In occasione dell’uscita nelle sale cinematografiche del film Oppenheimer di Christopher Nolan, torna disponibile il volume “Robert Oppenheimer. L’uomo che inventò la bomba atomica” (Bompiani, 2023, pp. 1216, anche e-book), biografia veramente fuori dall’ordinario (non fosse altro che per il migliaio e passa di pagine) scritta da Ray Monk, professore emerito di filosofia all’Università di Southampton.

Nonostante la mole, si tratta di un libro toccante e coinvolgente, epico nel raccontare le straordinarie vicende dell’uomo e dello scienziato che ha di fatto cambiato la vita di tutti noi, facendo entrare l’umanità nella cosiddetta era nucleare. Oppenheimer, infatti, supervisionò con successo il progetto Manhattan, l’operazione che aveva come scopo lo sviluppo della prima bomba atomica.

Ma vediamo di capire meglio di cosa stiamo parlando. Uno degli obiettivi di tutte le potenze coinvolte nel Secondo conflitto mondiale era riuscire a mettere a punto una super-arma in grado da sola di mettere in ginocchio gli avversari. In particolare, si puntava alla realizzazione di un ordigno atomico, basato sull’energia nucleare. L'idea che dall’energia sprigionata dall'atomo si potesse ottenere un'arma potentissima era già ampiamente diffusa, ma fu il fisico ebreo ungherese Leo Szilárd che sollecitò la produzione della bomba alla fine degli anni Trenta del Novecento. Propose al grande scienziato Albert Einstein di inviare al presidente statunitense Franklin D. Roosevelt una lettera per sollecitare la creazione di un'arma nucleare a fissione prima che lo facessero i nazisti. Le notizie inviate dai servizi segreti assicuravano che gli scienziati tedeschi lavoravano già su un'arma nucleare e fu per questo che il governo degli Stati Uniti si decise ad avviare subito il progetto Manhattan. L'insieme del progetto ebbe un costo per l'epoca spaventoso: un investimento di 2 miliardi di dollari, con l'impiego complessivo di 150 mila persone occupate in 30 siti diversi tra Stati Uniti, Canada e Regno Unito.

Dal settembre del 1942 il progetto Manhattan venne posto sotto il controllo militare del generale Leslie Groves mentre la responsabilità tecnico-scientifica era stata affidata proprio Robert Oppenheimer. La struttura della bomba fu progettata in un laboratorio di Los Alamos, in una base militare creata apposta nel deserto del Nuovo Messico. Fu così avviata concretamente la realizzazione di una bomba atomica funzionante il cui prototipo, chiamato The Gadget, venne fatto esplodere il 16 luglio del 1945 nel deserto del New Mexico. La bomba liberò una potenza pari a ventimila tonnellate di tritolo. Poche settimane dopo, nell’agosto del 1945, due atomiche distruggevano le città di Hiroshima e Nagasaki in Giappone.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Gli Stati Uniti avevano vinto il duello tecnologico e scientifico e Oppenheimer non poté più scrollarsi di dosso la fama (e l’accusa) di essere stato il padre delle armi nucleari.

Quella del grande fisico è, infatti, la storia di un uomo dalla personalità complessa, che si trova a dover fare i conti con scoperte impensabili, segreti, scelte impossibili e inimmaginabile distruzione.

In questo libro Ray Monk scava più profondamente di chiunque altro nelle motivazioni di Oppenheimer e, attraverso un'indagine accurata, condotta con grande erudizione, ambisce a risolvere l'enigma delle motivazioni di Oppenheimer e della sua complessa personalità.

Figlio di ebrei emigrati in Germania, il padre dell’atomica fu un uomo di eccezionale intelletto, guidato dall'ambizione di superare il suo stato di immigrato e outsider e di penetrare nel cuore della vita politica e sociale degli Stati Uniti. Da giovane scienziato, il suo talento e la sua grinta gli consentirono di entrare in una comunità composta dai grandi nomi della fisica del Ventesimo secolo - uomini come Niels Bohr, Max Born, Paul Dirac e Albert Einstein - e di giocare un ruolo fondamentale nei laboratori di ricerca e nelle aule universitarie più importanti del mondo.

Ma quella di Oppenheimer non è stata solo una storia di integrazione, successo scientifico e fama mondiale. Le implicazioni delle scoperte di Los Alamos gravarono pesantemente sulla sua personalità fragile e complicata, tanto da portarlo dopo la fine della Seconda guerra mondiale a opporsi a nuovi studi per costruire armi atomiche ancora più potenti. Questa scelta lo mise in rotta di collisione con il senatore Joseph McCarthy e con coloro che vedevano in chiunque parlasse di pace e disarmo un alleato dell’Unione Sovietica e del comunismo.

Oppenheimer venne così emarginato dalle istituzioni e dal mondo scientifico americano e lasciato solo con le tragiche riflessioni ben rappresentate da una sua famosa frase: «Abbiamo fatto una cosa, l'arma più terribile, che ha alterato bruscamente e profondamente la natura del mondo. E nel farlo abbiamo sollevato ancora una volta la questione se la scienza sia un bene per l'uomo».

Una questione che ancora oggi scuote le coscienze e la mente di noi esseri umani dell’era nucleare.

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