La sua storia affonda le radici a Orani, il paese in cui è nato. Lì sin da piccolo ha potuto osservare, vivere e sperimentare l’arte del ferro, quando appena bambino faceva capolino nel laboratorio del padre. Quelle tecniche, quella vita vissuta tra la polvere del metallo e gli strumenti del mestiere hanno lasciato un solco profondo nel cuore di Roberto Ziranu, che poi ha deciso di proseguire sul sentiero tracciato dalla famiglia, imboccando – a volte – le strade secondarie della sperimentazione, ma parallele a quella maestra. Ziranu è un fabbro di quinta generazione. Oggi vive a Nuoro, dove ha costruito la sua fucina creativa, madre delle sue opere ormai celebri in tutto il mondo. La sua storia è la protagonista della terza puntata di Mani di Sardegna, il format firmato Unionesarda.it dedicato agli artigiani dell’Isola. 

Con alle spalle innumerevoli riconoscimenti e traguardi conquistati nel tempo «a volte mi chiedo anch’io come sia nato tutto questo. Sono il più piccolo della dinastia dei Ziranu. Tra loro ero il meno propenso a scegliere questo mestiere, infatti ho intrapreso la strada dell’Università», continua. Ma la perdita del fratello Angelo, che lo ha profondamente scosso, lo ha portato ad abbandonare il percorso accademico per tornare sui suoi passi e rivedere le sue priorità. «Così ho lavorato tre anni con mio padre, sono stati anni bellissimi perché l’ho potuto conoscere a fondo. A 21 anni ho aperto la mia prima bottega. Non so cosa avessi al tempo in mente, forse il desiderio di capire cosa volessi fare da grande. E allora ho sperimentato questo viaggio per poi correre da solo. Ho creduto in me e ho guardato oltre, non pensando che la vita in qualche modo mi dovesse regalare qualcosa».

E l’aver scommesso nel proprio sogno, non risparmiandosi mai, oggi premia Ziranu che raccoglie i frutti di quel «mio essere un ragazzo bizzarro, a volte un po’ estroso ma con valori forti e insegnamenti importanti. Dopo 33 anni mi posso definire un fabbro scultore che racconta il ferro in modo nuovo, rendendolo vivo». «Questa materia fa parte di me, ci sono nato. È considerata fredda e povera, priva di emozioni. Ma – con lei – penso di essere quasi un predestinato». E anche se ora le iniziali “RZR” spiccano sulla superficie brillante e colorata delle iconiche vele e dei corsetti in metallo, l’inizio vero e proprio è stato con gli spiedi, che creava – a 7 anni – per mettere da parte «due soldini». Appena 18enne poi l’arrivo dei primi manichini, con i quali si pagava gli studi. E da lì la partecipazione a importanti mostre ed esposizioni, che hanno consentito all’artista di conoscere alcuni dei nomi più importanti nel settore. 

«Mi lascio alle spalle anche anni intensi di ricerca. Ho vissuto un momento di stop, seguito poi da una lunga fase di sperimentazione. Sino a che sono arrivate le le nuove idee e forme, nate comunque dalla tradizione: come quella della zappa di mio nonno che lui costruiva per i contadini. L’ho tramutata e da lì è nato il corpetto, forse la creazione che, più delle Vele, mi regala qualcosa. Dietro queste sculture ci sono le donne che hanno omaggiato la Sardegna in giro per il mondo». Il colore sul ferro, che impreziosisce le creazioni di Ziranu, non arriva subito. Fa capolino nel suo laboratorio dopo una ricerca difficile. «Dopo vari tentativi sono arrivate le prime tonalità, da lì è nato tutto. Quando scopri il modo per delimitare il colore sulla superficie ferrosa...scopri nuove magie che vanno condivise e vissute».

Nella vita del fabbro scultore di Orani però non c’è stata solo l’influenza della casa e del lavoro. C’è stata anche quella di un celebre compaesano, celebre in tutto il mondo per la sua arte: Costantino Nivola. «Ho avuto il è piacere di conoscerlo quando lui dall’America tornava in Sardegna. Lo ricordo con affetto, non si è mai dimenticato da dove è partito. Con lui ho due cose in comune: le origini e l’essere cresciuti in famiglie di artigiani. Non so se lui mi abbia portato fortuna, certo è che in quel paese c’è qualcosa di magico». 

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