«È una città bellissima, aspra, pietrosa, con mutevoli colori tra le rocce, la pianura africana, le lagune, con una storia tutta scritta e apparente nelle pietre, come i segni del tempo su un viso: preistorica e storica, capitale dei sardi e capitale coloniale di aragonesi e di piemontesi, una delle più distrutte dai bombardamenti dell'ultima guerra e, in pochi anni, una delle più completamente ricostruite…». Così lo scrittore Carlo Levi immortalava Cagliari nel 1964 nel suo libro di viaggio “Tutto il miele è finito”, dedicato alla Sardegna. Levi coglieva con brevi pennellate la dimensione geografica e storica del nostro capoluogo, quella dimensione che colpisce immediatamente il visitatore, anche il più distratto.

Per scoprire l’anima della città bisogna invece immergersi nelle sue strade, sentire sapori e odori, incrociare le persone e imbucarsi in angoli meno conosciuti. È quello che ci aiuta a fare “111 luoghi di Cagliari che devi proprio scoprire” (Emons, 2022, pp. 305), molto più che una semplice guida turistica, scritta dal giornalista Sergio Benoni e arricchita dalle fotografie di Daniela Zedda.

Emerge nel libro il cuore nascosto di una città dai tratti timidi, che ama celarsi tra le vecchie mura e la lunga lingua di spiaggia bianca, il Poetto, su cui svetta la Sella del Diavolo. Una città che è veramente complicato incasellare come aveva colto lo scrittore inglese David Herbert Lawrence nel suo volume “Mare e Sardegna” del 1921 quando scriveva: «Persa tra Europa e Africa, appartiene a nessun luogo. Appartiene a nessun luogo, non essendo mai appartenuta a nessun luogo. Alla Spagna e agli Arabi e ai Fenici, più di tutto. Ma come se non avesse mai veramente avuto un destino. Nessun fato. Lasciata fuori dal tempo e dalla storia».

Cagliari allora non è del sud, del centro e del nord; è italiana ma capace di rifuggire e sfuggire alle regole dell’italianità stereotipata. Come scrive Sergio Benoni nell’introduzione al libro è una «città meticcia, contemporanea e antica, nobile e popolare, dove una parlata dalla cadenza sfacciata, nei vicoli del porto, si mescola alle lingue di mezzo mondo».

Per queste ragioni Cagliari è allo stesso tempo affascinante e guardata con sospetto dal resto della Sardegna, perché città portuale di andate e ritorni, perché ha saputo aprire le sue porte alla multiculturalità offrendo ospitalità a pellegrini e apolidi in cerca di una casa in cui sentirsi bene, imbastardendo un po’ quel carattere “sardo” che contraddistingue l’isola e i suoi abitanti.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Un libro, quello di Benoni, che, infine, si dimostra utile non solo al visitatore di passaggio, ma anche ai cagliaritani doc, spesso critici verso la loro città. Cagliari, infatti, è da qualche tempo in cima alle classifiche e ai sondaggi sulla qualità della vita. Ideale buen retiro, il luogo perfetto non solo dove andare in vacanza ma dove ritornare, soggiornare a lungo, magari metter su casa. È una di quelle città che si possono definire a misura d’uomo: né troppo grande, né troppo piccola, immersa in una natura che pare, fortunatamente, non voler cedere il passo all’intraprendenza e all’incoscienza umana.

Il poeta latino Claudiano, dopo millecinquecento anni, potrebbe ancora scrivere di Cagliari: «Si distende in lunghezza ed insinua fra le onde un piccolo colle che frange i venti opposti. Nel mezzo del mare si forma un porto ed in un ampio riparo, protetto da tutti i venti, si placano le acque lagunari». E non è poco di questi tempi.

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