«Sarà un bagno di sangue comunque, ma ripartire subito è una necessità per contenere i danni».

Maurizio De Pascale, presidente di Confindustria Sardegna è reduce da una videoconferenza con i colleghi delle altre regioni. Hanno analizzato gli effetti dei decreti del governo e fatto emergere criticità e proposte .

State vedendo i primi effetti?

«Guardi, da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza, il 31 gennaio, a oggi non è stato distribuito un euro a lavoratori e imprese».

Come se lo spiega?

«I decreti sono scritti da burocrati e non da politici che vogliono risolvere problemi».

Non dovrebbero contenere procedure semplificate e veloci?

«Non è cambiato nulla rispetto al passato. È tutto difficilissimo. Le faccio un esempio: le erogazioni alle imprese devono passare al vaglio del merito creditizio, che vuol dire tempi di analisi lunghi quanto meno come prima, anzi di più, considerando che gran parte dei dipendenti delle banche lavora da casa»

Quindi i soldi rischiano di arrivare troppo tardi?

«Sì. Se non si abbattono le lungaggini burocratiche le aziende che prenderanno i finanziamenti non saranno in grado di restituirli e dopo un po' chiuderanno».

Vittime del virus e della burocrazia.

«Il fardello invincibile della burocrazia è quello che ha tenuto imbrigliato il cavallo Italia».

Eppure si è parlato di poteri commissariali, di modello Ponte Morandi.

«Magari. Dopo il terremoto a L'Aquila Guido Bertolaso con i poteri comissariali per la ricostruzione fece in sei mesi ciò che non è mai più stato fatto nelle tragedie successive».

Ma l'allentamento delle regole in Italia è una strada pericolosa.

«Le regole si rispettano e le verifiche si devono fare ma dopo, non prima. Per il post coronavirus darei molti poteri commissariali per le opere infrastrutturali ma anche su altre procedure. Ciò che serve subito è snellire le procedure, altrimenti anche i decreti saranno inapplicabili e non arriverà nessun beneficio. Prevedo anche altre conseguenze».

Quali?

«Nonostante il Governo non voglia far apparire le manovre in deficit lo saranno e i cittadini le pagheranno con un aumento delle tasse. Consideri che abbiamo davanti due anni in cui la produzione e il Pil crolleranno facendo peggiorare il rapporto deficit-Pil».

Insomma, non ne usciremo vivi.

«Ci dobbiamo salvare da soli riaprendo le attività essenziali e facendo lavorare i dipendenti in sicurezza. Se consideriamo il numero di decessi in Italia vediamo che la scelta di bloccare quasi tutte le attività non ha pagato. Germania, Francia e Spagna non hanno bloccato tutto e le nostre imprese dovranno ricominciare a competere in un mercato dal quale siamo stati estromessi. Consideri che l'Italia è arrivata a questa tragedia sanitaria con le ruote sgonfie e in carenza di ossigeno».

Il turismo e l'indotto, compresi i trasporti, devono ripartire il prima possibile?

«Le faccio un solo esempio che conosco bene. La gestione dell'aeroporto di Cagliari-Elmas costa 511 mila euro al mese e oggi vediamo solo 180 passeggeri al giorno, è una tragedia. Purtroppo la Sardegna dipende troppo dal turismo e questo è un errore, l'ho sempre detto».

Scusi, su che cosa dovremmo puntare se non sul turismo?

«Il ragionamento è più ampio. Voglio dire che puntare su una monocultura non paga e la Sardegna dipende troppo dal turismo. Poi accade che Ryanair abbandona Alghero e crolla tutto perché l'aeroporto, e in generale l'economia, dipendevano in larga parte da quella compagnia aerea».

I trasporti nell'Isola sono ancora nel caos.

«Un disastro. Andate nel sito di Alitalia e provate a prenotare un volo per luglio da e per la Sardegna. È impossibile nonostante sia stata formalizzata la proroga sulla continuità territoriale. Assurdo».

Che cosa prevede per l'economia sarda nel prossimo futuro.

«Che sarà un bagno di sangue. Non mi chieda previsioni perché non ne ho».

Fabio Manca

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