Cos'è accaduto in Sardegna nei cosiddetti secoli bui? Come, dopo la caduta dell'impero romano e quindi l'avvento della dominazione vandalica (456 d.C.) e di quella bizantina (534 d.C.), si è giunti alla fioritura della civiltà giudicale? Quali trasformazioni sono intervenute nell'organizzazione del territorio?

Sono quesiti a cui l'archeologia tenta da tempo di dare risposte. E informazioni preziose arrivano dalle indagini appena concluse vicino alla chiesetta bizantina (fine VI-inizi VII sec. d.C.) di Santa Maria di Mesumundu a Siligo.

L'edificio, visibile lungo la Statale 131, sorse dove in epoca romano-imperiale si estendeva una stazione di posta, una "mansio", che, dotata di un impianto termale di cui già alla fine dell'800 erano segnalati i resti, doveva concedere riposo ai funzionari in viaggio sulla strada che collegava Cagliari a Porto Torres. I risultati degli scavi, svolti nel corso della VII Summer school organizzata dall'Università di Sassari in collaborazione con il Comune del Meilogu, documentano una continuità di frequentazione dell'area in età tardo-antica (V sec. d.C.), quando una comunità rurale cristiana riorganizza i propri spazi attorno ai ruderi delle terme. Dati significativi - secondo la ricostruzione di Marco Milanese, responsabile scientifico delle indagini e direttore del Dipartimento di Storia e Scienze dell'uomo dell'Ateneo turritano - sono anche emersi dall'impiego della fotogrammetria e delle tecniche diagnostiche mutuate dalla geofisica: al di sotto di un campo più distante dall'area interessata dagli scavi è stato individuato un complesso architettonico con un grande cortile centrale. Si tratterebbe della parte della mansio che comprendeva gli alloggi per i viaggiatori e le stalle per gli animali.

Lo studio dei materiali ha infine consentito di accertare che il sito, già frequentato al tempo dei nuraghi per via della fertilità del suolo e della disponibilità d'acqua, era già abitato anche in età punica.
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