La lobby dell’energia ha fretta, come non mai. L’obiettivo è celato con grandi titoli e marketing altisonante. Le alte sfere elettriche del Paese Italia hanno già deciso, come spesso capita sulla testa della martoriata terra sarda. Nell’Isola dei Nuraghi tutto tace, nonostante la tavola sia apparecchiata con tanto di miliardi sonanti tutti rivolti al grande scippo del vento e sole di Sardegna.

Gara europea – La Gazzetta ufficiale di Bruxelles non è il Corriere dei piccoli. I codici di accesso sono riservati ai pochi addetti ai lavori che si occupano di appalti miliardari. Bando di gara – servizi di pubblica utilità, recita l’avviso europeo. Non si capisce di chi sia la pubblica utilità ma di certo l’annuncio è di quelli che lasciano il segno. Terna, il braccio armato dello Stato per le infrastrutture elettriche, dai mega tralicci ai grandi cavi di connessione, ha lanciato, nel silenzio generale, una gara che rischia di cambiare per sempre le sorti energetiche ed economiche della Sardegna. Un mega “guinzaglio” energetico con il quale l’Isola diventerà sempre di più colonia elettrica e servitù di Stato per la produzione di energia rinnovabile.

Odissea energetica – Il nome è ad effetto, come un prosieguo di “Odissea nello spazio”: Tyrrhenian Link. Il fascino del marketing fantascientifico, per tentare di mitigare la realtà di un progetto con costi da mille e una notte, ha un obiettivo sintetizzato nell’oggetto della gara d’appalto appena pubblicata: realizzazione dell’interconnessione elettrica tra la Sardegna e la Sicilia, la Sicilia e la Campania. In sostanza il progetto prevede la realizzazione di due giganteschi cavi elettrici sottomarini, bipolari, da mille megawatt ciascuno, per collegare le due isole maggiori e la Campania, in pratica il resto del Continente. La gara pubblicata sul bollettino europeo delle grandi competizioni infrastrutturali divide l’intervento in parti uguali, con un millimetrico riparto: 415 milioni di euro per il tratto sardo-siculo e altrettanti per quello siculo-campano. L’ammontare complessivo del valore di gara è di 830 milioni di euro. Uno stanziamento che non ha precedenti nella storia delle infrastrutture elettriche in Sardegna. Previsione di spesa ciclopica per un investimento la cui ricaduta, sotto l’aspetto economico e occupazionale, in terra sarda è praticamente nulla, o quasi.

Isola al guinzaglio – L’operazione è tutta giocata sui tavoli delle maggiori lobby del settore elettrico del Paese e nessuno si azzarda a metterla in discussione. Eppure, in questo piano da “Sardegna al guinzaglio”, si celano piani e strategie che rischiano di segnare definitivamente il tracollo energetico dell’Isola. Dopo avergli negato il metanodotto, la dorsale e persino una strategia da “Recovery green” degna di questo nome, la Sardegna si appresta a subire un piano di colonizzazione energetica che non ha eguali nella storia.

Incanto per allocchi – Il cavo miliardario avrà, infatti, due funzioni: una dichiarata e una occultata. Quella dichiarata è utile per incantare gli allocchi: il cavo servirà per dare sicurezza elettrica alla Sardegna, ovvero trasferirà nell’Isola l’energia necessaria per prevenire eventuali carenze elettriche o possibili black out. Peccato che la stessa Terna aveva messo nero su bianco che la Sardegna sarebbe stata al sicuro già con il cavo di connessione Sapei (Sardegna – Penisola Italiana). Comunicazione ufficiale, senza appello, trasmessa formalmente dal governo italiano alla Commissione europea nell’ambito del contenzioso sugli aiuti di Stato per Alcoa e Portovesme srl.

