«Porto il nome di mio zio Walter, ucciso a Chilivani, in sua memoria. E anche quando due anni fa mio padre, in servizio a Porto Torres, ha rischiato la vita perché accoltellato durante un'operazione, non ho mai pensato di cambiare obiettivo: sarei voluto essere un carabiniere. Mi sono arruolato l'anno scorso e per me è un enorme orgoglio far parte dell'Arma, la mia seconda famiglia».

La tradizione

Walter Frau, 24 anni di Porto Torres, è il nipote del carabiniere ucciso il 16 agosto del 1995 a Perde Semene insieme al collega Ciriaco Carru. Ammazzati da una raffica di proiettili esplosi dalle armi dei banditi pronti ad assaltare un portavalori sulla Sassari-Olbia. Walter Frau è nato nove mesi dopo quel terribile fatto. «Avere il nome di mio zio è un onore enorme». L'anno scorso si è arruolato pochi mesi dopo che il papà Roberto, anche a causa delle conseguenze dell'accoltellamento, è andato in pensione. «Continuo la tradizione di famiglia. Mia nonna Anna, dopo aver pianto per la morte di un figlio e aver rischiato di perderne un altro, quando mi ha visto in uniforme si è messa a piangere per la felicità. Spero possa essere orgogliosa anche di me». Il giorno della celebrazione dei 206 anni dalla fondazione dell'Arma (ieri), Walter Frau ha lavorato come sempre: appena concluso il servizio di pattuglia nella stazione di Marina di Carrara, si è sentito con il papà Roberto che a settecento chilometri di distanza, nella sede del comando legione Sardegna, a Cagliari, ha ricevuto la medaglia di bronzo al merito civile e un encomio solenne dal comando generale. «Un'ulteriore dimostrazione d'affetto da parte dell'Arma verso la nostra famiglia», commenta il giovane.

L'emozione

Quella di ieri è stata una giornata particolare per il brigadiere Roberto Frau e per tutta l'Arma. Per l'emergenza Covid-19 la cerimonia per i 206 anni dalla fondazione si è svolta in forma ridotta. Il comandante regionale Giovanni Truglio e il prefetto di Cagliari, Bruno Corda, hanno deposto una corona di alloro ai piedi del monumento ai caduti nella caserma di via Sonnino. Poi hanno consegnato la medaglia a Roberto Frau, accompagnato dalla moglie Cristina e dal figlio più piccolo, Lorenzo, 17 anni. «Una giornata emozionante», ammette il brigadiere, 56 anni. «Ho pensato a mio fratello. Mentre il generale parlava ho fissato negli occhi mia moglie e mio figlio. E ho pensato: sono fortunato a essere qui».

I ricordi

Sì perché Roberto Frau dopo aver pianto la morte del fratello Walter, il 27 aprile 2018 ha rischiato davvero molto. «Ero in servizio a Porto Torres», ricorda. «Un servizio normale. Poi una chiamata: un uomo stava malmenando i propri genitori. Quando mi sono avvicinato lui mi ha colpito con un coltellata». La corsa in ospedale, l'intervento chirurgico e una brutta emorragia interna. «Mio fratello», dice, «da lassù mi ha protetto per non dare un altro dispiacere a nostra madre». La mente poi ritorna a quel dannato 16 agosto 1995: «Rientravo dalle ferie. A Olmedo i colleghi mi avvisano che c'è stata una sparatoria. Due carabinieri sono morti. Quando arrivo a casa e accendo il Televideo scopro che una delle due vittime era mio fratello. Un dolore inconsolabile». Ma la tradizione continua: «Mio figlio Walter ha deciso fin da piccolo di entrare nell'Arma. La nostra seconda, grande, famiglia».

Matteo Vercelli

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