Francesca ha quarant'anni. Nel momento in cui prova a fare un bilancio della sua vita scopre di sentirsi figlia, sorella, madre e moglie. Mai se stessa. Sente che la sua è un’esistenza in gabbia, vuota, segnata da un marito arrogante e meschino, da una madre anaffettiva e da due figli che oramai hanno sempre meno bisogno di lei. Francesca allora decide per la prima volta dopo anni di essere un po' egoista, di pensare a se stessa, di fare una vacanza da sola. Riscopre di avere delle passioni che credeva di aver dimenticato, di avere molti desideri inespressi e tanti sensi di colpa che le hanno impedito di spiccare il volo. Scopre l'importanza di volersi bene e di prendersi cura prima di tutto di se stessa.

Delicato e coinvolgente, "Esprimi un desiderio" (Fabbri, 2020, pp. 304, anche e-book) di Sabrina Grementieri è un romanzo che ci aiuta a fare i conti con l’incapacità che è comune a tanti di noi di inseguire i nostri sogni e di trovare una realizzazione anche a dispetto del giudizio e delle aspettative di chi ci è vicino. È un romanzo sull’importanza di non smettere mai di credere in noi stessi e di desiderare il meglio come ci conferma proprio l’autrice:

"I desideri sono uno stimolo irrinunciabile nella vita, sono uno stimolo a mettersi in gioco, a provare cose nuove, a migliorarsi. Ci aiutano a guardare dentro di noi quando invece troppo spesso rimaniamo in superficie. A mio parere senza desiderare è difficile vivere la vita con pienezza".

Mai rinunciare a un desiderio quindi?

"Non esageriamo, anche perché alcune cose sono sempre irrealizzabili e poi senza rinunciare a nulla ci ritroveremmo a rincorrere continuamente qualcosa, in maniera insensata. Però se il desiderio riguarda ciò che ci appartiene veramente, che ci rispecchia, che ci stimola, per il quale abbiamo una predisposizione o un talento, allora sì: è giusto provare a realizzare questo nostro desiderio, anche mettendosi in gioco e magari scombinando qualcosa o qualcuno".

Francesca a quarant'anni si rende conto di aver messo da parte molti dei suoi desideri in funzione dei tanti ruoli che ha ricoperto e che ricopre: madre, figlia, moglie...Quella di Francesca la possiamo considerare una condizione molto femminile, cioè che riguarda più le donne che gli uomini?

"Credo di sì. Nonostante molte cose siano cambiate, esiste ancora radicata l’idea che la donna abbia un ruolo preciso: sposarsi, metter su famiglia e poi dedicarsi ad essa anche mettendo da parte le proprie ambizioni e i propri desideri. È un retaggio della nostra cultura ancora molto forte".

Quanto c'è di autobiografico nella storia di Francesca?

"Sicuramente c'è la consapevolezza che la storia narrata nel romanzo è nata perché anche io sono arrivata tardi a capire di avere il diritto di realizzare i miei desideri, senza per questo essere 'accusata' di trascurare la mia famiglia o i miei figli. La mia grande passione è sempre stata la scrittura e a un certo punto mi sono detta: 'Ma perché questa mia passione non può diventare anche un lavoro?'. E non ho voluto rinunciare a questo desiderio. Il personaggio di Francesca però mi è stata ispirato da una cara amica. Una donna intelligente, anche emancipata, ma che fin da bambina è sempre stata imprigionata nel proprio ruolo tanto che a volte quando mi parla del fatto che i suoi figli stanno diventando grandi e potrebbe finalmente dedicarsi a qualcosa di completamente suo… non le viene in mente nulla che potrebbe fare. Nella vita si è sempre presa cura degli altri… prima i fratelli più piccoli, poi il marito, quindi i figli. A forza di accudire gli altri, non sa più come prendersi cura di se stessa".

Ma è così difficile imparare a prendersi cura di se stessi?

"Prendersi cura di sé stessi è visto spesso come un atto di egoismo, ancora di più se sei una donna. Nella coppia è più facile che sia lui ad avere passioni, a poter praticare i propri hobby che lei. È sentita come una cosa più normale, più naturale, segno che tradizioni e usi sedimentati da secoli sono veramente duri a morire. È una realtà che ho vissuto sulla mia pelle, con cui ho imparato a convivere riuscendo a delimitare degli spazi solo miei, ma tanti sensi di colpa rimangono perché certe idee sul ruolo che deve avere una donna te le porti dentro da sempre… praticamente dalla culla".
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