Ci salivano da ragazzini, in rientro dalla festa del Santo di Tuili. Per tutti in paese era “Sa Funtana”, la “collina bucata”. Storie e narrazioni, dietro quel mistero avvolto da mitologia e terra millenaria. Un promontorio brulicante, da Barumini a Las Plassas, da Villanofranca a Escolca. Marmilla, terra di spighe d’oro, grano integrale, profumi d’altri tempi. Qui, da millenni, la corografia terrestre è scolpita dal vento sinuoso, inerpicato tra altopiani e lunghe distese di campi arati.

Il «fosso» del Sardus Pater

Giovanni Lilliu, il Sardus Pater, il gigante dell’archeologia nuragica, i terreni di Oreste Sanna, li traguardava attraverso l’orizzonte. Raccontava all’Unione Sarda nel 1983: «Mi capitava di salire dal "fosso" del paese [...] al colle del nuraghe, arioso e battuto dal maestrale, e di fermarmi a guardarlo, fra lo stupore e il mistero». Quel rilievo artificiale di "Bruncu Su Nuraxi" ai suoi occhi non poteva che essere un grande nuraghe sepolto, forse un villaggio, il più antico dell’Isola. Quel pozzo in cima, meta di libagioni e canti giovanili, altro non era che la sommità più alta della “Reggia Nuragica di Barumini”. Uomini forti come minatori, ragazzi affascinati dalla scoperta che si svelava giorno dopo giorno ai loro occhi, buoi sottratti alle traccas di festa, tutti avvolti da quel mistero che si faceva sempre più magnificenza.

L’impresa

Erano gli anni ‘50, quelli che segnarono “un’impresa”, come la definì il grande maestro dell’archeologia sarda ringraziando i "fratelli di una grande avventura", gli operai che con lui riportarono alla luce il più grande dei monumenti dell’antica civiltà del Popolo Sardo. Storia, appunto. Nuragica e moderna, sino a ieri. Subito dopo, invece, giorni nefasti e vili, capaci di calpestare sull’altare degli affari più biechi la storia di un popolo, le sue radici più profonde, la sua identità scolpita nei millenni. Capita, quando si dileggiano il buon senso e il senso di responsabilità, quando le istituzioni si trasformano in tramogge indefesse, capaci di “schiacciare” monumenti di 3.500 anni di storia a favore di “mercenari” sbarcati in Sardegna a far soldi e vento.

L’Attila di Stato

Non sarebbe mai potuto e dovuto capitare, come sta invece capitando, che le sorti del più importante monumento della Civiltà Nuragica, la Reggia di Barumini, dovessero finire sulla scrivania di uno dei Palazzi più potenti, quello occupato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Assurdo, ma vero. Il protocollo del Ministero che fu dell’Ambiente, candidato all’Oscar di Attila moderno, registra da qualche ora un passaggio di consegne indelebile: «Procedimento in corso presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri». L’oggetto del progetto è devastante, non solo per Barumini e dintorni, ma per l’Isola intera: «Costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia da fonte eolica denominato "Luminu" costituito da 17 aerogeneratori, ciascuno di potenza nominale pari a 6,6 megawatt, per una potenza complessiva di 112,2 megawatt, da realizzarsi nei comuni di Barumini, Escolca, Gergei, Las Plassas, Villanovafranca». È il segno evidente che si è oltrepassato il limite della decenza istituzionale. Se un Ministero dello Stato italiano, quello dell’Ambiente, attraverso il braccio armato della Commissione di Valutazione Ambientale del Pnnr, decide di dare il via libera allo sfregio più grave mai perpetrato ai danni della Civiltà Nuragica significa che è caduta anche l’ultima esile barriera di difesa dei valori naturali e costituzionali che avrebbero dovuto rendere inviolabile un simbolo unico al mondo come la “Reggia di Barumini”, già Patrimonio dell’Unesco. Un “Dicastero Caterpillar”, quello in capo al Ministro Pichetto Fratin, che agisce indisturbato, ignorando i pareri pesantemente contrari del Ministero dei Beni Culturali che, senza mezzi termini, aveva descritto il progetto eolico come totalmente incompatibile con la Marmilla nuragica. Lo ha scritto in forma talmente esplicita che anche uno stolto lo avrebbe compreso: «Appare chiaro che la vicinanza dei 17 aerogeneratori di altezza pari a 200 m comporterebbe un irrimediabile impatto negativo su un paesaggio e su un patrimonio culturale di grande rilevanza per l’intera Isola, in quanto l’incombenza delle torri eoliche sopprimerebbe l’integrità e l’equilibrio paesaggistico ad oggi ancora esistente tra i beni culturali diffusi nell’agro, i piccoli abitati storici ed il territorio agricolo e naturale di riferimento». Il rendering, la simulazione dell'impatto, che riproduciamo in questa pagina, redatto dai progettisti dello sfregio alla “Reggia”, dimostra, senza appello, la devastazione dell’insieme territoriale inquadrato proprio dalla cima de “Su Nuraxi”. E la Soprintendenza Speciale del Pnrr lo scrive esplicitamente: «Come risulta dall’analisi delle intervisibilità e dalle relative distanze degli elementi dell’impianto dai siti archeologici e dai beni culturali architettonici, la presenza incombente degli aerogeneratori non lascerebbe scampo al permanere, ancora oggi immutato, della fruibilità paesaggistica dei sistemi insediativi storici e delle loro relazioni significanti con il paesaggio di riferimento, in considerazione di un territorio collinare e ad altopiano caratterizzato da numerosi punti panoramici dai quali si godono ampie vedute».

