Doveva essere un “intervento straordinario”.  Si è trasformato in uno straordinario flop: il Comune di Cagliari ha stracciato il contratto da un milione e mezzo di euro (2,4 quelli messi a disposizione in partenza) con l’impresa “Catizone geom. Pietro Fiore” che avrebbe dovuto realizzare la grande riqualificazione di viale Sant’Avendrace. Non solo: nell’accordo firmato il 15 ottobre del 2020 era previsto anche il rifacimento “della viabilità trasversale, finalizzata alla connessione tra il parco archeologico di Tuvixeddu, il quartiere e l'area di San Paolo destinata a parco urbano attrezzato sportivo e educativo”. I lavori sono fermi da 4 mesi. E quanto realizzato era in ritardo di 245 giorni rispetto al cronoporogramma. Oggi la decisione irrevocabile del dirigente comunale del settore, Daniele Olla: contratto risolto e fideiussione escussa. 

L’atto ripercorre anche le tappe di un cantiere nato male – tre anni fa, alla firma del contratto – e finito peggio. Le “chiavi”  sono state consegnate il 12 marzo del 2021. I lavori dovevano concludersi il 7 marzo dell’anno successivo. Un anno di disagi per ridisegnare la viabilità, realizzare piste ciclabili e riqualificare la principale strada di Sant’Avendrace. 

Il primo intoppo risale al 21 ottobre 2021: «I lavori sono stati sospesi per predisporre una perizia di variante che prevedesse gli interventi sulla rete idrica e che contemporaneamente risolvesse alcune criticità emerse durante l’esecuzione». Quali, non c’è scritto. Ma si dice che ci fosse da sistemare il passaggio dei mezzi pubblici, sottovalutato. In più c’era da coinvolgere Abbanoa, per la sostituzione di condotte. La variante viene approvata solo a novembre del 2022. E aumentano anche i costi, di circa 130 mila euro. Si arriva al giugno successivo, quando viene firmato un nuovo “atto di sottomissione”: il nuovo prezzo è di un milione e 447 mila euro e la data prevista per la fine dell’intervento slitta al primo marzo del 2023 (un anno dopo quella iniziale). 

Si riparte? Manco per idea: il riavvio dell’attività degli operai viene certificato solo il 13 gennaio di quest’anno. L’impresa firma il verbale di riconsegna, ma con riserva. Perché sostiene che l’intervento di Abbanoa abbia compromesso «la produttività del cantiere». Insomma: sapeva già che entro il primo marzo era impossibile completare l’opera. 

E per non rispettare i termini, stando al verbale, ci ha messo molto del suo. Nell’atto di Olla si legge che a gennaio e febbraio «l’impresa, nonostante le rassicurazioni fornite, non ha garantito la presenza in cantiere di maestranze adeguate e conseguentemente, nonostante i ripetuti solleciti del direttore dei lavori, Alessandro Innocenti e, in particolare, quello di cui all’ordine di servizio del 27 gennaio,  rimasto privo di riscontro, ha lasciato il cantiere in stato di totale abbandono,  compromettendo la sicurezza nell’area oggetto di intervento». 

La fine è già iniziata, il tracollo si trasforma in corsa verso il precipizio. A mettere una toppa, a marzo, arriva l’impresa Avr, incaricata dal Comune di tappare le buche. A spese, ovvio, della società  che le aveva aperte. 

Il 17 di quel mese, nuova ripresa dei lavori e nuova data di presunta fine: ottobre 2023. Il mese in corso. Si arriva a maggio e si cambia ancora: l’impresa  «ha trasmesso un ulteriore cronoprogramma delle lavorazioni di 256 giorni con termine di scadenza gennaio 2024, assicurando l’impiego di tre squadre di operai contemporaneamente per il recupero del ritardo accumulato». 

La promessa si rivela vana. Scrive il dirigente: «Tra la fine di maggio e l’inizio di luglio non si rilevano significative progressioni sull’avanzamento, i lavori procedono a rilento e con l’impiego di una sola squadra composta da tre o quattro operai che non consente il rispetto del cronoprogramma di perizia». 

Si arriva a luglio. Comune e impresa si confrontano sul posto. Emerge che «non erano presenti mezzi d’opera quali escavatori o autocarri e le poche lavorazioni vengono svolte esclusivamente con attrezzature a mano, del tutto insufficienti per eseguire i lavori previsti dal progetto». 

Viene stilata una relazione dalla quale «si evince che sia oramai compromessa la buona riuscita della prestazione, per grave ritardo e inadempimento nell’esecuzione». 

Uffici e tecnici della ditta si cambiano documentazione varia. Il 18 ottobre, nove giorni fa, «risulta accumulato un ritardo di 245 giorni su un totale di 413 giorni di lavorazioni previste nella perizia di variante». L’impresa prova a giustificarsi. Ma i tempi sono biblici. E anche Giobbe avrebbe perso la sua proverbiale pazienza. Di sicuro non  ne hanno più commercianti e residenti. E nemmeno in Comune: impresa «negligente», contratto stracciato. 

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