Il 3 giugno appena trascorso si è tenuta l’ultimissima Conferenza Stampa del Politico oramai “più amato dagli Italiani”, ossia del Premier Giuseppe Conte, e, con essa, è partito l’ennesimo, quanto inevitabile, giro di giostra sulla discussione in merito agli “Stati Generali dell’Economia”. Sembrerebbe, infatti - il condizionale credo sia d’obbligo allorquando si parli di un Paese che continua a navigare a vista tra incertezze, timido entusiasmo e sana voglia di normalità -, sia partita, finalmente, la c.d. “Fase Finale” nell’ambito della quale si starebbe provvedendo a predisporre un “Piano di Rinascita” per il Paese che, sebbene non meglio precisato, quanto meno per il momento, sarà orientato, tra l’altro, nel senso di promuovere, nel futuro quanto più prossimo, e attraverso interventi miratamente riqualificatori, l’adozione di forme ancora più intense di “fiscalità di vantaggio per l’intero Meridione” d’Italia siccome, di siffatta misura, involgente la valorizzazione delle bellezze e delle ricchezze del Sud, “il primo a beneficiarne” - ha sostenuto fiducioso lo stesso Presidente del Consiglio - potrebbe essere proprio “il Nord”.

Tradotto in soldoni, il gap esistente tra Nord e Sud sarebbe causa e allo stesso tempo concausa del declino industriale del Paese, sicché, in assenza di interventi volti a ridurre il flagello della disoccupazione e diretti alla realizzazione delle infrastrutture necessarie, non solo il Mezzogiorno non potrà mai venire fuori dalla crisi, ma l’Italia intera dovrà rassegnarsi a portarne il peso.

Nulla quaestio, dunque, sulla promessa “attenzione privilegiata”, se solo non fosse per quella necessità che sento impellente di tratteggiare, più o meno marcatamente, i complessi contorni della questione di cui in questa sede si discute, sia sotto il profilo squisitamente politico, sia sotto il profilo tipicamente sostanziale. Tanto più quando, proprio il “sotto inteso” delle lucidissime argomentazioni del premier, a mio parere, sia riuscito a lasciar trasudare una inequivocabile, e certamente irrefrenabile, eloquenza espressivo/contenutistica che sarebbe davvero ingenuo sottovalutare.

Innanzitutto, perché il profilo tematico prediletto dell’intero discorso del premier si è chiaramente contraddistinto per il suo essere in concomitante attinenza con un progetto programmatico di ampio respiro, e di rilievo nazionale, non solo riadeguato all’esigenza di perseguire un ambizioso piano di omologazione economica, per così dire, tra le diverse aree del Paese, ma addirittura sostenuto dal duplice intento, per un verso, di cogliere proprio nella “diversità strutturale” esistente tra le aree medesime gli aspetti peculiari e fondanti della nuova spinta propulsiva direttamente votata ad un ideale preciso di crescita programmata, e, per altro verso, di considerare quella stessa “diversità” alla stregua di un flusso all’interno del quale lasciar scorrere le innumerevoli criticità potenzialmente impedienti la utile realizzazione del progetto finale.

Secondariamente perché, all’evidenza, la piena realizzazione degli annunciati obiettivi, ammesso che si riesca a perseguirli, sembrerebbe incontrovertibilmente incentrata, come di fatto appare incontrovertibilmente incentrata, sulla solidità, sulla tutela e sulla tenuta dell’attuale maggioranza di Governo dalla quale, invero, né Giuseppe Conte, né le varie correnti intestine all’interno della maggioranza medesima, sembrano poter prescindere nell’ottica di un difficilissimo processo partecipativo incentrato sulla ineludibile collaborazione coattiva tra le varie forze in campo, la quale collaborazione, a sua volta, appare potenzialmente finalizzata allo scambio vicendevole tra le parti coinvolte in funzione giustificante della salvaguardia della alleanza. Se, dunque - per tornare al nucleo del discorso programmatico - Fiscalità di Vantaggio per l’intero Sud d’Italia dovrà essere, allora che Fiscalità di Vantaggio sia, sebbene gli interrogativi e le perplessità la facciano da padrone in ragione di quella sottile consapevolezza, albergante, io credo, in ciascuno di noi, che ci induce a riflettere sull’antico adagio a mente del quale “tra il dire e il fare, c’è (sempre stato) di mezzo il mare”. Mi domando: che sia troppo bello per essere vero? Oppure, invece, sarà l’imminente realtà? E mi domando ancora: le Isole Maggiori, Sardegna e Sicilia, sono da intendersi genericamente ricomprese nella locuzione omnicomprensiva di “Meridione d’Italia”, oppure resteranno incredibilmente escluse da quella “attenzione privilegiata” finora solo annunciata? Oppure ancora, nei loro confronti, trattandosi di realtà assai diversificate, per moltissimi aspetti, non solo tra loro ma anche rispetto al resto della Penisola, ossia tanto rispetto alle Regioni del settentrione quanto rispetto alle Regioni dello stesso meridione, si procederà su un binario separato, che seppure rispettivamente parallelo tanto per l’una quanto per l’altra, dovrà forse essere necessariamente distinto, e quindi conseguentemente articolato su provvedimenti idonei tipicamente parametrati alle difficoltà effettive del territorio che, all’evidenza, non sono solo di carattere economico, ma financo, e soprattutto, di carattere geografico?

Considerato l’atteggiamento cautamente accomodante manifestato dall’UE in ragione della crisi pandemica, sarà più semplice perseguire questa rinnovata misura equitativa? A ben considerare, le risposte, sul piano teorico, non possono che essere positivamente conseguenti. Intanto perché, in termini stretti di praticabilità, se è vero, come è vero, che il Parlamento Europeo, seppure in via solamente consultiva, con propria Risoluzione sulla Riforma degli Aiuti di Stato 2005-2009, a suo tempo, al Paragrafo 37, aveva già riconosciuto la necessità di ricorrere all’adozione della misura compensativa in discorso per le Regioni, tra cui pure il nostro “Sud” latamente e complessivamente inteso, caratterizzate da ritardi di sviluppo, allorquando “l’aiuto”, sebbene temporalmente limitato ad un periodo transitorio non superiore a cinque anni, fosse stato idoneo a generare “un valore aggiunto” non perseguibile “con alcuna altra misura politica”, allora, a maggior ragione, al giorno d’oggi, in considerazione dell’impasse venutasi a determinare per il dilagare della pandemia, la stessa Unione Europea non dovrebbe frapporre troppi ostacoli al perseguimento del risultato sperato, considerata pure la sia pur timida attenuazione dell’atteggiamento rigorista in tema di aiuti di stato.

Quindi perché, all’evidenza, siffatta misura equitativa, lungi dall’essere orientata al perseguimento di una condizione di ingiustificato privilegio, chiaramente inaccettabile, appare piuttosto oltremodo necessaria a porre nel nulla lo squilibrio concorrenziale esistente non solo tra le tre diverse aree del nostro Bel Paese (Nord, Sud e Isole), ma anche tra la stessa Italia e gli altri Paesi membri dell’UE.

Infine perché la prospettiva è fin troppo ghiotta per non essere perseguita, soprattutto allorquando si pensi ad una Regione come la nostra Sardegna, non solo geograficamente distante rispetto al resto della Penisola, ma costantemente afflitta dallo spopolamento delle aree interne e da una condizione di cronico sotto sviluppo del territorio che, per ciò stesso, avrebbe bisogno di godere delle ancora più ampie agevolazioni fiscali annunciate.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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