«Il modello di business di Burger King era rotto. Ma era come il sesso negli anni '50. Tutti lo sapevano, ma nessuno ne parlava». Greg Brenneman non è un uomo d’affari tradizionale, davanti alle crisi, sa come rompere gli indugi e cambiare rotta. Alla fine degli anni ‘90 era presidente e direttore operativo di Continental Airlines, una delle più grandi compagnie aeree americane, qualche anno dopo, con la fusione con United Airlines, lascia i cieli per approdare nella più terrena sfida dell’epoca, salvare da sicura catastrofe una delle più imponenti catene alimentari del mondo. Burger King è sull’orlo del tracollo, i mercati si sovrappongono con quelli della concorrenza più diretta. Non ci pensa due volte e pianifica lo sbarco nell’impossibile: la Cina.

La lezione di Burger King

Lui, presidente e amministratore delegato di Burger King, inaugurando il suo primo fast-food nella Cina continentale, nel cuore di Shanghai, uno degli 11.000 ristoranti in 65 paesi in tutto il mondo, commenta: «Sembra che un paio dei nostri concorrenti siano arrivati qui prima di noi, ma noi siamo qui per restarci». Per lui, da allora, «sbagliare è fondamentale, per evitare nel prosieguo di commettere lo stesso errore». Lo dice e lo ripete come un mantra, dagli Stati Uniti a Castrillón, nel Principato delle Asturie, nell’estrema Spagna sul versante oceanico. Qui, a novecento chilometri di distanza da Barcellona, ha la sede legale Volotea, la compagnia low cost che da ieri ha lo scettro della continuità territoriale da e per la Sardegna. Ha evitato di ripetere l’errore della carta d’identità mancante, per meglio sicurezza ha raddoppiato i ribassi e, alla fine, ha sbancato.

Carlos Muñoz e Lázaro Ros, fondatori della compagnia (L'Unione Sarda)
Carlos Muñoz e Lázaro Ros, fondatori della compagnia (L'Unione Sarda)
Carlos Muñoz e Lázaro Ros, fondatori della compagnia (L'Unione Sarda)

Spagnoli e americani

In molti la definiscono spagnola, in realtà il principale azionista è proprio lui, Greg Brenneman, il business-man americano ora a capo della CCMP Capital, una società di investimento di private equity, in pratica una banca d’affari con il compito di moltiplicare il valore delle azioni. Al suo fianco ci sono i professionisti degli investimenti, coloro che si sono separati dalla JP Morgan Partners, una delle più imponenti realtà finanziarie americane. E’ lui, l’uomo che ha governato una delle più importanti compagnie aeree al mondo e sfidato l’Oriente per vendere hamburger e patatine, che ha scommesso soldi e idee nel progetto di altri due visionari dei cieli: Carlos Muñoz e Lázaro Ros. Sono loro che, dopo aver creato e quotato in borsa la Vueling, hanno deciso di raccogliere gli “errori” di una vita nei cieli per far nascere la loro nuova sfida ad alta quota: Volotea. Prima sede a Barcellona, poi, dopo la rivoluzione indipendentista catalana, costretti a spostarsi a mille chilometri di distanza, passando dal fronte Mediterraneo a quello oceanico, pur di salvaguardare i rapporti con le regole aeronautiche europee. Dal numero 56 di Travessera de Gracia a Barcelona, ancora sede amministrativa, a quella legale posizionata nel Principato spagnolo delle Asturie, nell'aeroporto di Santiago del Monte. Sono Carlos Muñoz, amministratore delegato e Lázaro Ros, direttore generale a convincere del loro progetto il magnate americano. In realtà i tre si incontrano idealmente, con alle spalle errori ed esperienza: un mix decisivo.

Greg Brenneman, finanziatore Usa della low cost (L'Unione Sarda)
Greg Brenneman, finanziatore Usa della low cost (L'Unione Sarda)
Greg Brenneman, finanziatore Usa della low cost (L'Unione Sarda)

