Indirizzo sbagliato. Destinatario fuori dallo Stato italiano. Per impianti eolici offshore al largo del mare della Sardegna, fronte occidentale, da Carloforte a Sant’Antioco, costeggiando il Sulcis, rivolgersi alla Torre A, Val d'Hydra, ad Algeri, sede del più potente dei ministeri d’Algeria, quello della “Transition Energétique et des Energies Renouvelables”. L’assalto eolico al mare cobalto davanti alle coste del Pan di Zucchero, passando per le Tonnare di Portoscuso, sino alle rotte del tonno rosso dell’Isola di San Pietro, diventa un vero e proprio “caso” internazionale. Se da una parte l’Eni e lo Stato di Roma hanno lasciato correre l’occupazione algerina delle acque internazionali a largo della Sardegna, con l’istituzione di una Zona Economica Esclusiva, proprio al confine delle acque territoriali italiane, dall’altra lo scontro rischia di innescarsi senza precedenti sul fronte dell’eolico offshore.

Confini contesi

Oggetto del contendere non il gas o il petrolio, stimati in grande quantità nel sottosuolo marino, ma il posizionamento delle pale eoliche in mare aperto. Nel dietro le quinte emergono due linee di pensiero, una legata agli interessi economici dell’Eni che suggerisce, e in qualche caso impone, il lascia passare agli affari con l’Algeria e dall’altra quella del Ministero della Difesa che non perde occasione, con dispacci e cablogrammi riservati, per far notare che l’Algeria, quella filo russa, si è presa il mare davanti al Bel Paese. Quello che si sta consumando nel silenzio più assoluto è un vero e proprio intrigo internazionale. Uno scenario tutt’altro che surreale, proprio perché esistono già carte interne ai Ministeri italiani che lasciano trasparire che il “caso Algeria” potrebbe presto trasformarsi in un vero e proprio scontro a viso aperto tra i due Stati rivieraschi. Le carte di cui siamo entrati in possesso vanno ben oltre le suggestioni di uno Stato, quello d’Algeri, che con un colpo di mano, a marzo del 2018, ha imposto nel cuore del Mediterraneo una Zona Economica Esclusiva in grado di scippare all’Italia gran parte delle acque internazionali davanti alle coste sud occidentali della Sardegna. Draghi, Presidente del Consiglio, Di Maio, Ministro degli Esteri e persino Cingolani, a capo della Transizione Ecologica, pensavano di poter continuare a far finta di niente, pur di non disturbare gli affari dell’Eni con la Sonatrach, la società di Stato algerina che si occupa di petrolio e gas. E, invece, di punto in bianco, i vertici del Governo di Roma si ritrovano sul tavolo un dossier scottante che volevano accantonare, prima di tutto per non “irritare” gli algerini, cooptati dall’Eni alla causa del gas italiano. In ballo, infatti, ci sono i primi gravissimi effetti di quella Zona Economica Esclusiva imposta dall’Algeria, con un decreto del Presidente della Repubblica, e notificata, come prevede la norma di diritto internazionale sul mare, direttamente all’Onu. Nonostante i Palazzi della Capitale d’Italia abbiano continuato a sostenere che quella “occupazione” non fosse valida, gli effetti, quelli concreti, non solo vigono ma compaiono in tutta la loro evidenza in documenti ufficiali italiani che pubblichiamo. È il 21 febbraio del 2022, sono le 12 e 38 quando il Capitano di Vascello Mario Valente, Comandante della Capitaneria di Porto di Cagliari, con tanto di timbro del Ministero della Difesa, scrive al Ministero delle Infrastrutture, Direzione generale per la vigilanza sulle Autorità di Sistema e il trasporto marittimo.

Missiva riservata

La missiva è riservata. Non compare nel dossier dei progetti offshore delle società eoliche che si sono candidate ad invadere, da Porto Flavia a Villasimius, rotte di ogni genere, da quelle dedicate alla pesca a quelle della navigazione, dalle petroliere al traffico commerciale. Uno slalom di pale d’alto mare senza precedenti, che non si registra, per invasività e imponenza, in nessun’altra parte d’Europa. Quello che lascia Piazza Deffenu, nella darsena militare del Molo Ichnusa, sede del Comando della Capitaneria di Porto di Cagliari, è un protocollo riservato agli scambi epistolari tra uffici dello Stato che si confrontano su quello che appare, a chiunque abbia un minimo di obiettività, come un vero e proprio assalto al mare che avvolge la Sardegna. Il contenuto è blindato. Nell’oggetto c’è la risposta al “dispaccio” del Ministero di Enrico Giovannini, l’uomo di Draghi cooptato dalla statistica alle infrastrutture, con il quale si chiedono notizie di una pratica specifica, quella della Repower Renewable, la società con sede fiscale nella laguna di Venezia, candidata a realizzare un gigantesco parco eolico proprio davanti alla “sparatoria” di Teulada. In pratica pale eoliche da quasi trecento metri d’altezza piantate proprio davanti alla penisola Delta, quella interdetta e radioattiva, dove da sempre si bombarda, con missili e colpi di mortaio, da terra, dal cielo e soprattutto da mare. Il cuore della risposta del Capitano di Vascello è nel dispositivo finale della comunicazione scritta con il tatto dell’uomo di Stato, ma con la fermezza di chi non può negare l’evidenza.

