La lettera è datata 24 agosto. Le lancette del protocollo elettronico della Regione segnano le 19.38. La spedizione è multipla. I destinatari sono i 377 Comuni della Sardegna. Il giorno è sabato, vigilia del Redentore. Lui, l'assessore regionale dell'Urbanistica, Francesco Spanedda, in quota Presidente della Regione, ci tiene a far sapere che alla vigilia della quarta Santa Domenica d'agosto sta lavorando.

E lo scrive pure: «Nonostante il periodo di chiusura per le ferie estive molti di noi hanno continuato a lavorare alla legge sulle aree idonee e non idonee». La comunicazione che ieri mattina i Sindaci sardi si sono trovati sulla scrivania, però, è molto più di una lettera burocratica. In sintesi l'esponente dell'esecutivo tenta un'operazione non facile: costringere i primi cittadini a lasciare le impronte digitali sull'individuazione delle «aree idonee e non idonee».

La confessione

Con la lettera che pubblichiamo la Regione è costretta ad ammettere due passaggi chiave sul piano legislativo, tutti contenuti nell'oggetto della missiva: «Definizione delle aree idonee ai sensi del d.lgs 199/2021 e del DM 236/2024». Con questi due riferimenti normativi vengono di fatto smontate due tesi sbandierate sino ad oggi come "salvifiche". La prima tesi che salta per aria è quella che avrebbe visto la Regione "libera" di decidere le aree idonee: non è così, ovviamente.

È lo stesso assessore che lo scrive: quelle aree devono essere individuate ai sensi del d.lgs119/2021, ovvero il Decreto Draghi. La seconda tesi che viene sconfessata è quella secondo la quale negli anni passati si sia perso tempo non indicando le «aree idonee». In realtà è la stessa lettera regionale a smentire quell'assunto: «L'amministrazione regionale, con il coinvolgimento degli enti locali, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del DM 236/2024, deve procedere all'individuazione delle aree non idonee nelle quali non sarà possibile installare impianti di energia proveniente da fonti rinnovabili».

Ovvero, per essere più chiari, è stata l'intesa sottoscritta dalla Regione a giugno scorso a far scattare quei 180 giorni, mettendo la Sardegna sotto la morsa di un'imposizione statale che sino a quel momento non era mai scattata. Nella lettera dell'assessore, inviata ai Comuni, la confusione, sostanziale e lessicale, regna sovrana: in tutto il testo, infatti, reiteratamente, si sostiene che il decreto ministeriale dia mandato alla Regione per «definire le aree non idonee ai sensi del DM 236/2024», quando, invece, quel provvedimento parla esplicitamente di «definizione delle aree idonee».

Nella "mail in serie", però, è contenuto un passaggio tanto ambiguo quanto equivoco: «Per definire le aree non idonee il DM 236/2024 ci impone la definizione di dettagli territoriali che solo le amministrazioni comunali sono in grado di fornire, soprattutto nei tempi imposti dal decreto ministeriale». In sostanza, senza mai dire quali sarebbero questi «dettagli territoriali», la Regione tenta un'operazione tutta protesa a far "timbrare il cartellino" della partecipazione ai Comuni, in modo tale da poter dichiarare di averli coinvolti, almeno formalmente, nel processo decisionale. Un elemento appare chiaro: la Regione è stata ben attenta a non definire una puntuale procedura di coinvolgimento dei primi cittadini e degli stessi Consigli Comunali nella definizione delle fantomatiche aree idonee.

Anzi, nella missiva apparentemente "ammiccante", con un "tu" confidenziale rivolto ai Sindaci, l'assessore preannuncia che l'operazione coinvolgimento non solo sarà un passaggio meramente "formale", ma non avrà nemmeno il tempo di una convocazione degna di questo nome. Scrive l'assessore: «Ci scusiamo per il poco preavviso con il quale riceverai l'invito ma, nell'interesse della tua comunità e dell'intero territorio regionale, ti chiediamo di fare uno sforzo per garantire la partecipazione». Insomma, si stanno decidendo le sorti del paesaggio e del futuro della Sardegna e la modalità saranno quelle di un "invito al bar".

Che le preannunciate "riunioni dell'ultimo momento" non avranno un programma chiaro lo si evince dal contenuto delle "venti righe" che il Palazzo regionale ha inviato ai Municipi. Le riunioni, scrive la regione, sono convocate «per fornire alle amministrazioni locali le informazioni necessarie a definire i dettagli delle aree e la loro qualificazione, a brevissimo riceverai l'invito a partecipare agli incontri territoriali che terremo in diversi comuni». Nel capoverso prima, però, erano i Comuni chiamati fornire «i dettagli territoriali», in quello successivo, invece, si scopre l'esatto contrario: è la Regione che si candida a fornire «le informazioni necessarie a definire i dettagli delle aree». È in questa fase, però, che potrebbe scatenarsi una vera e propria «operazione trasparenza» con i Comuni chiamati ad anticipare la Regione con propri atti deliberativi in cui dichiarino la disponibilità o meno di «aree idonee» nel proprio territorio comunale.

Il potere dei Comuni

Se fossero i Comuni ad indicare, per esempio, l'indisponibilità di aree idonee, si imporrebbe una regola certa rispetto ad un percorso regionale sinora indefinito, confuso e ambiguo, con il rischio di riunioni territoriali funzionali solo a registrare le presenze e rendere i Sindaci "corresponsabili" della definizione di «aree idonee».

La Regione da una parte sembra voler "incastrare" i Comuni nella definizione delle «aree idonee», dall'altra, però, vorrebbe che la partecipazione degli enti locali fosse solo un "proforma". È per questo motivo che la dichiarazione di «Comune No Aree Idonee» non sarebbe solo un atto politico, ma diverrebbe un deliberato fondato sul contenuto delle disposizioni regionali che hanno già certificato un dato emblematico: il 98.8 per cento del territorio regionale è «inidoneo» all'assalto eolico e fotovoltaico. Ora i Sindaci potrebbero trovarsi ad un bivio: avallare le scelte della Regione o dichiarare che nei loro comuni non esistono «aree idonee». I cittadini attendono.

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