Anche i sardi all'estero fanno i conti con il coronavirus. In Europa il fenomeno non assume toni allarmanti, ma le precauzioni vengono comunque prese.

A raccontarlo a UnioneSarda.it sono alcuni emigrati.

"In Svizzera - spiega Marisa Fois, originaria di Busachi e che lavora all'Università di Ginevra - al momento il coronavirus è 'percepito' in modo diverso a seconda dei cantoni. In Ticino, per esempio, dopo la diffusione in Nord Italia, alcuni giornali con toni allarmistici hanno scritto che il virus si si avvicinava pericolosamente alla frontiera. Un approccio che riflette l’ostilità verso i frontalieri. Sono stati annullati i carnevali storici e le partite di hockey (lo sport seguito e amato dal grande pubblico) si giocheranno a porte chiuse. Le gite scolastiche fuori dalla Svizzera previste a marzo sono state cancellate".

A Ginevra, in particolare, "il primo caso è stato riscontrato ieri. Si tratta di un ventottenne che era stato a Milano nei giorni scorsi. Dopo i primi sintomi, isolamento in ospedale per lui e quarantena preventiva per le persone della cerchia familiare e lavorativa". Oggi il secondo caso nel canton Zurigo: un 45enne che è tornato da Milano.

Nessuna restrizione all'ingresso "e nonostante si stiano verificando i primi casi (ad oggi, credo una decina di persone), non c’è psicosi. I test sono stati intensificati, ma i media trattano la questione con molta cautela rispetto all’Italia, fornendo le informazioni necessarie e in modo rigoroso. Mi pare che, anche in questo caso, la Svizzera sia molto attenta all’immagine e alla percezione che dà di se stessa ai propri cittadini e cittadine e al mondo. Quindi: informazione, cautela ma niente allarmismi".

Proprio questa mattina il Consiglio federale ha annullato il salone dell’auto di Ginevra che si sarebbe dovuto svolgere a partire dalla settimana prossima. "Ha inoltre vietato, sempre per misure cautelative, ogni manifestazione pubblica o privata di più di 1000 persone".

Fabrizio Figus, nato a Baressa, pensionato, vive in Savoia: "Da noi non se ne parla più di tanto - dice - ma in tutta la Francia dicono 38 contagiati, due morti e 12 persone guarite. Poi vai a sapere quali sono i numeri reali... Noi intanto stiamo attenti: ci laviamo spesso le mani e non stiamo negli ambienti chiusi dove ci sono molte persone". "Bisogna mettersi l'anima in pace - conclude - l'umanità ha vissuto già altre difficili situazioni come la malaria, la peste, la febbre spagnola. Forse è la natura che si sta ribellando".

Sul fronte della Spagna, a Barcellona, "credo che tutta la faccenda legata al coronavirus sia vissuta in maniera differente dall'Italia - sono le parole del nuorese Stefano Basolu -; non percepisco il clima di isteria collettiva che pare stia attraversando la popolazione italiana, nella mia zona di residenza, abbastanza centrale, non c’è nessuna corsa/saccheggio dei supermercati, la televisione e i giornali che solitamente leggo danno maggiore risultato a questioni politiche locali e di respiro più internazionale; è vero che in Spagna i casi sono numericamente minori ma è anche vero che a Barcellona abbiamo già alcuni casi tutti legati a persone che hanno avuto contato con l’Italia; sinceramente credo che in Italia la diffusione si abbastanza sotto controllo, fuori controllo è la copertura mediatica che si sta dando e la psicosi che sta generando; non ho competenze mediche e personalmente credo che si stia dando troppo risalto ad un virus che si comporta come una normale influenza, non fosse per la mancanza di un vaccino".

Con i suoi colleghi, che sono di varie nazionalità "riusciamo a farci qualche risata rimanendo comunque costantemente informati sull’evolversi della situazione (di fatto un collega mi ha fatto notare che, in un comics di 4 anni fa di Asterix, aveva fatto la sua comparsa un pilota italiano che si chiamava coronavirus) l’unica ansia che mi rimane è quella di non poter rientrare nella mia amata Sardegna la settimana prossima".

"Per ora non siamo entrati in panico - racconta Stefano Puddu Crespellani, cagliaritano che vive a La Garriga, Catalogna - Non c’è dubbio che, negli ultimi giorni, le notizie sul coronavirus hanno preso le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei notiziari catalani e spagnoli. Di fatto, la cancellazione del Mobile World Congress, a metà febbraio, era stata al centro del dibattito, vista la rilevanza economica dell’evento".

"Tuttavia, finora non c’è stato né l’approccio fortemente emotivo, né l’eccesso di copertura informativa che mi sembra si siano visti in Italia. La Catalogna è molto fiera del proprio sistema di sanità pubblica, e c’è stata una grande attenzione per evitare di trattare la notizia in modo allarmista, sia da parte delle autorità sanitarie, sia della stampa e dei mezzi di informazione", aggiunge.

"È stato ripetuto molte volte - sottolinea - che il virus è pericoloso soprattutto per chi ha già condizioni di salute precarie, cioè quando si somma ad altri fattori endogeni. Lo stato del sistema immunitario è il fattore cruciale; e questo vale anche sul piano della risposta sociale e informativa. Direi che nella società catalana il sistema immunitario collettivo ha mostrato di avere delle buone difese. Ho visto pochissime mascherine per strada, anche se pare che nelle farmacie non se ne trovino. Le informazioni che circolano per le reti sociali sottolineano che anche le normali epidemie di influenza di ogni anno presentano indici molto alti di contagio e anche di mortalità. Si sospetta che i motivi per cui si parla di pandemia siano altri, e non necessariamente di tipo sanitario".

"La caduta delle Borse, quasi dappertutto, conferma che ci sono dietro interessi poco chiari: si parla, ovviamente, del conflitto per l’egemonia globale tra Stati Uniti e Cina. Siamo comunque davanti a una pandemia di tipo nuovo, legata alla globalizzazione delle notizie, e all’influenza anche economica di chi controlla le opinioni. Una nuova 'bolla' in cui si specula sulla paura e sulle sue conseguenze" anche economiche che "saranno importanti: una parte dell’attività industriale è ferma, perché non arrivano le componenti. Si guarda con apprensione ai mesi estivi, dove un calo negli afflussi turistici potrebbe avere ripercussioni tremende. In definitiva, siamo in stato di preallarme, ma non al punto da limitare eventi pubblici. Sabato 29, a Perpignan, per esempio, ci sarà un meeting per accogliere il presidente in esilio Puigdemont, a cui si prevede parteciperanno decine di migliaia di persone".
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