La comunità protestante valdese a La Maddalena, una storia lunga novant’anni
Nel 1972 la definitiva chiusura della chiesaÈ singolare il fatto che a La Maddalena sia stata presente, per circa novant’anni, una comunità evangelica valdese. E con una chiesa fino al 1972, quando questa fu definitivamente chiusa.
Eppure questo fatto rientra nella stessa singolarità della storia di questo Arcipelago, per molto tempo dimenticato fino a quando il Regno Sardo-Piemontese dei Savoia, nel 1767, decise di “strapparlo” alla distratta giurisdizione della Repubblica di Genova, facendolo entrare, tra alterne vicende, nella grande Storia, non solo nazionale.
Se è vero che le truppe sabaude, fin dal momento dell’occupazione militare, portarono un cappellano e solo pochi mesi dopo istituirono la parrocchia e costruirono la chiesa, è altrettanto vero che nei primi anni dell’Ottocento la flotta inglese dell’ammiraglio Orazio Nelson fu presente nell’Arcipelago con migliaia di uomini ed un cappellano anglicano o forse più d’uno. Come è vero che per tutto l’Ottocento furono presenti alcuni sudditi di Sua Maestà Britannica (capo della Chiesa Anglicana): Daniel Robert, James Webber, Richard ed Emma Collins ecc., un pastore anglicano, Giorgio Yermin, ed una schiera di inglesi ospiti di Garibaldi, anticlericale e massone.
È particolare la storia della Chiesa Evangelica Valdese, fondatore della quale fu Pietro Valdo (1140-1206) o Valdesio, un mercante di Lione il quale, nel 1174, visse una profonda crisi religiosa. Valdo si spogliò così dei propri beni, ne distribuì una buona parte tra i poveri e ne adoperò la rimanente per far tradurre la Bibbia dal latino al volgare, affinché tutti potessero comprenderla. Valdo si dedicò con grande entusiasmo alla propria missione (pochi anni dopo anche San Francesco d’Assisi, almeno inizialmente faceva le stesse esperienze), noncurante delle preoccupazioni prima e delle reazioni poi delle autorità ecclesiastiche, le quali su un punto furono inflessibili: la predicazione. Questa infatti era appannaggio esclusivo del clero e su ciò non transigettero. Valdo venne severamente ammonito, espulso da Lione (1177), condannato nel Concilio di Verona (1184) ed infine scomunicato nel 1215. Il “credo” di Valdo nel frattempo si era diffuso nella Francia meridionale, nell’Italia settentrionale, in Germania ed in altri paesi dell’Europa occidentale. La reazione della Chiesa fu dura. I valdesi vennero perseguitati con la confisca dei beni, la prigione, il rogo.
A leggere la storia della Chiesa Valdese, si scopre quanto questa fosse fortemente legata, sin dal secolo XVII, proprio all’Inghilterra, a cominciare dall’intervento del primo ministro Cromwell contro il massacro di valdesi operato dal Piemonte sabaudo (1655) e dalla istituzione, successivamente, del “Fondo inglese” voluto dalla Regina Anna d’Inghilterra per garantire un salario ai pastori valdesi e per la costruzione di edifici di culto. A ciò è necessario aggiungere come, con finanziamenti inglesi, il canonico anglicano Wiliam Gilly nel 1832 realizzò a Torre Pellice (To), divenuto nel frattempo il centro della Chiesa Valdese, un “college” per l’educazione dei giovani e come, successivamente, si impegnò per la “causa valdese” un generale inglese, Charles Beckwith, il quale oltre a perfezionare i metodi di istruzione fu “l’ideologo” dell’aspirazione dei valdesi ad evangelizzare l’Italia (in pieno periodo risorgimentale, liberale e massonico) in senso protestante.
La “predisposizione” maddalenina alla presenza evangelica, concretizzatasi in un piccolo gruppo fondato nel 1885 dal pastore toscano Giuseppe Quattrini, si accentuò con l’istituzione della piazzaforte militare di fine Ottocento che determinò, tra gli altri, l’arrivo di molti militari del nord, di civili liguri e piemontesi, l’accentuarsi dell’anticlericalismo, l’ulteriore sviluppo della Massoneria. La presenza “protestante”, rappresentata da alcune famiglie locali e da altre di militari giunti in servizio, determinò una forte reazione della Chiesa Cattolica.
Padre Giovanni Battista Manzella, il predicatore vincenziano, organizzatore nella provincia di Sassari di alcune Missioni Popolari, registrò che nel 1905, a La Maddalena, “massoni, valdesi, increduli e non praticanti” rappresentavano addirittura “i diciannove/ventesimi della popolazione”. Il parroco Antonio Vico, coadiuvato dall’energica suor Maria Elisa Gotteland, superiora dell’Istituto San Vincenzo, fondato a La Maddalena nel 1903 per interessamento dello stesso padre Manzella, cercò di arginare il fenomeno. Il periodo di maggiore espansione della presenza valdese a La Maddalena fu nei primi due decenni del Novecento, nel quale fu superato, tra aderenti e simpatizzanti, il numero di un centinaio di persone. Entrò in crisi, come a livello nazionale, con la fine della Prima Guerra Mondiale e poi, soprattutto, con l’avvento del Fascismo che, oltre a dichiarare di Stato, la religione Cattolica, avversò gli altri culti, particolarmente quelli legati da simpatie per l’Inghilterra.
Quando nel 1933 giunse a La Maddalena don Salvatore Capula, inviato dal vescovo Albino Morera oltre che per organizzare l’Azione Cattolica anche per contrastare la presenza protestante, trovò l’ormai piccola comunità valdese priva, da tempo, di un pastore residente (cosa di cui aveva goduto per quasi vent’anni) ed in declino, per fattori ambientali e storici, interni ed esterni all’Arcipelago. La sempre più piccola comunità valdese maddalenina sopravvisse alla seconda guerra mondiale, al burrascoso clima del dopo guerra, fino, come già scritto, al 1972, quando fu definitivamente chiusa la Chiesa di “Piazza XXIII Febbraio 1793”. Proprio quell’anno giungevano a La Maddalena i militari (con le famiglie) della Marina statunitense, a maggioranza protestante rispetto ai cattolici, e con pastori di diverse denominazioni, quasi a perpetuare la presenza evangelica nell’Arcipelago. Questo fino alla loro definitiva partenza, nel 2008.