Da che mondo è mondo la continuità territoriale, aerea o marittima, è sempre stata “spacciata” come un favore, una regalia per la Sardegna e per i sardi. I titoli altisonanti hanno sempre scandito a caratteri cubitali la parola magica: “sconti” sulle rotte sarde. La declinazione è stata martellante, tanto da farla diventare negli anni ossessiva: tariffe “scontate”, tariffe “agevolate”, persino di “vantaggio”. La realtà è, però, ben altra. La continuità territoriale, in base alle norme comunitarie, non è né vantaggio né sconto, ma è il rigoroso riconoscimento di pari condizioni tra cittadini e territori da collegare.

Diritti, non sconti

Non si tratta, dunque, di biglietti scontati, ma di biglietti con pari diritti e costi equi. È stata la cultura dominante delle compagnie aeree a far passare la continuità territoriale per la Sardegna come una gentile concessione, da elargire con il contagocce, come se fossimo ai saldi di fine stagione. Il nuovo bando della continuità territoriale, quello la cui partecipazione scade il prossimo 27 dicembre, è figlio di quella cultura che trasforma un diritto sacrosanto in una “regalia”. Questa volta è la stessa Regione Sarda che, anziché affermare il principio di tariffe “eque” e “giuste”, mette in campo una gara fondata su gravissime discriminazioni “razziali”, come quella dei “non residenti” in Sardegna costretti a pagare sino a dieci volte di più dei sardi “residenti”, con un danno incalcolabile per l’economia dell’Isola . Una continuità territoriale iniqua e speculativa, capace di elargire somme di denaro che qualsiasi attenta e puntuale inchiesta erariale farebbe restituire senza colpo ferire .

Prima le regalie

È, quello delle compensazioni, il tema più delicato di questa nuova continuità territoriale, il cui bando pubblicato il 25 ottobre scorso è analogo a quello vigente, capace di mettere la Sardegna e i trasporti aerei in perenne ginocchio. È la stessa tempistica della gara a ribaltare le priorità: entro il 27 dicembre le compagnie dovranno fare le loro offerte su come spartirsi una quarantina di milioni di euro in compensazioni ingiustificabili, solo dopo, entro il 31 gennaio , le stesse compagnie potranno candidarsi a svolgere lo stesso servizio senza compensazioni e senza esclusiva. È questa la priorità assoluta: dividere il denaro delle compensazioni, piuttosto che svolgere il servizio senza quei denari da regalare alle compagnie.

Profitto ragionevole

Lo dice la stessa norma comunitaria, l’articolo 16 del Regolamento 1008/2008, in maniera chiara e non interpretabile: il costo del biglietto deve essere parametrato rispetto al costo reale del servizio, più un «margine di profitto ragionevole». La sintesi della disposizione europea è eloquente: nelle tratte sottoposte ad «imposizione dell’onere del servizio pubblico» non si specula, non si guadagna a piene mani, ma si può ottenere solo un «margine di profitto ragionevole». Per fare chiarezza basterebbe vedere il calcolo dei costi del servizio, dal personale all’ammortamento degli aerei, dai carburanti alle assicurazioni, dalle manutenzioni all’handling. Sommando l’utile d’impresa “ragionevole” del 4,7% ci si rende conto che quelle compensazioni sono fuori luogo, una regalia sotto ogni punto di vista. Eppure, sistematicamente, Stato, Regione e il sistema di “protettorato” variegato delle compagnie aeree, continuano imperterriti a sostenere le compensazioni, ignorando che le stesse società più volte hanno accettato di svolgere il servizio senza riceverle. È su questo tema, quello del denaro elargito a piene mani, prima dallo Stato e ora dalla Regione, che la Commissione Europea ha più volte sottolineato il palese rischio di indebiti “aiuti di Stato”.

Tariffa unica costa meno

La tariffa unica, per “residenti” e “non residenti”, quella in vigore per quasi 9 anni, dal 2013 al 2021, costava per assurdo molto meno di quanto costa oggi una continuità territoriale limitata ai soli residenti. Basterebbe rispondere a questa evidenza per capire che il bando in vigore e quello già avviato costituiscono un “vulnus” serio e delicato sulla legittimità di questo percorso. A questo si aggiunge un elemento che non sarà sfuggito ad altre autorità, relativamente a quello che si potrebbe configurare come una vera e propria interruzione di pubblico servizio. Sia Ita che Volotea, infatti, avrebbero dovuto svolgere il servizio di continuità sino al 14 maggio del 2023.

Il vulnus «rescissione»

Di punto in bianco, e in simultanea, le due compagnie hanno comunicato una “rescissione” unilaterale di quell’affidamento di servizio pubblico. In qualsiasi pubblica amministrazione tale comportamento sarebbe stato pesantemente sanzionato. In questo caso, invece, solo silenzio. Il risultato di quella repentina rinuncia, però, è stato eloquente: la Regione con una “perversa” predilezione per il caos nei cieli non ha fatto altro che reiterare lo stesso bando che stava e sta provocando un disastro senza precedenti nel trasporto aereo. Il primo quesito su questa vicenda è conseguente: Volotea e Ita sono legittimate a partecipare ad una gara pubblica nonostante l’interruzione unilaterale di un servizio contrattualizzato sino a maggio 2023? Il dettaglio non è di poco conto, visto che stando alle conseguenze di quella interruzione la Regione ha avuto facile giustificazione nel ribandire la stessa gara, senza riscrivere una nuova continuità territoriale, questa volta seria, equa e non discriminatoria.

Zona grigia

Si tratta di una vera e propria zona grigia: la Regione, infatti, ha affidato la scrittura del bando, il primo e conseguentemente anche il secondo, in quanto analogo, ad uno studio legale che si è rivelato essere lo stesso che ha assunto le difese di Ita nello scontro con Volotea in sede di Tar Sardegna. Un conflitto d’interessi emerso clamorosamente in una delle udienze al Tribunale amministrativo di Cagliari, al quale, però, non risulta sia seguito alcun atto pubblico della Regione di segnalazione agli organi competenti, non foss’altro per la gravità, almeno amministrativa, del fatto. Uno studio legale lautamente pagato dalla Regione, 145 mila euro di parcella, per scrivere la continuità aerea dei sardi che poi, invece, si schiera in difesa degli interessi di una delle due compagnie aeree concorrenti. Il risultato di quel bando è davanti agli occhi di tutti: pochi voli, prezzi stratosferici, con la Regione costretta ad una continua umiliazione per elemosinare qualche posto in più per Natale e Capodanno. In sostanza una continuità territoriale fallimentare, senza mezze misure. Si è compreso, se ce ne fosse ancora bisogno, che, in assenza di un capitolato d’appalto stringente, le compagnie hanno un solo obiettivo: speculare sull’insularità della Sardegna.

Rompere le catene

C’è una sola strada per interrompere questa perenne sciagura: mettere in campo un deterrente immediato, senza perdere tempo: una soluzione “in house”, ovvero affidare ad una compagnia aerea totalmente pubblica, può essere quella delle Poste Italiane, il compito di superare la fase emergenziale, per non farsi mettere spalle al muro dai nuovi speculatori dei cieli sardi. Volere, in questo caso, è potere.

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