Il dossier doveva restare blindato nelle segrete stanze dell’industria dell’acqua, quella che dovrebbe erogare il prezioso liquido alla bellezza di 750 mila utenti sardi. Invece, alle copiose perdite nelle condotte che distribuiscono il ben di Dio in lungo e in largo per la Sardegna, si sommano smagliature pesanti sull’intelligence interna di Abbanoa. Il “papiro”, vergato di tutto punto dai responsabili dei settori “Gestione e recupero del credito”, “Billing”, “Complesso contabilità e bilancio” e “Procurement”, più che una “proposta gestionale in attesa di determina” è una “bomba” ad orologeria. Il contenuto non solo è esplosivo, ma rischia di travolgere gli assetti interni della Società. Diciassette pagine di “confessioni” e “sconfessioni”, numeri raccapriccianti su crediti da esigere e atti ingiuntivi da inviare ad un numero ciclopico di utenti, contenziosi tenuti nascosti e silenti che da soli basterebbero per mandare gambe all’aria chiunque. La sentenza della Corte d’Appello di Sassari sui conguagli pregressi 2005-2011 e quella dell’Autorità Garante con la multa record da 5 milioni di euro sono niente rispetto allo tsunami che potrebbe abbattersi sul colosso dell’acqua.

Allarme rosso

Che la situazione sia sulla soglia del tracollo lo si percepisce dalle prime righe della missiva predisposta per il consiglio di amministrazione: «Decisioni urgenti e non procrastinabili finalizzate alla prosecuzione del “servizio di recapito fatture e documenti del credito" e del "servizio a valle del recapito (rendicontazione esiti di postalizzazione documenti del credito)». Stiamo parlando della parte più delicata per una società che gestisce una montagna di utenti: la riscossione. Decisioni urgenti e non procrastinabili significa che sta mancando l’ossigeno e il paziente Abbanoa “se ne sta andando”. I dirigenti che hanno predisposto la relazione schema, che riproduciamo nella foto, non sono degli stalker, ma quando scrivono sono peggio di una mietitrebbia a pieno regime. Le note che inviano al consiglio di amministrazione sono una sventagliata di mail piuttosto che un “soppesato invito ad agire”. Gli scrivono il 16, il 21, il 23, marzo scorso, insistono il 5 e il 7 aprile, e ancora il 16 maggio e il 9 giugno. Il tenore è quello di chi vuole “travolgere” di responsabilità i consiglieri di amministrazione. I toni sono quelli di chi vuole essere sollevato da oneri che, secondo i dirigenti, sono, invece, tutti in capo ai rappresentanti legali della società. Sarà difficile per i consiglieri di amministrazione non intravvedere in quest’ultima nota una sorta di richiamo esplicito alle “mancanze” dei soggetti più alti in grado. Si ha l’idea che si tratti di un’evidente strategia legale tutta protesa a precostituire una sollevazione dalle responsabilità per i dirigenti, scaraventandole, però su altri. La formula adottata dai dirigenti che firmano l’atto di proposta, e di accusa, è racchiusa in poche righe: «Si è espressa l’indispensabile necessità di acquisire, con le formalità del caso, tutti gli atti, le decisioni, le disposizioni e indirizzi, le valutazioni ovvero le evidenze numeriche e programmatiche adottate o in adozione da parte del Consiglio di amministrazione». Non gli dicono espressamente che quegli atti dovevano adottarli e non lo hanno fatto, ma mettono nero su bianco la richiesta di riceverli formalmente.

Bomba postale

La “bomba” è innescata: «Il ricorso al mercato dei servizi di postalizzazione (bollette e atti del credito) ha dato esito negativo». In pratica Abbanoa è rimasta senza un soggetto in grado di inviare bollette e atti di ogni genere, da quelli ingiuntivi a quelli di messa in mora. Come dire che il cuore finanziario della società si sta fermando e non è stata ancora adottata una soluzione in grado di evitare lo schianto. Nel documento riservato in nostro possesso la frase utilizzata non lascia molti margini interpretativi: «Si individua una criticità contingente (il blocco del servizio di recapito) per risolvere la quale è necessario adottare urgenti e puntuali decisioni».

Corsa alle responsabilità

Nel tentativo dirigenziale di individuare responsabilità altrui si richiamano due elementi evidenti nella strategia difensiva e d’attacco. Il primo passaggio è esplicito contro i legali rappresentanti della società: «Il piano di ristrutturazione proposto per il 2020-2025 non è stato mai approvato dagli azionisti». Il secondo è più sottile, ma anch’esso esplicito nell’intento: «Ad oggi consta, salvo errore per ignoranza di accadimenti, non essere ancora disponibile la Convenzione aggiornata con gli atti di pianificazione e programmazione fondamentali tra cui Piano d'Ambito, l'annesso Piano Economico e Finanziario, i Regolamenti e lo stato atteso a fine concessione anche in termini di asset e patrimonio». Un attacco frontale all’Egas, il soggetto che sovraintende il rapporto pubblico con Abbanoa. Se questa è la partita aperta delle responsabilità, non si sfugge dai numeri impietosi della gestione finanziaria della società idrica, tutti messi nero su bianco nel documento riservato. Cifre da capogiro come quella dichiarata apertis verbis nella missiva che doveva restare segreta: «La dimensione del credito, circa 1.000 milioni di euro al lordo del fondo».

