Quando il concetto-inganno l'hanno messo nero su bianco non si sono rivolti all'Accademia della Crusca per tentare di semplificarlo. Il banchiere d'Europa, fattosi Premier d'Italia con i favori di quasi tutti, sapeva benissimo quel che voleva dire e, soprattutto, quel che voleva fare. L'obiettivo era, però, quello di nascondere al meglio quel piano d'azione destinato a stravolgere primordiali valori costituzionali a vantaggio di multinazionali e lobby del vento e del sole, straniere e domestiche, tutte protese al grande sacco energetico della Sardegna.

Il grimaldello

Il comma prescelto per nascondere il grimaldello necessario a scardinare e saccheggiare "Paesaggi" e "Beni Culturali" era il numero sette dell'allora anonimo articolo venti del famigerato Decreto Draghi, il primo, quello destinato a sancire, con la forza di un Caterpillar, la supremazia di pale e silicio su tutto ciò che sino ad allora era stato da proteggere e tutelare. È la formulazione di quel passaggio "chiave" sul piano legislativo a svelare l'approccio "opaco" dello Stato in materia di "rinnovabili". Prescrive il Decreto Draghi al comma 7 dell'articolo 20: «Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». Più che un dettato legislativo sembra un rompicapo destinato a strozzare senza rimedio anche i più forbiti e complicati letterati della lingua italiana. Eppure, il concetto finale è di una sintesi disarmante: individuate pure le aree idonee, ma non dimenticatevi che anche quelle "non idonee" sono da ritenersi idonee. Lo specificano anche: le aree non incluse tra quelle «idonee» non possono essere dichiarate «non idonee». Ma allora: a cosa serve far finta di tracciare la mappa delle aree idonee, come disciplinato dall'altro "capolavoro" legislativo di Stato, il decreto Fratin, sottoscritto e avvallato dal Presidente della Regione lo scorso giugno, dando persino l'intesa della Regione sarda? A niente, appunto. È questo, infatti, il primo lapalissiano vulnus del Disegno di legge appena varato di tutta fretta dalla Giunta regionale mercoledì scorso. L'obiettivo, esplicitato nello stesso testo legislativo, (comma 11 articolo 3: «La legge regionale 3 luglio 2024, n. 5, è abrogata»), è quello di evitare il severo giudizio della Corte Costituzionale sull'inutile e dannosa moratoria, risultata, in fin dei conti, funzionale solo a dare altro tempo a speculatori e lobby per completare autorizzazioni e iter amministrativi. Il primo buco nero, un vero e proprio cratere di contraddizioni e ambiguità, è scolpito nel primo articolo del Disegno di Legge varato dall'esecutivo regionale: «Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili». Insomma, un vero e proprio escamotage per proporre un'immensa "distrazione di massa", funzionale a far discutere su quali sarebbero le aree idonee, dimenticandosi, o peggio facendo finta, che il decreto Draghi, invece, mette sullo stesso piano «aree idonee» e «non idonee», differenziandone semmai la procedura: super accelerata per quelle ritenute idonee e ordinaria per tutte le altre. Annotazione a margine: la stragrande maggioranza dei progetti già presentati in Sardegna hanno abbondantemente superato i termini e i tempi delle stesse procedure ordinarie. Un combinato disposto pericolosissimo tra il Decreto messo a punto da Palazzo Chigi, e di cui abbiamo anticipato ieri i contenuti, e l'ennesima legge perditempo e inefficace su aree «idonee» e «non idonee».

Alta Corte docet

Che la definizione di «aree idonee» e «non idonee» sia gergalmente una "farsa" sul piano sostanziale e formale lo ha già stabilito, del resto, la stessa Corte Costituzionale. È alquanto singolare che il Disegno di Legge predisposto da Viale Trento tenti in ogni modo di "omettere" questo passaggio chiave, arrivando ad ignorarlo o peggio occultarlo del tutto, quasi che volesse "scientemente" andare incontro ad una nuova scontata bocciatura da parte della Corte delle Leggi. La massima Assise, infatti, lo ha già messo nero su bianco reiteratamente: le aree ritenute «non idonee» non sono precluse all'installazione di pale e pannelli. Scrive la Corte Costituzionale: «Anche di recente questa Corte ha ribadito che l'atto di pianificazione (l'individuazione delle aree idonee e non idonee n.d.r) opera una «valutazione di "primo livello"», «con finalità acceleratorie» (sentenza n. 77 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 11 del 2022 e n. 177 del 2021), ma non può «creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede autorizzativa (sentenze n. 106 del 2020 e n. 286 del 2019)» (sentenza n. 216 del 2022)». È, dunque, un dato "costituzionale" assodato, inamovibile, che rende la definizione delle aree idonee un esercizio inutile, proteso solo alla distrazione collettiva rispetto al punto cruciale della grande mobilitazione del Popolo Sardo: fermare senza perdite di tempo la calata speculativo-energetica in terra di Sardegna.

