I nostri gesti, le nostre azioni, le nostre emozioni e passioni si incastrano all’interno di due variabili a cui nessuno di noi può sfuggire. È questo il messaggio più importante che vogliono trasmetterci le poesie di Alessandra Corbetta racchiuse nella raccolta “Estate corsara” (Puntoacapo Editrice, 2022, pp. 94).

Non a caso a scandire il volumetto sono tre sezioni, Prima, Durante e Dopo, e verso dopo verso ci si muove nello spazio della Penisola spesso con la calma e la sicurezza del treno, altre volte con lo stupore e la sorpresa della passeggiata in luoghi non familiari.

Molte le città evocate, Milano, Bologna, Firenze, Cattolica, Siena, Roma, e diverse altre soprattutto toscane. Ogni luogo nella sua peculiarità conserva però la capacità di esistere in un tempo dilatato, quello del ricordo, e di accogliere dentro sé, come in un eterno rewind, le persone, le parole e i gesti che lo hanno abitato. In questo modo i versi di Alessandra Corbetta invitano i lettori a un viaggio nell’anima, lunghissimo, che prende piede dall’estate del 2006, ferma nella memoria dell’autrice come l’esatto “succedersi degli ombrelloni blu”, fino a un’estate senza tempo in cui si consumano le promesse dell’amore, la nostalgia dei momenti trascorsi e la memoria di alcune frasi. Un’estate corsara, richiamata proprio nel titolo del libro.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Ma perché proprio “corsara” e perché proprio l’estate tra le quattro stagioni? Lo chiediamo ad Alessandra Corbetta:

“Il titolo ‘Estate corsara’ nasce dalla necessità di accostare al sostantivo protagonista della raccolta, in forma sia reale sia figurata, un aggettivo che in qualche modo restituisse l’immagine con cui volevo presentare questa stagione. Ennio Flaiano scriveva che ‘Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla’; ho sempre adorato queste sue parole, trovandole in perfetta sintonia con la mia idea di estate. Stagione tra le stagioni, non solo in riferimento al ciclo annuale ma, ovviamente, anche al percorso di vita, nel quale l’estate si identifica con il tempo della giovinezza, dei grandi slanci, delle tremende inconsapevolezze, dei baratri di gioia e di dolore, delle speranze. Ogni estate, al pari di qualsiasi apice, porta intrinsecamente con sé anche il suo pedice, il suo opposto costituente; per tale motivo è necessariamente, secondo questa mia visione, corsara".

Ecco, ci spieghi perché…

“Corsara, cioè predatrice, saccheggiatrice di ciò che lei stessa ci aveva mostrato e, in qualche modo, promesso. Con un richiamo agli scritti pasoliniani, il termine è estrapolato però dalla canzone Le rane del gruppo musicale dei Baustelle che, non a caso, descrive il ‘dopo’ adolescenza, il non mantenimento di quello che si sognava, che ci si augurava per il proprio futuro; la canzone si conclude con la frase ‘porterò morendo quella gioia corsara con me’ ovvero con la consapevolezza che, quanto meno, il ricordo di quel tempo pieno di profonda e sconosciuta immensità ci accompagnerà fino alla fine, comunque poi sia andata. L’estate fa quello che, forse più facilmente, possiamo scorgere nella ruota panoramica, tra tutte le giostre la mia preferita insieme alla ruota con i cavalli: ci porta nel punto più altro, ci fa guardare lontano regalandoci trampolini di visione e poi, inevitabilmente, riscende. Ma se noi riusciamo a rimanere lì, se siamo capaci di non farci spostare, allora avremo ancora molte occasioni di risalita. Allora potremo vivere per sempre dentro la nostra ‘Estate corsara’”.

Cosa rappresenta per lei il tempo?

