Ogni pittore considera il pennello, la propria tela, il cavalletto e i colori, essenziali per poter comunicare al mondo esterno una interpretazione unica e personale della realtà circostante.

Gli occhi di un pittore sono il riflesso di un mondo in continuo mutamento. Le torbide emozioni che ne derivano dalla successione degli eventi interpersonali, diventano il riflesso di una realtà che si fotografa sulla tela. Sfumature, contorni indefiniti e macchie di colore, che sembrano perdersi nelle emozioni ricamate tra il dolore e la passione travolgente che si perde tra le dune di un deserto sconfinato dalle mille interpretazioni.

Come è accaduto tante volte con la musica, con la realizzazione di film che hanno omaggiato grandi musicisti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia, anche con l’arte e la pittura sta accadendo la stessa identica cosa. "Van Gogh: sulla soglia dell’eternità (At Eternity's Gate)" è un film di Julian Schnabel, distribuito da Lucky Red, nelle sale dal 3 gennaio. I

Un racconto degli anni vissuti da Van Gogh nel sud della Francia, il suo turbolento rapporto con Gauguin, con il fratello Theo, le sue dipendenze, il suo malessere e l'unico indissolubile filo conduttore che riusciva a farlo rialzare ogni volta: l'arte.

I PRIMI ANNI - Vincent Willem van Gogh nasce il 30 marzo 1853 a Groot Zundert, Brabante settentrionale. Suo padre si chiama Théodorus Van Gogh ed è un pastore protestante, la madre è Anne-Cornélie Carbetus.

Vincent ha un fratello, Theo, una figura che si rivelerà fondamentale per la sua carriera artistica.

Il piccolo Vincent inizia i suoi studi nel villaggio in cui risiede. Il primo contatto diretto con l'arte arriva a 16 anni, quando nel 1869 venne assunto nella casa d’arte Goupil, a l’Aja, uno dei più importanti mercanti d’arte dell’epoca.

Una foto di scena del film dedicato al pittore "At Eternity's Gate” di Julian Schnabel (Ansa)
Una foto di scena del film dedicato al pittore "At Eternity's Gate” di Julian Schnabel (Ansa)
Una foto di scena del film dedicato al pittore "At Eternity's Gate” di Julian Schnabel (Ansa)

Grazie a questa esperienza, per sette anni ha modo di spostarsi da Londra a Parigi, conoscendo la pittura in tutte le sue forme. Nel 1876, terminata l’attività lavorativa all’Aja, si dedica allo studio della Bibbia. Uno studio che lo travolge come un uragano dal punto di vista emotivo. Dopo un breve soggiorno a Bruxelles e il tentativo di entrare al seminario di Amsterdam, che ha però riscontro negativo, nel 1878 parte per il Belgio.

È un'esperienza importante e decisiva per Van Gogh, un viaggio che lo porta a riscoprire se stesso; il suo profondo credo religioso che avrebbe esercitato sulla gente del posto. Il Bacino del Borinage, in Belgio, è costituito prevalentemente di miniere di carbone e anche da molti minatori italiani. In quel preciso momento si rende conto che la pittura diventerà la sua valvola di sfogo per le ansie che lo attanagliano già da tempo. Quelle stesse ansie che lo hanno portato al compimento di azioni di matrice altruista che certamente esercita con sentimento ma che risultano un chiaro palliativo alla luce di un vuoto interiore specchio di un problema ben più grande.

Il fratello Theo appoggerà sempre le scelte artistiche di Van Gogh, finanziandole fino agli ultimi giorni. Nel 1881, infatti, Van Gogh si stabilisce dal fratello e si dedica completamente alla pittura, instaurando relazioni con donne che avrebbero fatto breccia nel suo cuore e nelle sue tele.

The bad room (Ansa)
The bad room (Ansa)
The bad room (Ansa)

Le composizioni di Van Gogh sono lo specchio delle sue esperienze personali, dei suoi demoni interiori e raccontano il suo vissuto e la cruda realtà che lo circonda. Sono anche esperienze che lasciano macchie indelebili nella sua mente sempre aperta a input, proprio come è accaduto nel breve periodo trascorso a Nieuw-Amsterdam, in cui entra in contatto con l’arte di Daumier, caricaturista che gli dà lo slancio per dipingere opere come "I mangiatori di patate" e molte altre.

IMPRESSIONISMO - Vincent ha poi modo di conoscere pittori impressionisti come Gauguin, Bernard, Lautrec, Seurat, Pisarro, Monet, Sisley, Degas, Renoir e Cézanne.

Con loro discute spesso dell'uso della luce, dei colori e del modo in cui vengono dosati sulla tela e sui soggetti raffigurati.

Il sopracitato Gauguin è stato un amico di Van Gogh, quasi un fratello e forse molto di più. Lo ha raffigurato in alcuni suoi dipinti. Un’amicizia inizialmente solida, sincera, sgretolata molto presto da quello che Van Gogh considerava un torto molto grave che avrebbe subito. Gauguin, infatti, avrebbe umiliato l’amico evidenziando quelli che erano i suoi difetti artistici, fisici e psichici. Un torto vero e proprio!

