Condotte colabrodo: «In Sardegna “scompare” oltre la metà dell’acqua immessa nelle rete»
Cgia: «Isola tra le regioni dove la situazione è più critica. La percentuale di dispersione sopra il 52%»In Italia ogni 100 litri di acqua immessa nelle condutture per usi civili ne arrivano all'utente poco meno di 58. Gli altri 42 (3,4 miliardi di metri cubi) si perdono lungo la rete idrica che in molte parti del Paese è datata e in cattivo stato di salute.
Lo rileva in uno studio la Cgia, che evidenzia come la Sardegna sia una delle regioni con la più alta percentuale di dispersione d’acqua. Precisamente: il 52,8% del totale immesso nella rete.
Nella “classifica” nazionale l’Isola è al quarto posto, inserita nei territori dove la situazione è più «critica», dopo la Basilicata (con una dispersione d'acqua del 65,5%), l'Abruzzo (62,5%) e il Molise (53,9%) e prima della Sicilia (51,6%).
Per contro, la Lombardia con il 31,8%, la Valle d'Aosta (29,8%) e l'Emilia Romagna (29,7%).
Occorre dunque correre ai ripari. Per la realizzazione di nuove infrastrutture idriche primarie – sottolinea Cgia – nonché per la riparazione, la digitalizzazione e il monitoraggio integrato delle reti idriche per diminuire le perdite d'acqua, il potenziamento e l'ammodernamento del sistema irriguo nell'agricoltura e per la depurazione delle acque reflue da riutilizzare in agricoltura e nel settore produttivo, il Pnrr ha messo 4,3 miliardi di euro, più un miliardo del Mit per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione.
«Soluzioni miracolistiche - sottolinea la Cgia - non ce ne sono, ma se vogliamo dare acqua a una parte del Paese che nei prossimi anni rischia la desertificazione potrebbe non essere sufficiente creare nuovi invasi, razionalizzare i consumi e mettere a nuovo la rete di distribuzione. Come hanno fatto con successo l'Arabia Saudita, il Kuwait, Israele e in parte anche la Spagna, non è da escludere che anche l'Italia debba puntare sull'uso dei dissalatori».
Le controindicazioni non mancano: come l'alto consumo di energia elettrica che contraddistingue questi impianti e i problemi di smaltimento dei prodotti chimici che sono usati per desalinizzare l'acqua. «Ma gli impianti di ultima generazione - conclude la Cgia - hanno, almeno in parte, superato molti di questi problemi ambientali. E sebbene i dissalatori in funzione in Italia siano di piccola dimensione, quelli fatti nell'Isola del Giglio, a Ustica e a Ponza hanno sin qui ottenuto dei risultati molto positivi».
(Unioneonline)