Corre l’obbligo

E, infatti, la formula adottata per rispondere al superiore è deferente ma non omissiva: «Corre l’obbligo di evidenziare, tuttavia, che, con diversi dispacci, codesto Ministero ha delegato la scrivente Capitaneria di Porto ad effettuare un vaglio preliminare di ulteriori istanze di concessione demaniale marittima aventi ad oggetto la realizzazione di altrettanti impianti eolici offshore di cui si allega una rappresentazione grafica di insieme». Come dire non chiedetemi di valutare un impianto alla volta, ma di verificare l’insieme delle richieste di concessione a mare. Insomma, da esaminare c’è l’assalto e non un singolo progetto.

Rischio Far West

E lo scrive esplicitamente, chiedendo ai palazzi di Roma di guardare la cartina per comprendere lo scempio che si sta consumando a ridosso delle coste dell’Isola di Sardegna: «Per gli esclusivi aspetti di competenza,- scrive il Comandante - sotto il profilo di sicurezza della navigazione marittima, salvaguardia della vita umana in mare e di polizia marittima, pur se non direttamente interferenti tra di loro, la rappresentazione grafica d’insieme dei sei progetti evidenzia, a parere dello scrivente, la necessità di una pianificazione preliminare delle aree da destinare all’ubicazione degli impianti eolici, dal momento che la loro coesistenza potrebbe in futuro interferire con i traffici e l’attività di pesca». Insomma, dice il Comando del mare del Sud Sardegna, bisogna fermare il Far West degli impianti eolici. È lo Stato, semmai, che deve pianificare le aree a mare da destinare agli impianti eolici offshore. E in base a quelle aree individuate, proporre una trasparente competizione, in termini di royalties e vantaggi, dal rispetto ambientale al costo finale di quell’energia. È l’ultima riga del documento esclusivo che pubblichiamo, però, ad aprire ufficialmente il caso internazionale sulle coste della Sardegna. Il Comandante è uomo che conosce il diritto internazionale del mare e sa perfettamente ciò che è successo nel palazzo di vetro delle Nazioni Unite. Con una formula esplicita dopo aver segnalato che «la coesistenza di quegli impianti eolici offshore potrebbe in futuro interferire con i traffici e l’attività di pesca» aggiunge un’affermazione che suona come un vero e proprio allarme internazionale: «nonché avere interazioni con lo spazio marittimo di altri Stati». A cosa si riferisce il Capitano di Vascello? Con quali altri Stati i parchi eolici davanti a Carloforte potrebbero avere interazioni? Cosa intende per spazio marittimo di altri Stati? Lui lo sa benissimo cosa intende. Non lo dice espressamente perché spera che altri capiscano. In realtà sta affermando che in base al diritto internazionale, come denunciano ammiragli italiani di grande esperienza, in quelle acque, oltre quelle territoriali italiane che lambiscono le coste sarde, c’è la sovranità algerina, visto che nessuno l’ha contrastata e messa realmente in discussione. Un paradosso, che nella realtà, però, prospetta uno scenario che i signori del vento e tantomeno gli uomini di Draghi non avevano messo in conto.

Pale in acque d’Algeria

In pratica gran parte dei parchi eolici posizionati sulla costa sud occidentale, tutti spacciati come fuori dalle acque nazionali, sono finiti direttamente nelle acque della Zona Esclusiva dell’Algeria. Sono le carte che lo dimostrano, sono gli atti che lo segnalano. Ed ora c’è anche questa “ammissione” racchiusa in una comunicazione interna degli uffici statali. A finire sotto la giurisdizione algerina sono il primo dei nove progetti presentati, quello della Ichnusa Wind Power, 504 megawatt per tentare di rimpiazzare la centrale Grazia Deledda di Portovesme, quello della Thalassa Wind, pale eoliche per altri 525 megawatt piazzate davanti all’isola di Carloforte e fuori dalle 12 miglia, quello della Sea Wind Toro 2, spacciato come il più accreditato negli uffici di Roma, e a rischio c’è anche il secondo progetto della Sea Wind, Toro 1, a nove miglia dall’Isola del Toro, davanti all’Isola di Sant’Antioco. Per piazzare le pale eoliche nel mare di Sardegna ora ai signori del vento serve il passaporto, quello dell’Algeria.

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