Ma è andata veramente così? Gauguin, nella sua autobiografia, scrive: "Mi venne l'idea di fargli un ritratto mentre dipingeva la natura morta che tanto amava, i girasoli. E quando l'ebbi finito mi disse: 'Sono proprio io, ma sono diventato pazzo'". Dopo questo episodio, Van Gogh tenta di aggredire l’amico mentre sta andando via con le valigie in mano. Il giorno dopo si taglia l’orecchio sinistro e ne invia un lembo alla sua amica Rachel. Dopo un ricovero ospedaliero nella clinica Saint-Rémy a seguito della lacerazione, la sua salute precipita. Lo cura il Dottor Gachet, cultore dell’impressionismo, che dopo averlo dimesso dalla clinica si presta nel seguirlo durante il suo percorso di ripresa. Contro ogni pronostico, Van Gogh incrementa la sua produzione artistica realizzando un numero considerevole di opere che raffigurano paesaggi. Il suo soggiorno ad Arles dura 444 giorni, dal febbraio 1888 al maggio 1889. Trascorre i suoi giorni all'interno della famosa casa gialla di Place Lamartine, in cui produce circa duecento dipinti, un centinaio di disegni e scrive anche tante lettere. Nel 1888 dipinge la Casa Gialla.

Il vecchio edificio ormai non esiste più perché distrutto dai bombardamenti del 1944. Al suo posto c’è un imponente edificio isolato e stratificato, con diversi finestroni che rievocano quelle atmosfere. Luoghi che oggi sono mutati nella luce e nel colore rispetto a quando venivano raffigurati nei quadri di Van Gogh.

I fiori di Van Gogh, Museo di Amsterdam (Ansa)
I fiori di Van Gogh, Museo di Amsterdam (Ansa)
I fiori di Van Gogh, Museo di Amsterdam (Ansa)

I bombardamenti del 1944 hanno distrutto la maggior parte degli edifici, altri sono stati gravemente lesionati. Una guerra che ha macchiato di sangue innocente e dinamite quelli che una volta erano campi incolti di girasole e alberi da frutto. Nel corso degli anni, e finita la guerra, gli edifici di Arles sono stati ricostruiti e molti sono stati ribattezzati in omaggio al grande artista, come per esempio il ponte di Langlois, distrutto durante i bombardamenti del 1944, è stato ribattezzato "Pont Van Gogh". I ricoveri costanti per ristabilire il suo equilibrio mentale camminano di pari passo con le sue innumerevoli produzioni che diventano lo specchio di un micro mondo inesplorato e da tutelare, secondo il fratello Theo che lo segue con attenzione. La ricerca della serenità si rincorre nei suoi dipinti tra una pennellata di colore, un paesaggio cristallizzato sulla tela e il profondo conflitto interiore che riaffiora e lo attanaglia in una morsa sempre più stretta. Il dottor Gachet divenne un vero e proprio amico di Van Gogh. Il loro legame si consolida nel tempo e dopo le dimissioni ospedaliere, Vincente va a vivere ad Auvers-sur-Oise, a 35km da Parigi. "Marguerite Gachet nel giardino" è un quadro che fa parte di una serie di dipinti intitolati "Il giardino del Dottor Gachet ad Auvers". Van Gogh ritrae in quel periodo la figlia 21enne del medico, ed è probabile che tra di due ci fosse una storia d’amore, ma che non avessero avuto il benestare del padre di lei perché consapevole dei problemi di salute mentale in cui versava il pittore.

Installazione del 2018 a Napoli dedicata all'artista (Ansa)
Installazione del 2018 a Napoli dedicata all'artista (Ansa)
Installazione del 2018 a Napoli dedicata all'artista (Ansa)

Nel giugno del 1890, Van Gogh ritrae il dottor Gachet in un dipinto su tela che lo immortala seduto ad un tavolo con il pugno chiuso e la guancia che poggia su di esso. Un viso stanco, fortemente provato dal dolore per la perdita della figlia. Il 29 luglio del 1890, all’età di 37 anni, Vincent Van Gogh si uccide con un colpo di pistola alla testa a Auvers-sur-Oise, dopo un tentativo di suicidio avvenuto un paio di giorni prima con un colpo di pistola al petto.

LE IPOTESI SULLA MORTE -Ma è andata veramente così? Si è trattato veramente di suicidio? Secondo uno studio condotto dagli storici dell'arte Steven Naifeh e Gregory Smith nella voluminosa biografia "Van Gogh: The Life" uscita nel 2011, Il pittore impressionista sarebbe stato ucciso da René Secrétan, un ragazzo di sedici anni che avrebbe fatto partire un colpo da una pistola difettosa. Le 900 pagine del libro ripercorrono passo dopo passo la vita del pittore eclettico e tormentata. Gli autori del libro vogliono mettere le mani avanti: non ci sono prove schiaccianti che dimostrano con assoluta certezza la tesi dell’omicidio, affermano però che con molta probabilità il sedicenne ha sparato per gioco. Il 27 luglio,il tentativo di suicidio con un colpo di pistola al petto. Secondo gli storici americani, non si è trattato del goffo tentativo di suicidio andato a vuoto di un pittore al limite delle sue capacità psicofisiche, bensì un colpo partito per errore da parte di un gruppo di ragazzi che destreggiavano armi nel campo in cui l'artista vagava. Van Gogh non denunciò – secondo gli autori - quei ragazzi perché viveva da molto tempo in uno stato di profonda crisi depressiva e quel colpo al petto rappresentava per lui una liberazione, non certamente auspicava che fosse un condanna per loro che gli avevano aperto le porte della libertà. Il proiettile che avrebbe trafitto l'addome del pittore impressionista sarebbe entrato da una angolazione obliqua e non da una angolazione dritta. Tutti coloro che conoscevano Van Gogh sapevano bene com'erano andate le cose, sapevano tutti che era stato ucciso da un colpo accidentale. John Rewald, tra i più importanti storici dell'arte di pittori impressionisti e post-impressionisti come Cézanne, Renoir, Seurat, Pissarro e tanti altri, nel corso di alcuni sopralluoghi ad Auvers, negli anni Trenta del secolo passato, avrebbe scoperto per la prima volta la terribile verità che si cela dietro la morte di Van Gogh.

Angelo Barraco
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