Le lobby dei cavi – Di punto in bianco, però, con un piano scellerato, le lobby energetiche italiane, con la complicità di svariati governi, negli ultimi 5 anni, hanno pianificato di chiudere senza appello le due maggiori centrali elettriche della Sardegna, quella di Portovesme e quella di Porto Torres. Il taglio netto è di oltre 1.000 megawatt di potenza, come dimezzare il potenziale elettrico dell’Isola con un click sull’interruttore. Il cerchio è chiuso.

Chiudere le centrali – La strategia elettrica dello Stato è chiara: togliamo alla Sardegna le due centrali a carbone, senza pianificarne, come sarebbe stato elementare, la riconversione a metano, e facciamo dipendere l’Isola da un altro cavo, quello con la Sicilia, o peggio, facendogli venir meno un quantitativo energetico fondamentale per qualsiasi tipo di sviluppo economico. In pratica un assetto energetico da sottosviluppo, visto che una regione insulare senza energia autonoma e indipendente non può avere grandi pretese di crescita e di investimenti. La funzione del cavo di soccorso per l’Isola è quella dichiarata, poi, però, c’è quella occultata.

Sardegna servitù – In realtà il sistema nazionale sta realizzando un’operazione che mira a trasformare la Sardegna in un’immensa servitù per la produzione di energia rinnovabile. In pratica una selva infinita di pale eoliche e una distesa di pannelli fotovoltaici, tutti nelle mani delle grandi multinazionali che preleveranno dalle casse dello Stato, attraverso il vento e il sole di Sardegna, miliardi e miliardi di incentivi pubblici. Tutta energia che verrà di fatto scippata all’Isola per essere trasferita direttamente in Sicilia, senza colpo ferire.

I dati inconfessabili – In questo piano di “scippo di sole e vento” Terna si basa su un dato inconfessabile, scritto nel retrobottega del piano nazionale di energia rinnovabile: attualmente l’Isola produce 1.050 megawatt di energia eolica, entro il 2030, tra nove anni, si prevede un’installazione doppia di pale eoliche per arrivare a 2.100 megawatt di potenza, sul versante solare, invece, la produzione attuale è di 870 megawatt ma si punta entro il 2030 a 2.200 megawatt, molto più del doppio.

Invasione eolica – Cosa se ne farà la Sardegna di tutta questa imponente produzione di energia rinnovabile? Non essendo energia accumulabile quella del vento e del sole, se non trasformata, per esempio in idrogeno, deve essere esportata e immessa in un circuito nazionale. Ed è esattamente questo il piano, non dichiarato esplicitamente ma riscontrabile nel dettaglio dei documenti ufficiali. In pratica il progetto sul quale tutti si stanno concentrando è proprio quello di invadere la Sardegna con pale eoliche, a terra e in mare, ed esportare questa energia attraverso il cavo Sardegna-Sicilia-Campania.

Il silenzio sardo – Nella terra del vento nessuno si oppone al grande scippo. L’unica raccomandazione sarda è venuta nel corso del vertice con la Regione per la presentazione del piano: il progetto di Terna non deve deturpare il paesaggio, dimenticandosi che il cavo è sottomarino. Un piano che incide, però, in modo devastante sul piano energetico e, quindi, economico della Sardegna, senza che ad oggi esista un solo atto amministrativo che approvi o respinga questa ennesima imposizione – scippo di Stato. Di certo un silenzio che lascerà un segno indelebile nella responsabilità del governo dell’Isola.

Idrogeno siculo – Per il resto a pianificare la scorpacciata del vento e del sole di Sardegna è prima tra tutti la Sicilia. Non è un segreto che la regione siciliana ha predisposto una “Hydrogen strategy”, un grande piano per trasformare le rinnovabili in idrogeno consentendo una trasformazione “verde” dell’industria, senza modificare logistica e filiera. In sintesi, la Sardegna non avrà più nessuna autonomia energetica, il sole e il vento dell’Isola finiranno in Sicilia per produrre idrogeno e far marciare le industrie e l’economia siciliane, e non solo. Nella terra dei Nuraghi si potranno solo “ammirare” le pale che girano.

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