Bisogna provare a capirli. Stando allo stato anagrafico, tra domicili e residenze fiscali, non possono che essersi persi. Solo un disorientamento geografico può aver prodotto atti e procedure tanto intricate da renderle un labirinto, dove gli stessi attori protagonisti si dimenano tra le Lagune di Venezia e le Terre di Bari. Del resto non deve essere stato facile sbarcare a ridosso di Bruncuteula, tra lo “Stagno ‘e Forru” e Paringianu, nel profondo Sulcis. Eppure, ci sono arrivati. Per sbancare tutto a colpi di cingolati e ruspe, per ridurre quel territorio, già sfregiato dal calvario industriale, in una lastra infinita di centomila “specchi abbronzanti” capaci di produrre una montagna di incentivi e silicio.

Niente di sardo

Non sono stati originali nemmeno nel nome della compagine, l’hanno registrata con un riferimento geografico solo di facciata: “Mag Sardegna srl.”, l’ennesima società a responsabilità limitata con diecimila euro di capitale per spianare 79 ettari di terra tra Carbonia, Gonnesa e Portoscuso. In realtà di Sardegna questa “srl” senza fissa dimora non ha proprio niente. Anzi. Gli atti notarili, omessi dalla procedura autorizzativa, registrano un quadrilatero d’azione tutt’altro che usuale, dalla Puglia a Verona, da Venezia a Carbonia. È il notaio di Monopoli, quello di Bari, a registrare il trasloco. A presentarsi al cospetto della ceralacca notarile, l’otto febbraio del 2023, è Giuseppe Lillo, un signore che agisce in nome e per conto di Giuseppe Leonardo Marseglia, il titolare del 100% delle quote della Mag Sardegna.

Da Venezia a Bruncuteula

Il passaggio registrato nelle sacre scritture eoliche è una perla: «il presidente espone all’assemblea che si rende necessario trasferire la sede sociale da San Pietro di Morubio» - un borgo di tremila abitanti vicino a Verona - «a Venezia, al numero 753 dell’Isola della Giudecca», perché nel comune veronese «non vi sono uffici idonei ad avere la detta funzione». Insomma, sembra uno scherzo, ma non lo è. Sede amministrativa a Monopoli di Bari, residenza fiscale trasferita da San Pietro di Morubio al Canale della Giudecca a Venezia, progettisti in via della Magliana a Roma, terre da invadere a suon di pannelli fotovoltaici a due passi da Bruncuteula, sulla costa tra Paringianu e Matzaccara, nel profondo sud dell’Isola di Sardegna. Il castello societario è una piramide senza fine, con una certezza che non ammette dubbi: i signori della Mag Sardegna non si sono mai persi.

Sardegna nel mirino

L’unico obiettivo, sin dall’inizio, era quello di piazzare una distesa di pannelli a cavallo della Pedemontana, quella che collega Paringianu con Carbonia. Hanno “depistato”, certo, ma avevano le idee chiare, comprese le porte pubbliche dove bussare. Il tema di questa inchiesta, per adesso, però, non sono i soci della società veneziana e nemmeno la slot machine che intendono attivare nelle terre del Sulcis. Si sa, si tratta di società che spianerebbero l’intera Sardegna pur di incamerare incentivi a gogò. Il tema, più scabroso, è racchiuso, invece, in un quesito: la Regione sarda sta facendo tutto quello che è necessario e possibile per fermare questo scempio che si sta abbattendo sull’Isola? L’avvio della procedura di esproprio dei terreni “pretesi” dai signori della Giudecca nell’agro di Carbonia, Portoscuso e Gonnesa racconta una storia spaventosamente pericolosa dove la Regione Autonoma della Sardegna non solo non si oppone, ma spalanca le porte alle più invasive azioni di colonizzazione in terra sarda.

Espropri privati

Gli atti pubblici di questi ultimi giorni, affissi nei municipi interessati, parlano di «Avviso di avvio del procedimento di dichiarazione di pubblica utilità e di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, per la costruzione di un impianto fotovoltaico di produzione di energia elettrica da fonte solare fotovoltaico di potenza nominale elettrica pari a 53,81 megawatt». Chi ha autorizzato questa procedura di esproprio? È scritto nell’unico atto disponibile di questa vicenda: «la Regione Autonoma della Sardegna, titolare del potere espropriativo, ha delegato la società Mag Sardegna s.r.l., ad effettuare l'avviso di avvio del procedimento di esproprio sulle aree interessate dai lavori».

Non sono atti dovuti

La Regione continua a trincerarsi dietro la più facile e semplicistica difesa: sono atti dovuti, è la legge che lo impone. Non è così, ovviamente. Per tre ordini di motivi. Il primo: non esiste nessuna procedura autorizzativa pubblica che risulti conclusa, a partire da quella incardinata nella direzione generale della Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente. Secondo: non esiste un solo interesse pubblico accertato, anzi, appare evidente l’esatto contrario trattandosi di un esplicito interesse privato che non ha nessuna giustificazione rispetto alle disposizioni relative alle energie rinnovabili per le quali la Sardegna ha da tempo raggiunto i propri standard. Terzo: l’impianto è ubicato in aree totalmente vietate per questo tipo di intervento, sia sul piano paesaggistico che ambientale e urbanistico. Il primo elemento è la mancanza della valutazione d’impatto ambientale, atto preliminare a qualsiasi altra procedura, compresa quella per l’avvio dell’esproprio. Il dato è facilmente verificabile nelle carte del Ministero dell’Ambiente dove l’iter risulta avviato solo il 23 febbraio del 2023. Una procedura mai conclusa, visto che le ultime controdeduzioni al parere, totalmente e pesantemente contrario, del Ministero dei Beni Culturali sono del 16 ottobre scorso.

