Macchiareddu, nell’ex distilleria un museo spontaneo
Un immenso cimitero industriale trasformato in tavolozzaUna scenografia stile Cinecittà, set per fotografi e street art. Un museo fai-da-te post industriale, tra abbandono e arte, connubio esplosivo nel cuore di Macchiareddu. Chi è interessato a graffiti, murales, fotografia e installazioni urbane, nell’ex distelleria Dicovisa troverà un piccolo capolavoro. La fabbrica è chiusa dal 2002, fa parte dell’immenso cimitero industriale della zona industriale, il curatore fallimentare la cedette nel 2006 alla M.A.V.E.R, oggi è dismessa e trasformata in un tavolozza: altissime e ampie pareti artistiche decorate che la trasformano in uno degli spazi più alternativi del Campidano.
GLI ARTISTI – In questo cimitero di ferro piantato per terra con tonnellate di cemento armato, gli artisti di strada hanno lasciato il segno, suscitando l’ammirazione di chi contempla le loro opere e anche alcune denunce. Elio Farci (37 anni di Cagliari) e Samuele Perra (52, originario di Sassari), sono stati assolti perché violando quella proprietà privata non hanno fatto nulla di offensivo visto lo stato di abbandono. Tant’è che generazioni di writers da anni dipingono su questi ampi spazi che offrono la possibilità di adattare la propria opera d’arte. Tutte le opere sono molto rispettate e affrontano i temi tipici dell'arte urbana e ribelle. Nei racconti l’identità di uno spazio alternativo sulle cui facciate si possono vedere graffiti con messaggi critici, di protesta e umoristici che si rinnovano ogni anno e che sono un vero riflesso delle tendenze artistiche urbane.
LA PALESTRA – «In questi luoghi abbandonati - dichiara Daniele Gregorini (direttore creativo di Urban Center) - in linea di massima, chi dipinge e opera sono i writers (chi fa lettering creando il proprio stile scrivendo lettere, nomi o altre parole) o gli artisti di strada che producono arte e dipingono a prescindere dal fatto che le loro opere vengano commissionate da privati o enti pubblici. Si dipinge per diletto. In Sardegna ce ne sono un’infinità di questi spazi abbandonati che diventano dei luoghi palestra e di “socializzazione”, non sono vissuti da nessuno, se non da artisti». «Questo grado di libertà artistica – conclude Gregorini - si collega al nostro progetto della Galleria del sale a Cagliari tra Sant’Elia e Genneruxi».
«Non immaginavo – interviene Enrico Napoleone, appassionato di ciò che oggi viene definito “urbex” l’esplorazione di strutture dismesse e abbandonate – di trovare all’interno di quell’enorme impianto industriale, una tale quantità di opere artistiche, anche di grandi dimensioni e di ottima fattura realizzate da writers che ne hanno fatto un luogo unico. L’espressione artistica si integra perfettamente con il contesto da archeologia industriale. Ho trovato il bambolotto, abbandonato e sporco tra i rifiuti. Mi è sembrato un protagonista perfetto per raccontare con altre foto un diverso punto di vista di quel luogo. Questi giganteschi immobili dismessi possono avere una nuova vita, come luoghi di espressione culturale e artistica che possono ospitare non solo le opere grafiche dei writers, ma anche quelle fotografiche, teatrali o musicali».