Vulnus inespugnabile

Se il vulnus negativo, di fatto inespugnabile, della proposta legislativa avanzata dalla Giunta regionale è quello di perseguire la logica aleatoria delle aree idonee e non idonee, nel testo del Disegno di legge si annida un insidioso coacervo di definizioni ambigue, indefinite, volutamente occultate nelle quali si celano varchi infiniti per le lobby energetiche. A partire dal richiamo che viene fatto agli «obiettivi di cui alla Tabella A dell'art. 2 del decreto ministeriale di cui alla lettera a)», ovvero quei famigerati 6.200 megawatt che il Decreto Fratin, approvato d'intesa con il Presidente della Regione sarda lo scorso giugno, impone alla Sardegna, senza alcun criterio credibile e plausibile, un obbligo minimo (si sottolinea "minimo", non essendo stata stabilita alcuna soglia massima) di produzione energetica pari ad almeno il triplo di quello necessario per l'Isola.

Insidie e varchi

Ma è tutto l'articolato carico di insidie e trappole letali per paesaggio e non solo. Nel primo articolo del testo di legge proposto al Consiglio Regionale, per esempio, si tracciano praterie infinite per gli speculatori, codificate da termini talmente vaghi che appartengono più ad un lessico fiabesco che ad un puntuale linguaggio giuridico. Al comma uno, lettera «d», per esempio, si prevede che tra le fantomatiche e fasulle aree idonee dovrebbero essere comprese anche quelle individuate «... verificando l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi». Il quesito sorge spontaneo: se il criterio delle aree idonee fosse credibile, si può in una legge prevedere un varco così rilevante? Chi sarebbe l'organo preposto alla verifica dell'idoneità di queste fantomatiche «aree non utilizzabili per altri scopi»? E quale sarebbe l'inquadramento normativo di questa "fantasiosa" definizione di «aree non utilizzabili per altri scopi»? È fin troppo evidente che, oltre all'evidente carenza sul piano legislativo, nelle disposizioni si configurano passaggi emblematici dove la discrezionalità si potrebbe trasformare in un attimo in libero arbitrio. Sempre nello stesso comma si apre l'ennesima autostrada speculativa, affidata a definizioni talmente generiche e inconsistenti da farle ondeggiare tra superficialità e premeditazione. Tra le «aree non utilizzabili per altri scopi», infatti, la norma aggiunge: «ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili…». Di punto in bianco nella norma si introduce e avalla una definizione talmente campata per aria che lascia interdetti anche i ben pensanti: cosa significano aree agricole «non utilizzabili»? Per quale famigerato motivo le aree agricole, così definite anche urbanisticamente, dovrebbero essere «non utilizzabili»? E si può pensare che aree agricole, urbanisticamente codificate come tali, possano, con un mero atto amministrativo di un qualsiasi funzionario di Palazzo, essere trasformate in ricettacolo di pale eoliche e pannelli fotovoltaici? Con questa fattispecie si introdurrebbe di fatto una fantasiosa e surreale "variante urbanistica automatica sulle aree non utilizzate", roba da regime sudamericano. Come dire che una casa, solo perché disabitata, può essere trasformata, con un colpo di prestigio, in una bisca clandestina, grazie ad un mero consulto di Palazzo.

Finti divieti propaganda

Un quadro normativo che, come detto, su numerosi passaggi, fa finta di confliggere esplicitamente con le disposizioni dello stesso Decreto Draghi, un po' come era stato fatto con l'inutile moratoria esplicitamente vietata dal provvedimento del banchiere di Bruxelles. In una parte del testo, al comma 4 dell'articolo 1, per esempio, è scritto: «È vietata la realizzazione di specifiche taglie e tipologie di impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee così come individuate dagli allegati A, B, C, D, ed E». Un divieto di fatto privo di un qualsiasi richiamo ad una potestà legislativa regionale cogente e puntuale, sia di natura statutaria che statale, e in palese contrasto con quanto stabilito dal Decreto Draghi, e avallato dalla Corte Costituzionale, in materia di «aree non idonee», esplicitamente «non vietate» all'insediamento di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Insomma, un "finto" divieto destinato a non varcare il Tirreno.

Altro tempo alle lobby

Insomma, anziché perseguire la strada maestra indicata dalla "Legge Pratobello 24", in applicazione delle norme costituzionali contenute nello Statuto, vedasi competenza primaria in materia di urbanistica, si è scelta ancora una volta la strada di una norma che rischia di provocare un ulteriore vuoto normativo gravissimo, utile solo a concedere altro tempo alla speculazione energetica in terra sarda. A questo, poi, si aggiunge il capitolo delle "deroghe", i regali alle lobby che dovrebbero passare attraverso Viale Trento e i municipi sardi, quelli eventualmente compiacenti.

(1.continua) 

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