A dar retta a sua moglie, ogni volta che mette piede a Cagliari, il robusto accento mai contaminato "si rinvigorisce". Forse perché in Sardegna Remo Bodei, un filosofo che ha frequentato le università di mezzo mondo, "si sente un pesce nell'acqua". A casa. Ci ritorna ora, per ricevere sabato a Villacidro il riconoscimento speciale della giuria del Dessì, il bel premio letterario che da oltre trent'anni onora l'autore di "Paese d'ombre" e raccoglie nel centro ai piedi del Monte Linas scrittori, intellettuali, talenti e promesse della cultura.

Un'occasione anche intima per far riaffiorare i ricordi dell'infanzia e quelli a lungo rimossi della guerra, quando era sfollato con la famiglia nella vicina Gonnosfanadiga.

Professor Bodei, la metafora della liquidità di Zygmunt Bauman ha marcato il nostro tempo, ma oggi mostra crepe. Com'è il nostro orizzonte?

"La diagnosi di Bauman è stata precisa per gli anni passati. Oggi non va più bene: crisi economica, terrorismo, conflitti hanno messo a nudo tutti gli spigoli. Dove andiamo? Bisogna imparare a orientarsi in un mondo dove gli effetti della robotizzazione, dell'intelligenza artificiale, stanno tagliando spazio al lavoro umano. Sono temi di cui mi occupo ora. Molte cose cambieranno, ma l'uomo deve riuscire a tenere un margine di azione. Nei fast food americani si afferma il robot che prende la polpetta dal frigo, la impasta, la cuoce e te la serve con il ketchup. Ne fa 360 all'ora, non c'è partita".

Una decina di anni fa Francis Fukuyama diceva che la storia è finita. Democrazia e liberalismo hanno vinto. Invece?

"La realtà è che le guerre si sono moltiplicate, c'è stata una smobilitazione delle masse e soprattutto si sono acuite le diseguaglianze. Per arrivare a questo punto il capitalismo ci ha impiegato sette secoli. Ci saranno mutamenti, ma come dice un amico 'il capitalismo ha i secoli contati'".

Ma è possibile sostituire la politica, intesa come rappresentanza? Nei fatti sembra che il mercato abbia preso il sopravvento. È una formula che può funzionare?

"Senza la politica in 15 giorni va all'aria tutto. Più che l'economia, sovrasta un sistema che concentra la ricchezza nelle mani di pochi. Obama ha cercato di contrastarlo, ma ora con Trump siamo tornati al punto di partenza. La politica è indispensabile perché tiene in piedi una comunità e non pensa solo al profitto".

Tra le vittime di questi decenni ci sono gli intellettuali, entrati nel cono d'ombra.

"Alcuni sono entrati nello star system, corteggiati dalla politica, e hanno un peso relativo. C'è chi mantiene una propria autonomia di pensiero e magari gli toccherà la sorte di Vico, successivamente rivalutato".

E il filosofo?

"Lavora su tempi lunghi, va oltre la contingenza. Osserva faglie che presto o tardi si apriranno. Penso alle biotecnologie, alla bioetica, all'incontro tra culture diverse, a come si ristruttura la coscienza umana".

C'è un suo recente saggio sul limite. La spinta al suo trascendimento ha mosso l'uomo, ma oggi c'è un irresistibile desiderio di superare tutto.

"È così dalla modernità in poi. Gli antichi peccavano di hybris se superavano i limiti imposti da Zeus. Ma l'uomo si è sempre proposto di superare quelli geografici o nel campo scientifico, religioso. Ci sono limiti che è lecito e giusto oltrepassare. Penso all'articolo 3 della Costituzione italiana che si impegna a rimuovere gli ostacoli di sesso, razza, religione".

Era un aspirante fisico, com'è diventato filosofo?

"Mi piaceva tutto, tranne diritto e medicina. Ma è il caso a guidare la nostra vita. Un amico aveva un libretto con le regole per accedere alla Normale di Pisa. Allora non sapevo neppure della sua esistenza. E poi, l'ambiente di Fisica a Roma non era così gradevole".

Ha continuato a suonare il flauto?

"No. Implica che faccia gli esercizi. Il mio maestro del Conservatorio di Cagliari mi ha dato una grande lezione di umiltà. Avevo accennato all'aria di 'Casta Diva' e lui mi disse che per arrivare in cima bisogna avvicinarsi in ginocchio ai classici. Ma la musica mi accompagna sempre e la applico alla filosofia: sposa il massimo del rigore matematico con il pathos".

Che cosa ha amato di più delle opere di Dessì?

"'Paese d'ombre' e 'Il disertore'. Ho però un rapporto indiretto lo scrittore, grazie allo storico Delio Cantimori che insegnò a Cagliari e fu docente di Dessì. Io fui suo allievo alla Normale. Era amico di Lussu, azionista, mentre io ero socialista".

Ogni giorno ciascuno di noi fa esperienza con il mistero del tempo. Qual è il suo rapporto?

"Cerco di congiungere le tre qualità del tempo, passato-nostalgia, presente-dissipazione, futuro-ciò che ci verrà dal cielo. C'è poi il tempo della musica che mi permette di andare nel retrobottega dell'anima e godere del tempo, aperto alla memoria e a quello che ho davanti".

Caterina Pinna

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