Preoccupazione, paura, e la convinzione sempre più tangibile di vivere in un territorio abbandonato dalla politica. Sono questi i sentimenti prevalenti fra gli abitanti del distretto sanitario di Sorgono, acuiti dopo la morte del paziente uno nel territorio, il dottor Nabeel Khair, deceduto nell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari, medico condotto di Tonara e storica guardia medica di Aritzo, dove sono risultati positivi al virus anche il sindaco Gualtiero Mameli, ricoverato in ospedale, e la moglie.

Il disagio

Soffre un territorio in perenne lotta contro il depotenziamento sanitario, di cui gli amministratori locali si fanno portavoce. Non usa mezzi termini Cristina Sedda, presidente della conferenza dei sindaci del distretto e prima cittadina di Ovodda, nell'accusare la Giunta regionale di aver abbandonato la zona. «Non abbiamo strutture perché l'ospedale lo stanno smantellando completamente», afferma. «Non abbiamo nulla per combattere il coronavirus e le altre malattie. La gente non si sente tutelata e non si cura perché è terrorizzata dagli ospedali fuori dal territorio e il San Camillo è stato reso inefficiente. Invece di potenziarlo per far fronte al Covid-19, hanno sguarnito l'ospedale anche del poco che c'era. Siamo abbandonati dalla Giunta regionale, che si è fatta la campagna elettorale raccontandoci di una Sanità pubblica vicino al cittadino anche nei piccoli centri, ma alla prova dei fatti si è rimangiata tutto quello che ha detto. Siamo in una condizione peggiore di prima, si devono ascoltare anche i piccoli territori, siamo pochi ma abbiamo diritto a una Sanità funzionante».

Voci disperate

Rincara la dose il presidente della Comunità montana Alessandro Corona: «Stanno trattando la Barbagia Mandrolisai come una riserva indiana», dice, «senza curarsi minimamente del nostro territorio ed agendo a esclusivo vantaggio degli ospedali privati. Ci sentiamo ai margini del progetto regionale, dimenticati da una politica che non riconosce la dignità ai nostri cittadini e il loro diritto alla salute. Capiamo che siamo in un periodo di emergenza, ma è incomprensibile l'abbandono completo di un intero territorio».

Giovanni Arru, sindaco di Sorgono, non usa mezze misure. «L'ospedale San Camillo non è attualmente nella condizione di poter essere utilizzato in funzione anti virus. Attiviamoci perché venga potenziato come abbiamo richiesto da tempo. Così potremo dare risposte a tante esigenze diverse. Così come deve risposte la Giunta regionale al nostro territorio, che ha bisogno di essere preso in considerazione. A Sorgono, per totale assenza della Regione, ci si è mossi con azioni di volontariato, e per questo ringrazio la Protezione civile e tutte le associazioni. Ma non possiamo fare affidamento solo sul volontariato, la politica deve aiutarci».

L'ex primario

«Nella Sanità manca una seria programmazione, che ci abbiano abbandonato, nella mia opinione, è cosa vera»: è il parere tecnico di Nino Demuru, ex primario del nosocomio. «Tutti i movimenti degli ultimi anni hanno ridotto a zero l'ospedale, sia dal punto di vista delle apparecchiature che delle potenzialità umane. L'azienda sanitaria ha chiaramente privilegiato Nuoro, con personale e attrezzature dirottate sul capoluogo e l'area di Sorgono ridotta a un deposito da cui prendere personale e materiali. La promessa di incrementare il servizio territoriale, in cambio del ridimensionamento dell'ospedale non è mai stata mantenuta. Nei ragionamenti teorici un presidio ospedaliero periferico come Sorgono è considerato a rischio perché non ha una casistica sufficiente, ma è solamente un calcolo di tipo economico. I veri isolati in Sardegna siamo noi e ha un senso non solo tenere, ma potenziare il San Camillo, perché siamo un isola nell'isola distanti dai grossi centri. In campagna elettorale - ricorda Demuru - era stato promesso ben altro rispetto all'amministrazione precedente ma non si sono visti miglioramenti. L'unico presidio che neanche in ipotesi è stato preso in considerazione nella lotta alla pandemia è il nostro, e i servizi ospedalieri sono stati messi nelle condizioni di non lavorare».

Luigi Cadeddu

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