Molestie, maniaci e violenze. Le segnalazioni crescono, la paura aumenta. Ma a Cagliari i giovani non ci stanno e si organizzano, da soli o in gruppi, per difendersi. Da questa esigenza è nata la community Whatsapp “Supporto anti molestia”, che dopo due giorni sulla rete vanta quasi 1400 iscritti. Al suo interno diversi sottogruppi dove chiedere aiuto, scambiarsi informazioni e consigli per affrontare la città, sentendosi meno soli. L’amministratrice è Valentina, 23enne e studentessa di Psicologia nell’Ateneo cagliaritano. «Sono rappresentante di corso, negli anni ne ho sentito di tutti i colori. Ho raccolto tante testimonianze di coetanei che hanno vissuto esperienze tremende. Dal “cat calling” ai pedinamenti, ma non solo. Dalle aggressioni a ciò che fa ancora paura: l’aiuto (a volte) inesistente delle Forze dell’ordine e il conseguente senso di paura che assale le vittime. Mi sono chiesta a lungo cosa potessi fare e alla fine è arrivato questo spazio virtuale dove possiamo darci una mano, segnalare, condividere esperienze, informazioni. Fine ultimo? Vivere con più serenità. Perché in queste condizioni diventa complicato anche solo arrivare a lezione». 

«Non mi aspettavo certamente una risposta così immediata. Che ricordo essere dedicata agli studenti universitari. Ci tengo a sottolineare che non possono entrare tutti: i profili sospetti vengono segnalati. E inoltre non si possono condividere informazioni sensibili, come la geolocalizzazione», spiega la ragazza. «Le istituzioni non fanno abbastanza, anzi, non stanno facendo niente – continua lei –. Da quando mi sono iscritta all’università ho sempre sentito di ragazze inseguite per strada, ragazzi minacciati con il coltello o situazioni simili. Cosa chiediamo? Più controlli, per iniziare».

E se il sindaco non dovesse credere a tutto ciò? «Invitiamo lui e le istituzioni a farsi un giro con noi per capire la situazione. Dovrebbero un giorno vivere in prima persona la situazione che stiamo vivendo, vivere con l’ansia non è bello. Vogliamo solo vivere la nostra vita con serenità: è un nostro diritto», risponde Valentina. Sul futuro dei gruppi non c’è certezza: «Non so come si evolverà la cosa. Per adesso sto raccogliendo diversi spunti e consigli per migliorare quanto appena creato. Con gli studenti abbiamo anche chiesto al Cus di attivare dei corsi di autodifesa. Ma non escludo che a seconda delle opportunità si possa valutare la creazione di una app per la sicurezza personale. Ma si vedrà, andiamo avanti a piccoli passi. Con l’apertura della community è stata posata la prima pietra».

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