Nessuna autorizzazione

Avviare una procedura di esproprio per un intervento privo di autorizzazione appare una forzatura difficile da giustificare. Constatazione, quella della mancata valutazione d’impatto ambientale, che confligge con la seconda questione: l’interesse privato e la dichiarazione di pubblica utilità. Sarebbe bastato approfondire norme e giurisprudenza per rendersi conto che attribuire “a cuor leggero” una valenza pubblica ad una pianificata distesa di pannelli solari era un’acrobazia difficilmente sostenibile. Era stato il Consiglio di Stato ad affermare senza mezzi termini che devono essere ritenuti «indifferibili e urgenti solo gli impianti autorizzati». Non ci vuole molto a comprendere che se ogni progetto eolico o fotovoltaico fosse ritenuto “automaticamente” e per volontà “privatistica” “di pubblica utilità”, verrebbe meno qualsiasi rispetto per la tutela dell’ambiente e del patrimonio paesaggistico, così come tutelate dalla Costituzione e dalle norme conseguenti.Sulla terza questione, quella dei divieti ambientali e paesaggistici vigenti su quell’area, la Regione non poteva in alcun modo far finta di niente, anzi, aveva il sacrosanto dovere di rispedire al mittente, senza salamelecchi, quel progetto. E l’ufficio dell’assessorato dell’Industria, che ha di fatto avviato le procedure d’esproprio, non poteva non sapere: sia il Ministero dei Beni Culturali che la stessa Regione avevano espresso pareri netti e chiari sul divieto di intervenire in quell’area.

Ambiente e Paesaggio

È la giurisprudenza, subito dopo le norme costituzionali e statutarie, a sentenziare il primato del “Paesaggio” rispetto a qualsivoglia interesse “elettrico-solare”. Il Consiglio di Stato, assise amministrativa di ultima istanza, era stato esplicito: «alla tutela del paesaggio è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione». Una conclusione da ricondurre all’art. 9 della Costituzione che, tutelando al massimo livello possibile il Paesaggio, così come il patrimonio artistico e storico della Nazione, pone questi valori al di sopra di ogni altro interesse. L’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è certamente valutato con favore dal legislatore comunitario e da quello nazionale, ma è altrettanto vero che tutte le norme statali e regionali, a maggior ragione per la Sardegna, rendono prevalenti le esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ordinato assetto del territorio. C’è di più, però.

Ecco i divieti

Ed è ancor più grave: la Regione con una comunicazione formale ha messo nero su bianco tutti i divieti vincolanti. Nella comunicazione regionale, firmata dalla direzione della pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza edilizia, si inchiodano tutte le disposizioni di legge violate: l’area nella quale verrà realizzato l’impianto fotovoltaico è vincolata come «Fascia costiera e per fiumi torrenti e corsi d’acqua». I terreni nei quali vengono previsti i pannelli fotovoltaici sono considerati «aree non idonee alla localizzazione di grandi impianti fotovoltaici». Un vincolo quest’ultimo esplicito: «La realizzazione di impianti di grande taglia potrebbe comportare una alterazione dell'identità paesaggistica e compromettere gli obiettivi di tutela finalizzati a preservare lo stato di equilibrio tra habitat naturale e attività antropiche».

Il vincolo dell’ecosistema

Non è finita. Nelle valutazioni regionali si legge: «Gli interventi ricadono principalmente in aree agroforestali nelle quali sono vietate trasformazioni per destinazioni e utilizzazioni diverse da quelle agricole di cui non sia dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale e l’impossibilità di localizzazione alternativa o che interessino suoli ad elevata capacità d’uso» e per piccoli tratti in aree seminaturali nelle quali «sono vietati gli interventi suscettibili di pregiudicare l’ecosistemica o la fruibilità paesaggistica».Tutti elementi imprescindibili e inviolabili, tantomeno superabili da pareri discrezionali e del tutto privi di rigore, sia tecnico che giuridico, che qualche funzionario si è azzardato ad esprimere in qualche carteggio regionale.

La Regione che fa?

La domanda è lecita. Anzi, obbligata: se in quelle aree del Sulcis è tutto vietato, se la Regione le ha indicate come «non idonee», se gli interessi privati non possono prevaricare quelli pubblici e costituzionalmente tutelati come «l’ambiente e il paesaggio», per quale motivo i signori della Giudecca hanno avuto il via libera per iniziare le procedure d’esproprio? La revoca in sede di autotutela di quei provvedimenti di avvio d’esproprio da parte degli uffici regionali sarebbe il minimo, dinanzi a violazioni così palesi ed evidenti che rischiano di aprire un fronte più vasto: quello di una Regione che anziché fermare favorisce la grande speculazione eolica e solare in terra sarda. Più che un rischio, infatti, sarebbe un misfatto.

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