Voli pindarici

A nulla sono valsi i “voli pindarici sul niente” riportati nella controreplica della società proponente che cerca in ogni modo di difendere l’indifendibile: «...specifiche attività di ricognizione territoriale eseguite attraverso mirati sopralluoghi hanno evidenziato frequenti condizioni micro-locali (vegetazione e lievi variazioni nella quota del suolo) che di fatto impediscono la visione, diversamente da quanto indicato dalle analisi basate sull’intervisibilità teorica». In pratica, per non vedere le pale eoliche, secondo le acrobatiche elucubrazioni progettuali dei signori del vento, bisognerebbe nascondersi dietro arbusti e cespugli. Se, invece, si analizzino le carte che loro stessi hanno redatto ci si rende conto che dal nuraghe di Barumini, quei grattacieli da 70 piani d’altezza, li vedi, impunemente, tutti e diciassette.

Ora decide Meloni

Niente da fare, nemmeno i “disegnini”, espliciti per chiunque, hanno fatto desistere la Commissione, nonostante il parere contrario del Ministero della Cultura: «si esprime parere favorevole». Il verbale, però, deve obbligatoriamente prendere atto, del parere del “Dicastero archeologico”. Un passaggio che impone il verdetto decisivo in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri chiamata a dirimere il “conflitto” di pareri. Dovrà essere, dunque, Giorgia Meloni in persona a decidere da che parte stare, da quella della speculazione ad ogni costo o della tutela paesaggistica e archeologica. Il suo predecessore, Mario Draghi, quando ha dovuto decidere sulle pale intorno a Saccargia, con gli stessi pareri contrari e favorevoli, non ha avuto il benché minino dubbio: sempre dalla parte degli speculatori. Sulla decisione di Palazzo Chigi pesano i precedenti, ma non solo. Al progetto di Barumini si collegano decine di altre centrali eoliche, tutte presentate nello stesso areale. Bocciare il progetto della «Grv Wind Sardegna 6 S.r.l.», come sarebbe elementare e scontato, significherebbe prendere atto del fatto che la Sardegna è inviolabile. Le sorti della Reggia Nuragica ora sono nelle mani di Palazzo Chigi, a dispetto del Sardus Pater. Da sempre Giovanni Lilliu amava ripetere: «la Civiltà Nuragica appartiene al Popolo sardo, solo i sardi devono decidere come proteggere e valorizzare la loro storia». A Roma fanno orecchie da mercante, del vento e degli incentivi di Stato.

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