L’insopprimibile brama di vivere di un italiano di fine Ottocento
Le imprese di Vittorio Bottego, esploratore nell’Africa di più di un secolo fa
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Due vite, opposte e parallele. La prima è quella del narratore che decide di raccontare quando è oramai vecchio e stanco e avverte il bisogno di riavvolgere le fila del tempo trascorso. È stato presidente della Società Geografica Italiana all’alba del Novecento e sente che “se l'esistenza è una luce più o meno lunga nell'eterno buio del tempo, la mia è stata quella di una lampada da tavolo di buona qualità capace di resistere accesa su una scrivania per un non disprezzabile numero di anni”. Un’esistenza in fondo placida la sua e forse per questa ragione ha bisogno di aggiungere alla propria la narrazione una seconda vita, quella tumultuosa di Vittorio Bottego, uomo preda della propria brama di vivere. Un uomo sempre pronto a sfidare i colleghi ufficiali in caserma, ammiratore dell’esploratore Stanley e della sua avventura africana tanto da farsene emulo, arruolandosi come volontario per l’impresa coloniale in Africa orientale lanciata dall’Italia alla fine dell’Ottocento.
Così, da studioso di diari e carte, ma anche da testimone oculare, il narratore ci racconta gli ultimi cinque anni di vita di Bottego, tra il 1892 e il 1897. Cinque anni di esplorazioni, di scontri con il governo italiano e di sfide aperte al negus etiope Manelik, signore del territorio che Bottego vuole esplorare. Cinque anni della storia di un uomo fuori dal comune anche nell’Italia nazione ancor giovane di fine Ottocento come ci conferma Gianfranco Caligarich, autore del romanzo “Una vita all’estremo” (Bompiani, 2021, pp. 320, anche e-book) incentrato proprio sulla vicenda di Bottego:
“Si tratta certamente di un personaggio notevole, che ho scoperto casualmente. Lavorando come sceneggiatore mi è stato chiesto di provare a scrivere qualche pagina di sceneggiatura dedicata a questa figura. Ho trovato una sua biografia alla Società Geografica Italiana e sono stato conquistato da quest’uomo e dalla sua brama di vivere, una brama che lo portava a travolgere tutti gli ostacoli e tutte le persone che intralciavano i suoi progetti”.
Era un personaggio fuori dagli schemi anche nell’Italia di più di un secolo fa?
“Sicuramente non guardava in faccia nessuno quando si trattava di esplorare l’Africa e non si fermava neppure di fronte a re Umberto di Savoia, con cui ebbe grossi scontri. Alla fine dell’Ottocento tutte le nazioni europee si erano lanciate nell’esplorazione del continente africano e Bottego era convinto che l’Italia dovesse fare la sua parte. Le autorità e il sovrano un po’ lo sostenevano, un po’ si tiravano indietro anche perché era stata appena acquistata una parte dell’Eritrea per farne una colonia e i rapporti con la vicina Etiopia erano molto tesi e complessi. A Bottego però le beghe politiche non interessavano. Lui voleva vivere nel modo più intenso possibile”.
Era un uomo che non accettava mezze misure, insomma…
“Era questa la sua forza e la causa dei suoi problemi. Non accettava di essere secondo a nessuno e perseguiva i suoi obbiettivi senza curarsi della politica. Per questo la sua storia è così avvincente, ma anche tragica”.
E lei si sente più vicino a Bottego oppure al narratore?
“Non mi ritrovo pienamente in nessuno dei due protagonisti però Bottego è sicuramente un personaggio più attraente. Come si fa a non essere attratti da tanta fame di vita e da tanta energia!?”.