Negli ultimi anni il rapporto tra genitori e scuola si è in parte incrinato. Molti padri e madri, infatti, non considerano più l’istituzione scolastica come un luogo fondamentale di crescita per i loro figli, come l’esperienza formante e formativa che è stata fino a qualche anno fa. Soprattutto, i genitori diffidano degli insegnanti, visti sempre più raramente come punti di riferimento per i bambini e ragazzi e considerati quasi una sorta di “minaccia” nella tranquilla esistenza dei pargoli: degli intrusi di cui diffidare, insomma. Matteo Bussola, scrittore e disegnatore per passione e mestiere, ma soprattutto padre di tre figlie in età scolare, è partito da queste considerazioni e dalla sua esperienza di genitore a contratto con l’universo scolastico per tratteggiare un ritratto divertente ma allo stesso tempo molto serio della scuola di oggi. Un oggi dove mamme, papà, nonni e fratelli accompagnano in massa i bambini fino in classe scattando foto a raffica, neanche fossero a un concerto. Dove le mense sono controllate come neanche i Nas fanno perché la stagionatura del Parmigiano, si sa, dev’essere almeno 38 mesi. Una scuola dove si parte per le gite con un kit di sopravvivenza, che prevede praticamente tutto tranne un gps satellitare. È nato così Sono puri i loro sogni (Einaudi, 2017, Euro 13,00, pp. 120. Anche Ebook), una vera e propria “lettera a noi genitori sulla scuola”, come recita il sottotitolo. Una lettera che parte da un paio di interrogativi fondamentali: quando abbiamo smesso di fidarci degli insegnanti e abbiamo cominciato a vivere al posto dei nostri figli, cercando di proteggerli da tutto e di togliere di mezzo ogni ostacolo che potesse rendere più duro il cammino?

Ci tengo a dire – racconta Matteo Bussola – che il mio libro non è un saggio in cui ho provato a rispondere a queste domande epocali. Io non sono un esperto, sono un genitore che vive quotidianamente i problemi e le ansie per i propri figli di cui parlo nel libro. Non a caso il sottotitolo del libro è “lettera a noi genitori” perché nel novero dei genitori che hanno quei comportamenti ansiosi, eccessivamente protettivi che stigmatizzo nel libro mi ci metto anche io. Il mio vuole essere un invito a riflettere su noi stessi e a guardare quello che stiamo facendo, perché non sempre facciamo il bene dei nostri figli anche se in buona fede.

Sono veramente troppo asfissianti i genitori di oggi?

A mio parere uno dei grandi mali della nostra epoca è questo desiderio genitoriale di iper-controllare i figli, un atteggiamento che è poi alla base della nostra diffidenza nei confronti degli insegnanti e anche della mancanza di rispetto nei confronti della scuola. Noi genitori vogliamo esserci, vogliamo controllare tutto, vogliamo essere sempre davanti ai nostri figli per proteggerli da qualunque cosa o da chiunque li possa mettere in crisi, dimenticando come le crisi siano un momento di crescita fondamentale. Solo confrontandoci con le difficoltà si diventa adulti.

Proprio in tema di controllo sui propri figli molti genitori vedono negli smartphone una risorsa in questo senso. Lei cosa ne pensa?

Le nuove tecnologie sono una risorsa anche perché oggi è praticamente impossibile rimanere aggiornati su quanto avviene a scuola senza Whatsapp. Inoltre consentono magari di recuperare i compiti all’ultimo minuto come un tempo era impossibile. Il problema è che strumenti come Whatsapp diventano il luogo dove scatenare polemiche, dove lanciare critiche anche pesanti sugli insegnanti. Insomma mostrano il peggio di noi in troppi casi.

A cosa portano certi atteggiamenti iper-protettivi?

Nel libro faccio un confronto con il tempo in cui ero bambino e andavo a scuola. I vecchi metodi educativi e anche la vecchia scuola erano discutibili sotto molti punti di vista però aiutavano a sviluppare autonomia. La mia sensazione è invece che oggi noi genitori tendiamo a crescere figli troppo dipendenti nei nostri confronti. E le dipendenze, tutte, sono sempre un problema.

Soluzioni per migliorare le cose?

Dobbiamo avere il coraggio di fare un passo indietro evitando di essere sempre i paladini, i sindacalisti dei nostri figli. Dobbiamo avere il coraggio di lasciarli cadere in modo che imparino a rialzarsi. Non c’è altra via possibile.

E che fare per ricostruire un rapporto con la scuola e gli insegnanti?

Prima di tutto nel mio libro critico i genitori non perché li voglia criminalizzare in confronto alla scuola e agli insegnanti. Mi rivolgo a padri e madri perché anche io sono un genitore e credo che tocchi prima di tutto a me stesso, in prima persona, provare a migliorare le cose. Troppo spesso, infatti, ci si limita a criticare gli altri, a puntare il dito e non si riflette su come ci comportiamo noi. Detto questo, credo sia importante non contraddire in maniera aperta gli insegnanti davanti ai propri figli costringendoli di fatto a scegliere se dare retta a noi oppure alla maestra o al professore. Dobbiamo sempre ricordarci che noi genitori e gli insegnanti non siamo avversari, abbiamo obiettivi comuni. Se non si agisce così tanto vale non mandarli neppure a scuola i bambini.

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