"L'Unione Sarda" si avvia a celebrare domenica l'anniversario dei 130 anni, a conclusione di un anno di numerose iniziative editoriali che hanno ricordato il ruolo e il peso del nostro giornale nell'Isola e tra i sardi.

Ogni mercoledì sono state riproposte le prime pagine del quotidiano, a partire dalle edizioni di fine Ottocento sino agli ultimi decenni.

Attraverso quelle pagine i sardi potevano informarsi su tutti gli eventi più importanti locali, nazionali e internazionali, rompendo l'insularità e l'isolamento che hanno accompagnato la nostra storia.

Sino all'invenzione del telegrafo le notizie impiegavano giorni per arrivare a Cagliari e la conoscenza era limitata a una cerchia ristretta della popolazione. Poi, grazie ai primi veri quotidiani sardi, la penisola e il mondo sono apparsi più vicini e ci siamo sentiti partecipi di una storia globale.

"L'Unione Sarda" cominciò le sue pubblicazioni nell'ottobre del 1889, scalzando nel giro di un paio di anni "L'Avvenire di Sardegna" che già teneva la piazza cittadina dal 1871.

Nel 1891 uscirà a Sassari "La Nuova Sardegna" che, da allora, si confronterà con "L'Unione" nel compito di informare i sardi spartendosi i lettori secondo una tradizionale divisione geografica, culturale e politica. I due quotidiani sardi si inseriscono con orgoglio nell'elenco delle testate più longeve d'Italia, oltre una ventina che ancora fanno parte del patrimonio editoriale nazionale, nate nella seconda metà dell'Ottocento nelle città più importanti.

Ed esattamente "La Nazione", uscita a Firenze nel 1859, il palermitano "Giornale di Sicilia" (1860), il "Corriere Adriatico" di Ancona (1860), l'"Arena" di Verona (1866), il "Corriere della Sera" (1876), il "Messaggero" (1878), "La Stampa" (1895) originata dalla "Gazzetta Piemontese" (1867).

E poi i giornali di Bologna, Bergamo, Trieste, Piacenza, Genova, Bari per arrivare ai due quotidiani sardi.

Questi giornali locali in comune hanno, oltre la longevità, il fatto di essere radicati nel territorio diventando nel tempo simbolo e istituzione di ciascuna città.

Per questo esistono ancora nonostante la concorrenza dei grandi gruppi editoriali che dalla metà degli anni Novanta con le edizioni regionali hanno colpito duramente le testate storiche.

C'è un altro fattore comune che li lega e che risale alle loro origini. Questi giornali furono fondati nella seconda metà dell'Ottocento per due motivi essenziali: uno politico e l'altro economico, perché rispecchiavano le posizioni delle classi dominanti dell'epoca che volevano avere una voce forte e far conoscere le loro idee.

Così a Cagliari "L'Unione" fu fondata alla vigilia delle elezioni comunali del 1889 da un gruppo di liberali che faceva capo al deputato Francesco Cocco Ortu vicino alla sinistra del partito che voleva battere gli avversari della destra guidati da Francesco Salaris e soprattutto opporsi al nascente astro della politica cagliaritana, quell'Ottone Bacaredda che vincerà le elezioni con una terza lista e sarà sindaco per un ventennio.

Vediamo che l'aspetto politico è la molla che spinge le élite cittadine ad avere il loro quotidiano. Quelle stesse élite che rappresentavano una borghesia progressista e laboriosa impegnata in Sardegna nelle attività economiche e professionali e con i suoi politici a Roma per far uscire l'Isola dal secolare immobilismo.

Qui si inseriscono le analisi fatte su queste pagine da Paolo Fadda, attento studioso dell'industria in Sardegna, che denuncia le attuali carenze nel mondo politico che non ha più punti di riferimento nella borghesia imprenditoriale ormai scomparsa o senza più capacità propositive e propulsive. Un processo non solo sardo, ma che si riflette nella penisola dove gran parte di quelle storiche testate sono andate in crisi per le stesse ragioni.

Nell'era di internet, della globalizzazione, dei ricchi sempre più ricchi e della nebulizzazione del ceto medio, probabilmente è un processo irreversibile la mancanza di una nuova borghesia illuminata che non c'è più. Ed è davvero un'impresa che i giornali storici siano protagonisti di un fenomeno straordinario di resilienza che i lettori devono sostenere ogni giorno in edicola e sui siti dei quotidiani.

Anche il governo dovrebbe fare la sua parte, non con aiuti di Stato, ma con le misure necessarie per garantire l'intero settore dell'informazione impegnato a contrastare sul piano della qualità e del pluralismo i giganti del web.

Carlo Figari

(già vicedirettore L'Unione Sarda)
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