come avrebbero dovuto".

Si sarebbe potuta salvare?

"Può darsi, ma non lo posso sapere perché non sono un medico. Di certo io e mio marito abbiamo fatto tutto il possibile, anche dare il consenso per due terapie sperimentali autoimmuni. Non abbiamo lasciato nulla di intentato".

Ci si abitua al dolore?

"In un certo senso ci si anestetizza".

In che senso?

"Forse è difficile da comprendere, ma è come se i quattro anni e tre mesi di malattia in un certo senso mi abbiano preparato alla sua morte".

Una sorta di rassegnazione?

"Più un'accettazione della volontà di Dio. Anche se ovviamente sino all'ultimo ho sperato in un miracolo".

Ricorda il giorno in cui le hanno comunicato la diagnosi?

"Come fosse ieri. Il 6 febbraio del 2014, ci dissero che l'encefalogramma era disastroso, il 12 che aveva un tumore di sei centimetri. La parola più terribile, quella inaccettabile a qualsiasi età. Figurarsi per una bambina. Per tua figlia di sei anni".

Primo pensiero?

"Non c'è il tempo per pensare, è come se ci si schiantasse contro un muro a duecento chilometri orari. Da quel momento puoi solo sperare".

Perché raccontare il dolore e renderlo pubblico?

"Non certo per spettacolarizzazione un dramma, come forse potrebbe pensare qualcuno. Lo scopo della mia pagina Facebook è sensibilizzare la gente. Vorrei far capire che bisogna vivere i nostri figli attimo per attimo e che fare del bene al prossimo è fondamentale. È questo il grande insegnamento che mi ha lasciato la mia piccola".

L'ha messo in pratica nel migliore dei modi, considerando la quantità di donazioni.

"Sono stupita anche io. Mi contattano da Sassari, Oristano e da ogni angolo della Sardegna. Ognuno dà quello che può, a volte anche piccolezze, ma le garantisco che ho visto mamme e bambini andare via con le lacrime agli occhi per la felicità".

Il 7 gennaio Giulia avrebbe compiuto undici anni. Cosa le avrebbe regalato?

"Un festa bellissima, magari con Tiziano Ferro. È il mio unico rimpianto, le piaceva tantissimo, conosceva a memoria tante sue canzoni, sarebbe stata felicissima di conoscerlo di persona".

Sara Marci

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