Il protocollo dei ricorsi al Tar Lazio ha già un numero: 8998. La data di accesso al server del Tribunale Amministrativo della Capitale è quella del 27 luglio 2022, tre giorni prima della scadenza dei termini per impugnare il “decreto colonia”, quello che il Governo Draghi ha pubblicato sessanta giorni fa nella Gazzetta Ufficiale. Un provvedimento “manu militari”, che di fatto ha commissariato la Regione, per scaraventare e conficcare in Sardegna pale e pannelli ovunque, distribuendo a destra e a manca una valanga di incentivi miliardari per produrre energia per non meno di 15 milioni di utenti.

Golpe energetico

Un’operazione da “golpe energetico”, tutta costruita nelle segrete stanze del potere romano, finanziario e politico, rigorosamente a braccetto con le invasive lobby del vento e del sole. Draghi, con i ministri della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, allo Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, e Enrico Giovannini, alle Infrastrutture, ha fatto di più. Non solo ha firmato un decreto per “invadere” la Sardegna, si veda il piano dei 47 progetti scoperti dall’inchiesta dell’Unione Sarda, ma ha messo nero su bianco l’esatto contrario del principio insulare: i Sardi, in base a quel decreto, dovranno pagare l’energia molto più cara del resto d’Italia, proprio perché, essendo un’Isola, non avranno il metano e quello che arriverà con le bettoline servirà solo per alimentare una minima parte del territorio regionale. In quel decreto c’è anche scritto che coloro che ne usufruiranno nell’area prossima alla bettolina lo pagheranno in base ad una tariffa nazionale, tutti gli altri sardi, invece, molto di più. Non soltanto una discriminazione verso la Sardegna, ma anche tra sardi.

Sardegna al guinzaglio

Da una parte, in tutta Italia, si pianifica un’indipendenza energetica, nell’Isola dei Nuraghi, invece, accade l’esatto contrario. In questa faccia della terra, secondo il decreto impugnato, non si produrrà più energia: nel 2025, infatti, verranno chiuse le centrali di Porto Torres e Portovesme. In Sardegna si resterà attaccati ad un “cavo guinzaglio”, il Tyrrhenian Link, che il Governo, con quel provvedimento commissariale, vuole realizzare per “schiavizzare” ancora di più sul piano energetico l’Isola, collegandola con la Sicilia e la Campania, trasferendo nel Continente tutta l’energia eolica e solare. Uno scippo senza appello. Un po’ troppo per subire le “attenzioni” speculative su eolico ed energia e patire le “distrazioni” cogenti su diritti e pari condizioni. Una discriminazione energetica che si ripercuote senza colpo ferire sull’economia dell’Isola, facendo venir meno uno dei fattori produttivi strategici di qualsiasi economia: l’energia. Un decreto interministeriale, quello del Governo Draghi, approvato senza alcun coinvolgimento della Regione e in dispregio alle più elementari regole della “leale collaborazione”, sancite dalla stessa Costituzione, tanto invocata quanto ignorata. La Regione Sarda ha deciso di reagire. E lo fa nell’unico modo incisivo possibile, quello di impugnare quell’atto del governo. Una decisione rilevante e di peso visto che l’Avvocatura regionale ha schierato le punte avanzate della difesa regionale per smontare pezzo per pezzo quell’atto del Governo.

Pacche & sorrisi

Il Governo, con il Ministro Cingolani, soprattutto, ha cercato sistematicamente di elargire alla Regione qualche pacca sulle spalle, sorrisi ridondanti, spacciando gli ammiccamenti come una trattativa serrata sul merito del provvedimento. In realtà, nei testi elaborati prima dell’adozione dell’atto finale, la Regione non solo non compariva nella fase decisionale, ma, poi, è stata eliminata esclusa anche nella “patetica” espressione “sentita la Regione”. Il provvedimento era un evidente schiaffo all’istituzione autonomistica, ancor prima che alla Giunta regionale guidata da Christian Solinas. È per questo motivo che la neonata Avvocatura Regionale, secondo i crismi di legge, ha deciso, su mandato del Presidente della Regione, di dare fuoco alle polveri e impugnare senza remore di sorta l’atto del governo.

Fascicolo blindato

Il fascicolo depositato al Tar del Lazio, quello dedicato agli affari di Stato e di Governo, è ancora blindato, ma l’oggetto del ricorso non lascia adito a dubbi: «Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29.03.2022: individuazione delle opere e delle infrastrutture necessarie al phase out dell'utilizzo del carbone in Sardegna e alla decarbonizzazione dei settori industriali dell'Isola». La Regione non vuole perdere altro tempo e incardina il ricorso nella procedura del “Rito Abbreviato” previsto dal Codice di Procedura Amministrativa relativo a determinate materie.

Rito abbreviato

E non è un caso che nel percorso giudiziario individuato dall’Avvocatura Regionale queste disposizioni procedurali «si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative alle attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia» e «alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione in materia di impianti di generazione di energia elettrica, comprese quelle concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 megawatt nonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti». In questa partita rientrano anche le questioni relative ai «gasdotti, gli elettrodotti, gli oleodotti e le reti di trasporto di fluidi termici, nonché rispetto agli atti riferiti a tali infrastrutture inerenti alla valutazione ambientale strategica, alla verifica di assoggettabilità e alla valutazione di impatto ambientale e a tutti i provvedimenti, di competenza statale o regionale, nonché agli atti che definiscono l’intesa Stato-Regione». In pratica tutto l’oggetto del contendere dello scontro tra Stato e Regione.

