Il sistema pensionistico italiano, dove vivono attualmente 60 milioni di abitanti, "non si può reggere nel lungo periodo con 23 milioni di persone che lavorano".

L’allarme arriva il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, che in un intervento a Radio 24 si è detto preoccupato per il futuro dell’ente, visti i problemi strutturali del nostro Paese: l'alto tasso di inattività, il lavoro nero e la disoccupazione soprattutto al Sud.

Se è vero che – come certifica l’Istat – è tornato a salire il numero degli occupati (nel terzo trimestre 2021 +500mila rispetto allo stesso periodo del 2020), la ripresa risulta "trainata principalmente dal lavoro a termine", ha spiegato.

Accanto al fenomeno del precariato, "notiamo una forte crescita delle entrate contributive, c'è una tendenza positiva, il 7% in più, ma restano fragilità come il tasso di inattività che è molto alto. In Italia mancano circa 10 milioni di lavoratori tra inattivi, scoraggiati, donne e giovani, che non lavorano. Se li avessimo avremmo una sostenibilità del sistema pensionistico diverso. Queste persone mancano soprattutto nel Sud ma c'è un tasso di lavoro nero che sfugge sia al Nord sia al Sud e anche questo è un fattore di fragilità del sistema", ha aggiunto il presidente dell’Inps.

Tridico ha inoltre preso posizione sul salario minimo: "È evidente che ci vuole. Tutta la comunità scientifica, giuristi ed economisti, concorda sul fatto che il binomio contrattazione sindacale e salario minimo sia possibile, l'uno non esclude l'altro. Un salario di nove euro non avrebbe caratteristiche di spiazzare il mercato né di creare disoccupazione".

Ha infine accennato alla questione del reddito di cittadinanza, sotto attacco da una parte della maggioranza di governo, e in particolare da Lega e Italia Viva: "Ha contribuito a contrastare la povertà in modo efficace durante la pandemia, e questo è un dato oggettivo. Dopodiché andrebbe rafforzato il dato delle politiche attive", ha concluso Tridico.

(Unioneonline/F)

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