Un progetto fotografico che ripercorre la vita dei pochi lavoratori rimasti all'interno della miniera di Monte Sinni, luogo che ha segnato la storia del sud ovest della Sardegna.

L'idea è del 30enne veneziano Antonio Massariolo, che racconta per immagini, anche attraverso un sito web dedicato, l'attuale realtà di un colosso che "sembra oggi inerte", ma dove trovano ancora lavoro circa 300 minatori per lo più impegnati a garantire che la miniera stessa non crolli sotto il suo peso.

"La situazione che mi sono trovato davanti è stata simile ad entrare in una città fantasma – spiega Antonio Massariolo -. I numerosi chilometri di gallerie interne infatti sembrano deserti. Si incontrano sporadicamente dei minatori che sono intenti alla manutenzione delle gallerie. L'estrazione è di fatto bloccata e tra pochi mesi, alla fine del 2018, tutto si fermerà".

Macchine al lavoro
Macchine al lavoro
Macchine al lavoro

"Fortunatamente però - continua il giornalista - sembra esserci un piccolo spiraglio di luce legato al ‘Progetto Aria’, per rendere il sito della Miniera di Monte Sinni un importante polo di ricerca alla stregua del Laboratorio del Gran Sasso".

Nata nel 1853 come "Bacu Abis", la miniera è diventata in breve tempo una delle risorse energetiche fondamentali non solo per la Sardegna, ma per tutto il Paese. Durante la prima Guerra mondiale la produzione del carbone fossile è arrivata anche a sfiorare le 80mila tonnellate. Nel 1935 la produzione è salito sino ad un massimo di un milione di tonnellate prodotte, con i dipendenti della futura Carbosulcis che sono aumentati fino alle 18mila unità.

Dalla seconda guerra mondiale in poi la produzione ha subito diversi arresti fino all'attuale situazione, in cui l'estrazione è praticamente ferma.

(Unioneonline/v.l.)
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