Resa dei conti

In questa partita c’è fretta di arrivare alla resa dei conti su di un tema dirimente per il futuro dell’Isola. È fin troppo evidente: senza energia e con la devastazione ambientale e paesaggistica non ci potrà essere sviluppo. Per questo motivo il percorso giudiziario individuato prevede che «tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati». Il confronto-scontro nelle aule giudiziarie è, dunque, solo agli inizi, ma segna un passaggio rilevante nel rapporto tra Stato e Regione Sarda: impugnare un decreto di questa portata significa non accettare e subire la logica delle pacche sulle spalle. Si traduce in una vera e propria guerra istituzionale dalla quale può riemergere la dignità istituzionale dell’istituto autonomistico della Sardegna conquistando rispetto e attenzione nei Palazzi di Roma.

Il “vulnus” costituzionale

Il testo del ricorso della Regione è ancora blindato nei canali processuali in attesa della costituzione del Governo o dei singoli ministeri, di certo il “vulnus” sollevato da Viale Trento è amministrativo ma anche e forse soprattutto costituzionale. Sono almeno tre questioni principali sollevate dall’Avvocatura Regionale: la mancata leale collaborazione con lo Stato nella definizione del Decreto “Energia Sardegna”, la palese violazione della competenza “concorrente” tra Stato e Regione in materia di “Energia” e, infine, la “Tutela del Paesaggio”, compresa la “panoramica”, di competenza esclusiva della Regione. A questo si aggiunge un tema ancora più rilevante sul piano costituzionale, la coesione e il riequilibrio. Con il decreto appena impugnato dalla Regione, lo Stato ha di fatto deciso non solo di lasciare indietro la Sardegna, ma di farla arretrare ancora di più confermando e incrementando le discriminazioni economiche e sociali, a partire dal trattamento tariffario energetico, oltre agli evidenti e non colmati gap infrastrutturali legati all’energia.

Dimenticata l’Intesa forte

Ora il Tar Lazio è chiamato a valutare un ricorso campale della Regione Sardegna contro il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ben sapendo che si tratta di materie da una parte “concorrenti”, a cavallo tra competenze di Regione e Stato, e dall’altra di primaria ed esclusiva pertinenza della Regione. È stata la Corte Costituzionale guidata da Giuliano Amato ad affermare ripetutamente che, laddove ci sia una materia concorrente, Stato e Regione devono obbligatoriamente “copianificare”, ovvero siglare un’Intesa forte e vincolante per entrambi i soggetti. Nel caso del “decreto Energia”, adottato esclusivamente per la Sardegna, lo Stato non solo non ha trovato nessuna intesa, ma ha ignorato totalmente la Regione. Il secondo elemento su cui viale Trento punta per respingere l’assalto eolico è il dispositivo energetico del decreto. La Sardegna, infatti, viene discriminata in modo sistematico. Nell’atto del Governo l’Isola non avrà diritto ad un prezzo unitario nazionale del gas, non avrà un’equa distribuzione energetica su tutto il territorio regionale, verrà utilizzata come “colonia delle rinnovabili” quando uno dei principi cardini europei è proprio quello della “prossimità energetica”, ovvero il vento e il sole si devono “utilizzare e consumare” dove sono disponibili.

Paesaggio Sardo

Nella contesa costituzionale rientra certamente anche il tema del “Paesaggio”. Era stato il secondo e ultimo grado giudiziario amministrativo, il Consiglio di Stato, a scriverlo senza appello: «La Regione Autonoma della Sardegna, in base al proprio Statuto, ha competenza legislativa primaria nel disciplinare gli aspetti paesistico-ambientali del proprio territorio, in ciò differenziandosi dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita, ben potendo, quindi, la suddetta Regione individuare, con maggiore autonomia rispetto alle Regioni ordinarie, le aree non idonee all'insediamento di impianti eolici considerato che la puntuale applicazione delle linee guida statali, nei confronti della Regione Autonoma della Sardegna, incontra il limite di competenza inerente ai profili di tutela del paesaggio».

Mattarella & l’invasione

Nel ricorso della Regione, all’attenzione dei giudici amministrativi, non mancherà di certo il richiamo ad un passaggio chiave di una sentenza firmata Sergio Mattarella, giudice Costituzionale prima di diventare Capo dello Stato, nella quale emergeva un concetto imprescindibile: «Evitare che una installazione massiva degli impianti (eolici) possa vanificare gli altri valori coinvolti, tutti afferenti la tutela, soprattutto paesaggistica, del territorio».

Il dado è tratto

Il ricorso è presentato. Il Tar può decidere di annullare quel decreto o rimettere le carte alla Corte Costituzionale con la richiesta di un giudizio "incidentale”. Non un passaggio di poco conto: in ballo ci sono competenze, discriminazioni evidenti e persino la mancata leale collaborazione. Di certo il ricorso regionale costituisce un primo vero argine alla deriva energetico-coloniale dello Stato in terra sarda. Il dado, ora, è tratto: la Regione ha deciso, finalmente, di difendersi dall’invasione eolica e dalla speculazione energetica. Lo scontro si annuncia titanico: da una parte lo Stato con le lobby del vento e del sole e dall’altra la Regione schierata in difesa del paesaggio e del futuro dell’Isola dei Nuraghi.

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