“Il tempo è la mia grande ossessione, nella vita e nella poesia, che per me continuano a intrecciarsi senza soluzione di continuità. Da piccola amavo farmi raccontare le dinamiche degli incidenti mortali o le grandi tragedie della storia; la mia esistenza è sempre stata un tentativo di comprendere razionalmente la morte e, in qualche modo, provare ad arrivarci preparata. Impresa ovviamente impossibile e, a tratti, folle ma che, come ottima contropartita, ha avuto e continua ad avere il farmi apprezzare e vivere pienamente ogni attimo della vita lavorativa e anche di quella privata. Il tempo, con la sua relatività e la sua incapacità di fermarsi, è come una farfalla che non possiamo tenere tra le mani se non per qualche secondo, ma in questa sua bellezza, rapidissima e potente, noi possiamo scorgere il senso del nostro essere nel mondo. E non importa la parzialità della percezione o il suo continuo mutamento: quello che conta è provare a vivere nel tempo che ci è dato, finché reputiamo valga la pena farlo. Estate corsara questo tempo lo divide, proprio come si è soliti fare, in Prima, Durante e Dopo che, infatti, sono i titoli delle sezioni che la costituiscono; nonostante siamo in un flusso ininterrotto, esistono degli eventi, che mi piace chiamare eventi-spartiacque, che questo flusso lo interrompono o, perlomeno, a noi pare che sanciscano proprio quella tripartizione. A volte questi fatti scatenanti sono incontri, scambi di nome e strette di mano che nel giro di qualche istante cambiano per sempre il corso delle cose. Estate corsara è costruita intorno a uno di questi incontri, uno di quelli che il tempo lo ridefiniscono e gli danno un nuovo ritmo”.

E il viaggio come lo dobbiamo incasellare?

“L’aggettivo corsara che accompagna l’estate rimanda etimologicamente anche al ‘currere’ cioè all’andare speditamente, che appartiene al mio vivere e quindi all’immagine che cerco di ricreare con la mia scrittura: qualcosa è qui e subito dopo già altrove. Se il rapporto con il tempo esercita su di me un fascino che è per sua natura attrattivo e insieme malevolo, la relazione con lo spazio è ben più armonica e risolta, tanto è vero che in questa raccolta è proprio il passaggio da un luogo all’altro a fungere da ancora poiché nello spostamento, nel transito, nell’attraversamento delle cose si conficca la radice di ciò che provo a essere. Le relazioni mutano, la nostra identità è costretta a modificarsi in continuazione, la dimensione cronologica è per noi inafferrabile ma le città, emblema di uno spazio materico e mentale insieme, resistono, ci oltrepassano, trattengono i ricordi, ci aiutano a capire chi siamo stati e chi potremmo essere, conservano la traccia del nostro stare continuamente in viaggio da e verso qualcosa”.

Nelle poesie della raccolta si parla molto di amore. In che modo lei affronta questo tema tipico della poesia?

“In Estate corsara l’amore non viene indagato con toni né diaristici né sentimentali; addirittura, l’oggetto d’amore viene cancellato, subisce una damnatio memoriae, sebbene questa volontà di oscuramento della presenza gli conferisca un’onnipotenza che lo fa essere, a tutti gli effetti, soggetto che agisce. In altre parole, l’amore diventa un cronotopo, uno spaziotempo nel quale, a partire dal momento dell’incontro, si lascia che qualcuno di esterno a noi ci tenga davanti uno specchio. La visione di noi stessi e, dunque, la nostra ridefinizione identitaria, si confronta con l’altro in un tête-à-tête senza esclusione di colpi, dopo il quale non è più possibile tornare indietro e cioè essere ancora quelli che si era. Quando amiamo profondamente una persona, tolti i legami di sangue, è come se piombassimo dentro l’estate: tutto ci sembra possibile, tutto sembra un inizio e noi scopriamo noi stessi, tocchiamo con mano le pluralità che ci abitano e ci costituiscono. Ecco: l’amore di Estate corsara, che è un bengala sparato nel cielo e insieme una punta di freccia conficcata in tutti gli organi vitali, vuole essere strumento per parlare del rapporto con l’Altro nella dimensione più intima che con lui possiamo raggiungere”.

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