Un miliardo da riscuotere

In pratica Abbanoa avrebbe da riscuotere, secondo quanto dichiarano i dirigenti che firmano in calce la missiva, la bellezza di un miliardo di euro. Una cifra esorbitante che lascia comprendere la gravità della situazione gestionale della società. Un combinato disposto da concatenare con l’emergenza da codice rosso denunciata nel documento: Abbanoa rischia di non poter più inviare bollette, ingiunzioni e atti di messa in mora. Tutto questo con «l'impatto sulla complessiva tenuta del piano e della gestione, la complessità e peculiarità della esecuzione degli atti dovuti per la gestione del credito». Il rischio è quello del blocco totale di un intero sistema di riscossione. E nel testo lo scrivono senza tema di smentita: «Con l’intensificarsi delle azioni sul credito si genera un rilevantissimo impatto sulle strutture di gestione (call center, reclaim, contenzioso ecc.) potenzialmente in grado, per i numeri in campo, di paralizzare completamente le strutture operative». Una situazione direttamente connessa con due numeri riportati nella comunicazione interna: uno stock di crediti, al 31 marzo scorso, l’ultimo censito, di un miliardo di euro, e l’altro spaventoso dato che parla di “100 milioni” di euro di crediti da riscuotere da “azionisti” e pubblica amministrazione.

Azionisti & stecche

Il messaggio è chiaro: non è stato “possibile” far pagare nemmeno gli azionisti di Abbanoa. Per capire quello che sta per succedere, oltre a quanto è già accaduto, bisogna tenersi saldi per leggere la parte più cruenta della comunicazione: «Per esemplificare gli aspetti pratici e di impatto verso la “ordinaria” fase di postalizzazione potrebbe essere prevista la spedizione di 200 mila atti di costituzione in mora, ovvero di circa 100 mila ingiunzioni fiscali». Nel documento è scritto esplicitamente: «I valori indicati sono sottostimati». Per capire l’entità dei numeri basti un richiamo riportato nel dossier: «Con riferimento alle ingiunzioni fiscali, gli uffici giudiziari già in passato hanno potuto accettare la notifica di massimo 12 atti al giorno, in ragione del tempo necessario per ogni lavorazione». In pratica per esitarle tutte servirebbero “appena” 22 anni e qualche mese. La domanda potrebbe sorgere spontanea: ma sino ad oggi come è stato fatto per recapitare bollette, notifiche e quant’altro? Per capire sino in fondo il grado di confusione che emerge nella governance della società bisogna rimettere in fila tutti i contenziosi aperti da Abbanoa con le società che hanno operato nel ciclo attivo dell’anagrafica e della riscossione.

La guerra con Poste

Ci sono più cause pendenti e perse che soluzioni all’orizzonte. Abbanoa, infatti, è riuscita ad entrare in rotta di collisione con gran parte dei soggetti che hanno gestito bollette e ingiunzioni. Il contenzioso più rilevante è con Poste Italiane, il colosso di Stato. I dirigenti di Abbanoa, gli stessi che firmano la missiva segreta, gli hanno revocato l’incarico per “inadempimento”. La revoca alla numero uno del settore è datata sei febbraio 2019. Poste Italiane, che in Italia detiene il 94,6% del mercato, non ha perso tempo: causa contro Abbanoa davanti al Tribunale di Cagliari. È stata tentata anche una mediazione: fallita sotto ogni punto di vista. Abbanoa nel frattempo non si è persa d’animo e, a sua volta, ha denunciato Poste Italiane al Tribunale di Roma. Non gli è andata bene: il Giudice, con sentenza tenuta sotto traccia, ha rigettato la domanda della società idrica sarda e ha condannato Abbanoa a pagare persino le spese processuali. Non soddisfatti i legali dell’acqua sarda ci ritentano: sentenza impugnata, udienza fissata per il 12 settembre prossimo. Nel frattempo si susseguono gare deserte e nuovi contenziosi, compreso quello che aveva visto le bollette degli utenti recapitate e depositate in pizzerie e bar, panetterie e fiorai, tutti trasformati in succursali della “postalizzazione” di Abbanoa. Anche in quel caso, il 30 gennaio del 2020, era scattata la revoca del contratto e nuovo caos.

Poste & Poste

La proposta dei dirigenti, in viaggio verso il consiglio di amministrazione, conclude con una proposta: affidamento del servizio a Poste Italiane, proprio quella della guerra giudiziaria, in regime di “servizio universale” sino a capodanno. Peccato che qualche giorno fa l’Autorità Garante per la Concorrenza sia stata alquanto esplicita verso Abbanoa: niente favoritismi e discriminazioni negli affidamenti del servizio. Chiaro riferimento al vantaggio competitivo di Poste Italiane. La partita è esplosiva: 300 mila ingiunzioni fiscali e atti di messa in mora da inviare e un miliardo di euro di crediti da riscuotere. Abbanoa è con le bollette alla gola. E i postini, per adesso, compresi quelli di Stato, stanno alla larga. Il caos rischia di essere perfetto.

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