Dopo le date del 22 e 23 novembre all’Eliseo di Nuoro, il tour di “Anche in casa si possono provare emozioni forti” prosegue al Teatro delle Saline di Cagliari fino a sabato 29 novembre alle ore 21.00. Scritto e diretto da Caterina Filograno, lo spettacolo porta in scena Gloria Busti, Francesca Porrini, Simona Senzacqua, Maria Grazia Sughi e la stessa Filograno. Per l’occasione abbiamo intervistato Maria Grazia Sughi, attrice fiorentina che porta in scena decenni di mestiere attoriale: da Strehler alle nuove drammaturgie, una voce che unisce memoria e visione.

“Anche in casa si possono trovare emozioni forti” lavora su corpo, memoria e spazio interiore. Che cosa l’ha colpita di questo spettacolo, che sguardo ha trovato nel lavoro di Caterina Filograno?

«La genialità dell’autrice, che ha soli 35 anni, il coraggio di Sardegna Teatro, le visioni eccezionali di Massimo Mancini che riesce sempre a scovare cose interessanti. Filograno è attrice, autrice, scrittrice e questa è la storia della sua famiglia. La cosa geniale, oltre la scrittura bellissima, è che Caterina non si limita al racconto realistico di un matriarcato: è molto più approfondito, più straniante, concreto, c'è un lavoro sul corpo, le attrici sono tutte bravissime». 

Lei ha collaborato con alcuni giganti della scena. C’è una lezione che ha fatto talmente tanto esperienza da non volersene più separare?

«Tutte! Cominciando da Tino Buazzelli, alla grande Sarah Ferrati che nessuno nomina più, non hanno neanche pensato di dedicare un teatro a questa grande attrice che è su tutte le enciclopedie. E poi Rina Morelli… le esperienze sono talmente tante, e tutte sono state fantastiche, molto utili alla mia formazione di attrice ma anche di persona».

Quali sono le risorse che ancora non stiamo valorizzando?

«Le risorse ci sono. La Sardegna è piena gli attori bravissimi, lo sta dimostrando in questo momento Valentino Mannias col quale ha fatto l’Orestea, la traduzione era di Emilia Agnesa, giovanissima anche lei, bravissima. Quindi i giovani ci sono e sono bravi».

E qual è la sfida? 

«Rischiare, rischiare, rischiare. Investire su persone giovani, su testi che raccontano il teatro in maniera diversa».

Cosa busserà alle porte del teatro e chiederà di essere raccontato?

«Visto che il mondo è così inquieto, penso che il teatro stia già raccontando cose di grande attualità. Il teatro va sempre oltre, non offre soluzioni, apre la mente, le coscienze. Questo è il suo compito, avere uno sguardo a quello che è l’essere umano in questo momento. E poi: spazio ai giovani. Io sono così onorata di lavorare con i giovani, perché c’è tanto da imparare, da loro. Sempre».

© Riproduzione riservata