Mariangela De Luca, insegnante, divulgatrice e, soprattutto, innamorata della lingua italiana non ha dubbi: “La lingua è dinamite allo stato puro, scoppia e cambia in maniera vistosa; si fa sentire, ruggisce, è più viva che mai. Con le parole si possono trasformare pochi amici in un uditorio appassionato e, viceversa, un’intera platea potrebbe ritrovare l’intimità di un discorso tra pochi, capace di arrivare dritto al cuore. Perché le parole hanno poteri alchemici che attendono soltanto di essere scoperti e riassaporati”.

A conferma di tutto ciò ecco il suo ultimo libro “La lingua parla (di te)” (Sperling & Kupfer, 2022, pp. 192, anche e-book), saggio agile e divertente, eppure capace di aprire un’infinità di porte: una felice e colta esplorazione della nostra lingua, degli usi, delle storpiature, dei neologismi e dei mutamenti che la rendono una materia incandescente. E non solo. Perché le parole che scegliamo per comunicare non testimoniano semplicemente dello stato attuale dell’italiano, ma dicono molto di chi siamo.

Insomma, la lingua parla di noi, per parafrasare il titolo del libro, e a confermacelo è proprio Mariangela De Luca:

“Attraverso la lingua andiamo a dare spazio e voce a tutto l’immaginario che serbiamo dentro di noi. È chiaro allora che se mi servo di parole capaci di alimentare questo immaginario ne trarrò pieno giovamento nella vita di tutti i giorni”.

Nel libro lei sostiene che parlare e scrivere bene aiuta a vivere meglio. Ma è davvero così?

“Certo, lo credo fermamente. Soprattutto in un’epoca come la nostra - segnata da una forte propensione all’aggressività verbale e, al contrario, caratterizzata da scarsa voglia di ascoltare - è ancora più importante decidere che importanza diamo alle parole. Ma non è solo questo: dobbiamo fare attenzione non solo alle parole che scegliamo, ma anche a come le colleghiamo. Dobbiamo mettere impegno nella costruzione del discorso, decidere che abito vogliamo ‘cucire” addosso a quello che diciamo in modo che possa essere recepito e capito”.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Cosa intende con la parola “abito”?

“Molto importante è come siamo abituati a parlare, il modo in cui ci esprimiamo quotidianamente. Abitudine ha la propria radice etimologica nel latino habitus. Quindi è importante come confezioniamo il nostro discorso. Se parliamo di linguaggio orale che intonazione usiamo, quale intento abbiamo…vogliamo insomma narrare qualcosa oppure aprirci al dialogo. Posso anche parlare in maniera corretta, ma se il mio atteggiamento, il tono della voce sono aggressivi allora difficilmente potrò dialogare con qualcuno. Il linguaggio possiede infatti una forza particolare, in grado di investire e far mutare in meglio i nostri rapporti sociali e lavorativi”.

Nel libro lei parla anche di scrittura oltre che di linguaggio verbale. Da insegnante non le sembra che nella scuola italiana ci sia scarsa attenzione alla scrittura?

“Rispondere a questa domanda è veramente complesso. Sicuramente anche alle scuole superiori dove insegno io riscontriamo come i ragazzi abbiano grosse difficoltà con la scrittura. È un problema che nasce già alla scuola primaria dove, per esempio, si insegna poco e male a usare il corsivo. Questo incide pesantemente non solo sulla scorrevolezza della scrittura, ma anche sulla fluidità di pensiero, di ragionamento. Se ricorro sempre allo stampatello mi abituo a una scrittura ‘singhiozzante’, in cui la penna non scorre, ma si stacca continuamente dal foglio. Questo mi porterà a ricercare costrutti sempre meno scorrevoli e concatenati. Un’altra questione è quella della trasposizione nel linguaggio della messaggistica istantanea, quella che i bambini e i ragazzi imparano a usare sugli smartphone usando i social. È un problema nuovo, dei nostri tempi con cui la scuola deve fare i conti”.

Eppure, pare esserci curiosità attorno al mondo della lingua italiana e della scrittura. Lo testimonia il successo dei suoi libri…

“C’è sicuramente curiosità e interesse, ma è inutile nascondersi che i giovani sono sempre più distanti dal mondo della scrittura e della lettura, due attività che vanno di pari passo. Preferiscono ambiti più fluidi, veloci, istantanei. Peccato che proprio la cultura, lo studio, la lettura servano a decodificare tutta questa velocità…servano a dare un senso alle cose. Insomma, una persona non studia per semplice nozionismo ma per avere contezza di quello che gli accade intorno e intervenire di conseguenza, nel miglior modo possibile a seconda del contesto e degli eventi. Come scrivo anche nel libro se diventiamo padroni delle nostre parole, saremo automaticamente padroni di noi stessi. Il linguaggio è un transito continuo tra noi e il mondo, uno sdoppiamento tra chi siamo e chi vorremmo essere, tra chi siamo e chi siamo stati”.

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