"La scrittura comincia così, come la pittura e la musica. Sempre. Per un'intollerabile mancanza". È con queste parole che Ophelia evoca Jeanne D'Amour, una scrittrice arrivata nella sua scuola per parlare di libri e di scrittura. E Ophelia quel mondo non lo conosceva, fino a quando Jeanne non le regalerà un quadernino blu notte, che diventerà il suo canale di sfogo, in cui lascerà fluire liberamente i suoi pensieri e le sue emozioni.

Ophelia si è data questo nome, dopo aver visto a teatro l'opera di Shakespeare, perché, come la protagonista della tragedia, si sente una principessa annegata. Lei che si considera diversa rispetto ai suoi coetanei, i quali la prendono in giro, chiamandola "stracciona", poiché è solita abbigliarsi con diversi strati di vestiti scuri. Ophelia frequenta la seconda superiore. Non ha molti amici, odia i suoi compagni che definisce "un gregge di idioti"; non sopporta nemmeno i professori e le prediche degli adulti, che si sentono in diritto di dirle sempre cosa deve dire o come deve comportarsi. Non ha mai conosciuto suo padre e con sua madre non ha alcun un rapporto: si parlano a stento, non si guardano nemmeno negli occhi. A otto anni, ha vissuto con una famiglia affidataria, perché la madre era una tossicodipendente: "Dopo il suo anno sabbatico, mia madre è tornata idonea, ma io ormai abitavo già in una fortezza inespugnabile con torre di guardia, fossati pieni d'acqua e ponte levatoio alzato". A causa di questo trascorso, Ophelia si chiude sempre più in se stessa e a volte preferirebbe scomparire.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Ecco perché si crea un mondo alternativo, nascosto da tutti: un magazzino abbandonato che trasforma in atelier. In quest'ultimo, incontra Ulysse, un ragazzo con il quale inizialmente instaurerà un rapporto conflittuale. Anche lui si rifugia in quel magazzino per dedicarsi alla lettura e, come lei, subisce bullismo. Pian piano, i due si avvicineranno, condividendo gli stessi vissuti di isolamento e solitudine, per poi giungere a svelare tutte le loro paure e a riscoprire una gioia nuova. Ma a salvare Ophelia da quel mondo tanto schiacciante, c'è soprattutto l'arte: dipinge, fa i graffiti, disegna cuori spaccati.

Nel muro del suo atelier, abbozza l'immagine di una ragazza a testa in giù, che percepisce triste e in attesa di sprofondare in un mare senza luce. Vorrebbe raffigurare per lei uno spazio blu galleggiante, in cui questa possa sentirsi libera di sognare e di lasciarsi andare. Quando dipinge, Ophelia si sente come in una danza, piena di energia e non avverte più il peso schiacciante della solitudine.

"Ophelia" è un romanzo di Charlotte Gingras, edito, nell'edizione italiana, da EDT-Giralangolo. È un testo che ben descrive le dinamiche a cui molti adolescenti sono esposti: bullismo, scarsa autostima, i primi amori, il tortuoso rapporto con gli adulti di riferimento. E non è difficile sentirsi come Ophelia, quando si è adolescenti.

Quando non ci si sente capiti; quando a scuola le cose vanno male e gli altri sembrano essere sempre pronti a giudicare; quando ci si sente brutti e poco desiderabili; quando è più facile chiudersi in se stessi e sentirsi sprofondare in un mare senza luce. Invece, il personaggio di questo romanzo ci insegna che una luce c'è ed è la creazione di uno spazio alternativo, in cui l'arte può diventare una compagna che comprende e non giudica; capace di trasformare quell'intollerabile mancanza, in qualcosa di tangibile e libero di fluire.

Trasporre i nostri pensieri e le nostre emozioni su un foglio o su una tela, permette di dare forma alle nostre sensazioni, migliorando il nostro stato d'animo e la comprensione di noi stessi, soprattutto nei momenti in cui sentiamo forte il peso della solitudine e della tristezza. Perché come ci ricorda Ophelia: "Quando si sta per affondare, bisogna pur trovare un pezzo di legno, un tronco, qualsiasi oggetto che galleggi sulla superficie del mare a cui potersi aggrappare".
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