Girare per le strade di Stampace nel giorno di Sant'Efisio è un'emozione unica, quella che solo le tradizioni così sentite e partecipate sanno offrire.

Una festa di musica, suoni, colori, che ha il sapore dello stare insieme ma anche, o meglio soprattutto, della fede autentica, interiore e che, come ci racconta la signora Zaira - oltre settanta edizioni di Sant’Efisio alle spalle – non ha le giuste parole per essere spiegata.

C'è poi chi, di questa tradizione, ha fatto la ragione e la passione di una vita. Parliamo di Efisio Cabras, che ci apre le porte della sua "casa-museo", proprio a lato della chiesetta del quartiere. Il nome che porta è da sé indicativo della fede che da sempre la sua famiglia ha riservato al Santo così amato a Cagliari.

Nella foto Efisio Cabras e la sua "casa-museo"
Nella foto Efisio Cabras e la sua "casa-museo"
Nella foto Efisio Cabras e la sua "casa-museo"

"La mia famiglia è originaria di Quartu - ci ha raccontato Efisio - e lì per molti anni ho vissuto, ma sempre con il desiderio nel cuore di potermi avvicinare a Cagliari e al quartiere di Stampace. Quando nel 1980 ho saputo che questa casa era in vendita ho avuto il desiderio immediato di acquistarla, seppur non avessi tutto il denaro richiesto. Decisi allora di fare un voto a Sant’Efisio: se mi avesse concesso la grazia di farla mia, l’avrei messa per sempre a disposizione dei pellegrini, aprendo le mie porte a chiunque, nel suo cammino di fede e devozione, avesse avuto bisogno di un momento di ristoro. E così è andata, il vecchio proprietario ha capito le mie intenzioni, e sono riuscito, con i tempi che le finanze mi hanno concesso, ad acquistarla".

Efisio ci porta alla scoperta della sua abitazione, fra raccolte di cimeli e oggetti sacri. Si sofferma a lungo davanti a una preziosa statua del Seicento di Sant’Efisio: "Dovevo rifare il tetto – ci spiega - che non è in condizioni ottimali, ma quando ho trovato quella statua ho sentito che doveva essere la priorità". O la bandiera che da Quartu per molti anni veniva portata in processione dai cavalieri, consumata lateralmente per lo sfregamento sulla groppa degli animali: "Ogni anno, con questa bandiera – ci racconta – mi inchino tre volte all’uscita e all’ingresso del Santo dalla chiesa, in segno di saluto e ringraziamento".

La sua abitazione, fra raccolte di cimeli e oggetti sacri
La sua abitazione, fra raccolte di cimeli e oggetti sacri
La sua abitazione, fra raccolte di cimeli e oggetti sacri

Accanto ad Efisio incontriamo per le strade moltissimi turisti stranieri, quasi stupiti dal fascino dei cocchi e dei costumi tipici della tradizione, e molti altri sardi da tutto il Cagliaritano e non solo, con famiglie in processione alla terza o quarta generazione. Come Carlotta, 36 anni, mamma e papà nati nel quartiere di Stampace e lei in compagnia della sua piccola di tre anni, già con l'abito tipico della tradizione.

C’è poi l’emozione dei guardiani, dei mazzieri, dei giovani che conducono il cocchio trainato dai buoi benedetti, quest’anno S’amigu e Pagus in zeru.

Una festa di grandi, piccini, famiglie, di un’Isola intera e, per dirla con le parole di Efisio, "un’autentica apoteosi".

Virginia Lodi
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