Alessandra, 26 birre al giornoLa fuga dall'alcol si sconta vivendo
Al culmine della carriera, se così si può dire, è arrivata a farsi ventisei birre al giorno. Massimo consentito prima di crollare in overdose. di GIORGIO PISANOPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Quando ha cambiato genere lo ha fatto per ingurgitare soda caustica. Nonostante questo, nonostante tutto, Alessandra Mei, 36 anni, è una donna che resiste. Ogni tanto sfiora perfino la felicità. La storia della sua vita di alcolista.
«Quel giorno sono andata a nanna felice: avevo compiuto sei anni. A un tratto ho sentito qualcuno che si infilava tra le coperte. Era lui. Zitta che ti faccio le coccole, mi ha detto».
Alessandra Mei racconta d'aver subito abusi sessuali fino a quando, ormai adolescente, ha bussato alla caserma dei carabinieri. «Avevo la testa piena di cicatrici. Mi picchiavano con gli zoccoli, coi piatti, con quello che avevano a portata di mano».
Il processo che è seguito, va precisato per dovere di cronaca, non le ha dato ragione. Anzi: condannata per calunnia, assoluzione per l'uomo accusato di stupro. «Non m'importa che sia finita così. È solo una delle molte battaglie perse della mia vita». Dopo un'infanzia che definisce atroce, c'è la fuga, i collegi, alcol, soda caustica, vecchi laidi, disperazione senza meta sulle strade della Sardegna. «Ma non mi sono mai prostituita».
Come ha fatto a sopravvivere? Alessandra, Ale per gli amici, ha 36 anni disegnati su un viso scavato che gli occhiali smagriscono ancora di più regalandole un'ombra di eleganza. Abita in un borgo che si chiama Mitza Iusta, un pugno di case contadine alle spalle di Carbonia. Trovarla, tra gli stazzi di una campagna verdissima che brilla di pioggia, richiede l'aiuto di molti passanti: segua quella strada e poi chieda; dritto finché c'è asfalto e alla fine troverà un viottolo; lo vede quel gregge sulla collina? Ecco, Mitza Iusta sta proprio dietro .
È ospite di una vecchia alcolista che oggi, a vent'anni dall'ultimo bicchiere, va quotidianamente in tour tra i 200 utenti (come li chiama lei) che vivono in dieci paesi del circondario: marginali, malati di mente, schiavi della bottiglia. Per conto di una coop sociale che l'ha assunta dopo quindici anni di volontariato, gira su un furgone portandosi dietro qualche “paziente” che ha bisogno di assistenza-extra. Altri li tiene a casa, dove ci sono marito e tre figlie che le fanno da spalla. La fuga dall'alcol si sconta vivendo e Simonetta, 44 anni, ha appaltato la sua esistenza al prossimo. È un gigante, e nemmeno lo immagina.