Grazia Gotti ha trascorso la sua vita in mezzo ai libri. È stata tra le fondatrici della storica libreria Giannino Stoppani di Bologna e nel 2003, sempre nel capoluogo emiliano, ha creato l’Accademia Drosselmeier, una scuola per diventare libraie e librai. Molti giovani che oggi dirigono librerie in giro per l’Italia si sono così formati a uno delle professioni che più contribuiscono alla crescita culturale del Paese grazie a Grazia Gotti.

E quanto Grazia Gotti ci possa raccontare sui libri e sull’universo che ruota loro intorno emerge chiaramente leggendo “Alla lettera L” (Bompiani, 2022,  pp. 288, anche e-book) in cui l’autrice racconta molto di sé e del proprio lavoro. E lo fa con un alfabeto utile a decifrare il mondo dei libri con occhi aperti e curiosi. Per ogni lettera Grazia Gotti ci fornisce una suggestione, un ricordo, la memoria di un incontro con una persona oppure con un libro. Per ogni lettera incontriamo titoli, autori, suggerimenti di lettura e qualche indicazione su cosa evitare perché Grazia Gotti ha la dote di parlare chiaro e di non cedere alla melassa e al “volemose bene” generale che accompagna oramai il mondo editoriale. Un mondo dove ogni critica, anche la più garbata e ben esposta, è oramai bandita o considerata lesa maestà.

Invece, nel libro di Grazia Gotti - dalla A di America fino alla Z di zero - non si ha paura delle parole… e come potrebbe essere altrimenti dato che parliamo di libri. Così, lettera dopo lettera dell’alfabeto le storie lette si intrecciano con quelle di persone, autori, librai, editori, disegnatori incontrati dall’autrice in un viaggio ancora in corso, ma che dura da decenni alla ricerca di risposte a una grande domanda: “Come si fa a far crescere il mercato editoriale, e quindi la cultura di un Paese?” Partendo dai bambini e dai libri pensati per loro sembra suggerirci Grazia Gotti.

Ma è veramente così? Glielo abbiamo chiesto:

“Il mio discorso non vale per tutti i libri prodotti per ragazzi e ragazze. Mi riferivo ai classici per i più giovani…a Rodari, alle storie dell’elefantino Babar scritte da Jean De Brunhoff. La mia riflessione parte dalla mia esperienza con i libri e da quello che leggevo a mio figlio quando era piccolo. Mi ricordo che ascoltava la storia di Ulisse oppure suo padre gli leggeva Pinocchio. Una volta mi misi a leggergli un libro che andava per la maggiore in quel periodo e mi disse che lo annoiava. Voleva un altro racconto come quello di Pinocchio. Fortunatamente avevo trovato da poco su una bancarella una fiaba di Luigi Capuana, Tiritituf!. Ha funzionato bene perché era una storia sghemba, bizzarra, strana come quella del capolavoro di Collodi”.

Si dice – e i dati lo confermano – che in Italia si legge poco. Si può insegnare la passione per la lettura?

“Più che insegnare si può trasmettere, è una passione che può contagiare chi ci sta intorno. Avendo fatto la maestra elementare ho potuto constatare come sia facile il contagio se attivato subito, quando i bambini sono piccoli. Bisogna però che l’insegnante sia a sua volta un’amante dei libri. Come si può trasmettere la passione per la lettura se non si è dei lettori? Mica basta dare un volume da leggere come compito…Una maestra deve saper incantare quando racconta quello che c’è scritto nei libri. Deve fare delle parole stampate dei punti di riferimento per quello che viviamo e facciamo nella vita di tutti i giorni”.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Ma non sarà che le nuove generazioni leggono poco perché tanti libri pensati per loro alla fine non conquistano?

“Molta della produzione attuale è studiata a tavolino e non è la stessa cosa che scrivere un libro perché lo si sente, perché si è ispirati. Studiando la produzione per ragazzi e giovani, fino agli anni Novanta troviamo libri strepitosi, poi con Harry Potter tutto cambia e diventa più difficile scrivere libri come si faceva un tempo… e anche venderli. Per questo a un certo punto ho smesso di fare la libraia”.

Non è una fan di Harry Potter?

“Se per questo neppure di Geronimo Stilton. Sono libri che non ci aiutano a diventare consapevoli”

Cioè?

“Per capirci nel mio libro alla lettera B, parlo della parola best seller. Circa vent’anni fa mi era venuta l’idea di realizzare un libro su Giovanni Falcone. La sua morte era ancora una ferita aperta per me e mi sembrava che la memoria di Falcone fosse alquanto appannata e che non si parlasse abbastanza di mafia. Sulla scia di questa esigenza è nato un libro di straordinario successo, Per questo mi chiamo Giovanni di Luigi Garlando. Ecco, cosa intendo quando dico che un libro deve aiutarci a diventare consapevoli di quello che ci circonda. Ci deve aiutare a diventare migliori come esseri umani e come cittadini. Una volta a scuola una bambina mi ha detto: “Maestra, a me piace imparare quando leggo…con Geronimo Stilton non imparo niente!”. Alla fine, certi autori vendono e le persone li acquistano ma così il livello culturale e civile si abbassa”.

C’è una lettera “raccontata” nel suo libro a cui è particolarmente legata?

“O, di Oriente, perché l’incontro con la cultura orientale è arrivato troppo tardi e mi avrebbe fatto bene incontrare prima questa cultura E mi interessa molto la C, di Cina perché i cinesi hanno comprato molte grandi editrici in giro per il mondo e non riesco a capire se lo hanno fatto solo per guadagnarci oppure perché dietro hanno un piano culturale”.

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