35 milioni di passeggeri

Amano rompere gli schemi, perseguono strade innovative e inesplorate, traguardano mercati impensabili. Il progetto della nuova compagnia, ardito e pieno di rischi, diventa dirompente, tanto che in meno di 8 anni la low cost iberico-americana arriva a movimentare la bellezza di 35 milioni di passeggeri. Un traguardo raggiunto con un approccio da retrovie, mai con uno scontro diretto con le principali concorrenti. La filosofia di Carlo Muñoz è musicale: «Al rock and roll preferiamo la musica classica, è molto più armoniosa». L’obiettivo è collegare periferie, piccoli centri, apparentemente defilati, ma poi straordinariamente competitivi. La sinfonia, però, cambia di colpo quando le ali dell’Airbus sorvolano l’Isola dei Nuraghi. Lo spartito messo in scena in Sardegna è un cambio di passo senza precedenti per una low cost. Da un guizzo d’estate alle quattro stagioni di Vivaldi. E Muñoz e Ros hanno deciso che, nella terra dei lentischi e del mirto, le vogliono suonare tutte e quattro, senza comprimari e concorrenti. Un azzardo tanto rischioso quanto ardito, per un cambio di strategia imponente per una compagnia che ha fatto del “basso costo” la sua regola fondamentale. Dietro l’assalto a quella che è stata la cassaforte sarda di Alitalia, però, non c’è improvvisazione. Se un calcolo sanno fare con precisione le compagnie low cost, è proprio quello dei costi. Tutta un’altra storia rispetto al carrozzone di Stato abituato a dilapidare risorse e miliardi, tanto pagava Roma e la Regione Sarda. Alitalia prima e Ita dopo hanno sempre partecipato alle gare per la continuità territoriale della Sardegna con la convinzione di poter fare il bello e il cattivo tempo, senza concorrenti. La convinzione per la compagnia di Stato è sempre stata quella di dettare le regole e i costi di quel servizio pubblico, foraggiato solo in funzione dei guadagni della compagnia di Roma. L’ultima imposizione, subita senza dignità dalle istituzioni regionali, è stata la cancellazione della tariffa unica, restata in vigore per nove mesi all’anno, per nove anni. Una “tariffa unica per residenti e non” che dava alla Sardegna il riconoscimento, non negoziabile, di Regione alla pari delle altre, italiane ed europee.

Tassa insulare

In pratica, ora, invece, ai cittadini non residenti, compresi i tantissimi emigrati, da sempre figli di Sardegna, sarà applicata una vera e propria “tassa insulare” per venire nell’Isola, facendogli pagare il triplo o il quadruplo rispetto alla tariffa residenti. Unico caso in Europa dove viene cancellato il diritto alla mobilità, introducendo una discriminazione che peserà come un macigno sull’economia dell’Isola. L’esito sarà uguale a quello della tassa introdotta nel 2006 sulle imbarcazioni: gli yacht finirono tutti in Corsica, con tanti ringraziamenti della Francia. Per Volotea, dunque, è stato un gioco sconfessare Alitalia e Ita, mettendo a nudo la stessa proposta della Regione Sarda che, evidentemente, non aveva fatto bene i calcoli del costo dell’ora volata, alla base del contributo pubblico.

Conti sbagliati

Se una compagnia low cost ha sbaragliato il campo con un ribasso prima del 20% e poi addirittura del 40%, raddoppiando il valore dello “sconto” iniziale, è lapalissiano che i conti erano sbagliati. E per parafrasare il crack dell’hamburger e il sesso negli anni ‘50: tutti sapevano dei soldi regalati ma nessuno ne parlava. Del resto non ci voleva un fisico nucleare per capire che i calcoli della stessa Regione erano proiettati alle stelle.Il pasticcio della gara sarda, con tutti gli eclatanti fallimenti, dei modi e dei tempi, e l’ignobile fine della continuità targata Alitalia, ha, però, aperto un fronte inedito, quello delle low cost nella gestione dei collegamenti “protetti” tra la Sardegna e il continente. Non è dato sapersi se la Regione avrà la capacità di riappropriarsi del diritto alla tariffa unica nella prossima definitiva gara, l’esempio di questi mesi non depone per il meglio, ma di certo, se Volotea ha potuto osare, potranno farlo anche altre compagnie low cost, aprendo scenari concorrenziali importanti per il futuro.

Regole da rispettare

Infine alcune avvertenze: Volotea dovrà garantire le condizioni contrattuali della continuità territoriale, che non sono quelle di una low cost. I prezzi non oscilleranno secondo le ore e i flussi della domanda e dell’offerta, i bagagli saranno consentiti come accadeva prima, non ci potranno essere né ritardi, né cancellazioni di voli. Siamo nel campo del servizio pubblico e non potranno essere consentite deficienze. Per la low cost spagnolo-americana è una scommessa rilevante, sprecare questa opportunità sarebbe nefasto.

Quattro stagioni

Ultima annotazione: gli aerei in dotazione alla compagnia sono dello stesso modello di quelli di Alitalia, forse più giovani d’età, tutti Airbus 319/320. Aerei utilizzati poco o niente d’inverno e d’autunno, proprio per la vecchia strategia stagionale della compagnia. Ora per Volotea le stagioni saranno quattro. Si cambia musica, sperando che si rispetti lo spartito del diritto inviolabile della Sardegna ad un servizio efficiente e di qualità, alla pari degli altri cittadini italiani ed europei, senza discriminazioni.

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