Sono ingranaggi, legno, ferro. Ma, se potessero parlare, le antiche macchine per la stampa racconterebbero due secoli di storia. Per questo ci pensa Mariano Deidda. Sessantasette anni, cagliaritano, tipografo per mestiere e per amore, ha messo insieme la più bella e grande collezione, forse, d’Europa. Da ieri in mostra, almeno per un mese, nella parrocchia di San Tarcisio in via Gallura, zona Baracca Manna.

L’Unione e la “Marinoni”

«Tutto parte dall’amicizia con il parroco, don Eugenio Cocco», racconta Deidda, mentre pulisce le sue macchine, quasi accarezzandole. «Servivano soldi per sistemare la casa parrocchiale, così ho pensato ad una mostra, per raccogliere offerte. Perché io ho un patrimonio unico». Nel giardino della parrocchia troneggia la macchina più preziosa: «La “Marinoni”, la mamma dell’Unione Sarda: ha stampato la prima copia-saggio del giornale. Prima, nel 1850, era arrivata nella tipografia di Antonio Timon, che stampò tantissimi periodici sardi».

La collezione comprende oltre 180 pezzi, «ma qui in oratorio c’è solo l’odore dell’inchiostro», afferma Deidda. Come a dire: non è che un assaggio, una piccola parte. E accenna a un torchio in mezzo alla sala. «Molti come quello sono ricostruzioni, ma create con pezzi unici. Per esempio uno costruito con le travi del tetto del monastero di sant’Ignazio; oppure un altro, con le travi del tetto della casa di Nicolò Canelles, che introdusse la stampa in Sardegna, nel 1566. Il palazzo dove visse è ancora a Castello, e ho potuto toccare quel legno, così antico che era quasi diventato carbone!»

I caratteri in ottone

Ci sono anche i caratteri mobili in ottone che stamparono l'Unione Sarda. E i capilettera, curati come piccoli bassorilievi, creati da Andrea Valli, lo stesso scultore che decorò la facciata del Municipio di Cagliari, e che qui ornano “Il Libro della Vita” di Antonio Scano, in una rara copia del 1850. E poi ciclostili, e altro ancora.

Deidda ha gesti misurati, la voce bassa che si carica di emozione quando descrivendo le sue macchine, vive le storie di un’era: «Posso dire che io ho chiuso l’era di Gutenberg, perché con l’arrivo del digitale è finito tutto. Ma sono contento, perché posso tenere in mano queste macchine, e ciascuna è funzionante, quindi stampo quello che voglio: magari la prima pagina dell’Unione Sarda».

Il suo incontro con la tipografia non è stato subito un colpo di fulmine: «Cercavo lavoro, e quando ho visto un laboratorio sono entrato, senza nemmeno sapere cosa fosse la tipografia. Il capo era Mantega, che poi comprò anche le vecchie macchine dell’Unione. Mi ha chiesto cosa sapessi fare e io risposi: niente! Ma so imparare», ricorda Deidda, e ride come un ragazzino. Il primo compito? «Ha sparso a terra un mucchio di caratteri: se li metti in ordine in una settimana, disse, sei assunto. Io ci ho messo quattro giorni». Da allora in 50 anni ha raccolto i pezzi unici che si trovava sottomano. «Questa è la mia vita. Il meglio è quando vado nelle scuole. I ragazzi possono stampare, imparano toccando con mano. Oggi non c’è più la passione di leggere i libri, perché non si sa più cosa sia un libro vero». Il sogno? «Aprire un grande museo».

Giovanni Lorenzo Porrà

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